“Al fine di assicurare il dinamismo necessario per costruire e consolidare la pace, occorre instancabilmente tornare ai fondamenti dell’essere umano. La dignità dell’uomo è inseparabile dal carattere sacro della vita donata dal Creatore”. Lo ha detto stamattina Benedetto XVI, nell’incontro con i membri del Governo, delle istituzioni della Repubblica, con il corpo diplomatico, i capi religiosi e rappresentanti del mondo della cultura nel Salone 25 maggio del Palazzo presidenziale di Baabda, in Libano. Prima dei discorsi ufficiali, il Santo Padre e il presidente libanese Michel Suleiman hanno piantato un cedro del Libano nel giardino del palazzo presidenziale.
Difendere la vita. “Se vogliamo la pace - ha affermato il Papa -, difendiamo la vita! Questa logica squalifica non solo la guerra e gli atti terroristici, ma anche ogni attentato alla vita dell’essere umano, creatura voluta da Dio”. Di qui l’invito a “unire i nostri sforzi per sviluppare una sana antropologia che comprenda l’unità della persona”. Ma, “benché siano più evidenti nei Paesi che conoscono conflitti armati”, “gli attentati all’integrità e alla vita delle persone esistono anche in altri Paesi”, ha ricordato il Pontefice. Infatti, “la disoccupazione, la povertà, la corruzione, le diverse dipendenze, lo sfruttamento, i traffici di ogni sorta e il terrorismo implicano, assieme alla sofferenza inaccettabile di quanti ne sono vittime, un indebolimento del potenziale umano”. La logica economica e finanziaria “vuole continuamente imporci il suo giogo e far primeggiare l’avere sull’essere”, ma “la perdita di ogni vita umana è una perdita per l’umanità intera”.
Solidarietà effettiva. “Certe ideologie - ha evidenziato il Santo Padre -, mettendo in causa in modo diretto o indiretto, o persino legale, il valore inalienabile di ogni persona e il fondamento naturale della famiglia, minano le basi della società”. Solo “una solidarietà effettiva costituisce l’antidoto a tutto questo”. “Una migliore qualità di vita e di sviluppo integrale - ha aggiunto - non è possibile che nella condivisione delle ricchezze e delle competenze, rispettando la dignità di ciascuno”. Ma “un tale stile di vita conviviale, sereno e dinamico non può esistere senza la fiducia nell’altro, chiunque sia. Oggi, le differenze culturali, sociali, religiose, devono approdare a vivere un nuovo tipo di fraternità, dove appunto ciò che unisce è il senso comune della grandezza di ogni persona, e il dono che essa è per se stessa, per gli altri e per l’umanità. Qui si trova la via della pace!”.
Valori spirituali. “Per aprire alle generazioni di domani un futuro di pace”, il primo compito è “educare alla pace per costruire una cultura di pace. L’educazione, nella famiglia o a scuola, dev’essere anzitutto educazione ai valori spirituali che conferiscono alla trasmissione del sapere e delle tradizioni di una cultura il loro senso e la loro forza”. Ma è solo “nella libertà che l’uomo può volgersi verso il bene”. Il compito dell’educazione è “di accompagnare la maturazione della capacità di fare scelte libere e giuste, che possano andare contro-corrente rispetto alle opinioni diffuse, alle mode, alle ideologie politiche e religiose”. D’altronde, “valorizzando le opere pacifiche e il loro influsso per il bene comune, si crea anche l’interesse per la pace”. L’educazione alla pace formerà “uomini e donne generosi e retti, attenti a tutti, e particolarmente alle persone più deboli. Pensieri di pace, parole di pace e gesti di pace creano un’atmosfera di rispetto, di onestà e di cordialità, dove gli sbagli e le offese possono essere riconosciuti in verità per avanzare insieme verso la riconciliazione. Che gli uomini di Stato e i responsabili religiosi vi riflettano!”, è stato il monito.
Diritto fondamentale. “Dobbiamo essere ben coscienti - ha avvertito Benedetto XVI - che il male non è una forza anonima”, ma “passa attraverso la libertà umana, attraverso l’uso della nostra libertà. Cerca un alleato, l’uomo”. Eppure è possibile “vincere il male con il bene. È a questa conversione del cuore che siamo chiamati”. Senza di essa, “le ‘liberazioni’ umane tanto desiderate deludono”. Questa conversione richiesta è “esaltante perché apre delle possibilità facendo appello alle innumerevoli risorse che abitano il cuore di tanti uomini e donne desiderosi di vivere in pace e pronti ad impegnarsi per la pace”. Si tratta “di dire no alla vendetta, di riconoscere i propri torti, di accettare le scuse senza cercarle, e infine di perdonare”. Solo allora “può crescere la buona intesa tra le culture e le religioni, la stima delle une per le altre senza sensi di superiorità e nel rispetto dei diritti di ciascuna”. In Libano “la cristianità e l’islam occupano lo stesso spazio da secoli. Non è raro vedere le due religioni nella stessa famiglia. In un’unica famiglia ciò è possibile. Perché non sarebbe possibile al livello dell’insieme delle società?”. “La specificità del Medio Oriente - ha continuato - consiste nella mescolanza secolare di componenti diverse. Certo, ahimè, esse si sono anche combattute! Una società plurale esiste solo nel reciproco rispetto, nell’accettazione dell’altro e nel dialogo continuo. Il dialogo tra gli uomini è possibile solamente nella consapevolezza che esistono valori comuni a tutte le grandi culture, perché sono radicate nella natura della persona umana”. Nell’affermazione della loro esistenza, “le diverse religioni recano un contributo decisivo. Non dimentichiamo che la libertà religiosa è il diritto fondamentale da cui molti altri dipendono. Professare e vivere liberamente la propria religione senza mettere in pericolo la propria vita e la propria libertà deve essere possibile a chiunque”. La libertà religiosa, ha sottolineato il Papa, “ha una dimensione sociale e politica indispensabile alla pace”, perché “la fede vissuta conduce inevitabilmente all’amore”. I credenti hanno dunque oggi “un ruolo essenziale, quello di testimoniare la pace che viene da Dio e che è un dono fatto a tutti nella vita personale, familiare, sociale, politica ed economica. L’inoperosità degli uomini dabbene non deve permettere al male di trionfare. E il non far nulla è ancora peggio”.
Difendere la vita. “Se vogliamo la pace - ha affermato il Papa -, difendiamo la vita! Questa logica squalifica non solo la guerra e gli atti terroristici, ma anche ogni attentato alla vita dell’essere umano, creatura voluta da Dio”. Di qui l’invito a “unire i nostri sforzi per sviluppare una sana antropologia che comprenda l’unità della persona”. Ma, “benché siano più evidenti nei Paesi che conoscono conflitti armati”, “gli attentati all’integrità e alla vita delle persone esistono anche in altri Paesi”, ha ricordato il Pontefice. Infatti, “la disoccupazione, la povertà, la corruzione, le diverse dipendenze, lo sfruttamento, i traffici di ogni sorta e il terrorismo implicano, assieme alla sofferenza inaccettabile di quanti ne sono vittime, un indebolimento del potenziale umano”. La logica economica e finanziaria “vuole continuamente imporci il suo giogo e far primeggiare l’avere sull’essere”, ma “la perdita di ogni vita umana è una perdita per l’umanità intera”.
Solidarietà effettiva. “Certe ideologie - ha evidenziato il Santo Padre -, mettendo in causa in modo diretto o indiretto, o persino legale, il valore inalienabile di ogni persona e il fondamento naturale della famiglia, minano le basi della società”. Solo “una solidarietà effettiva costituisce l’antidoto a tutto questo”. “Una migliore qualità di vita e di sviluppo integrale - ha aggiunto - non è possibile che nella condivisione delle ricchezze e delle competenze, rispettando la dignità di ciascuno”. Ma “un tale stile di vita conviviale, sereno e dinamico non può esistere senza la fiducia nell’altro, chiunque sia. Oggi, le differenze culturali, sociali, religiose, devono approdare a vivere un nuovo tipo di fraternità, dove appunto ciò che unisce è il senso comune della grandezza di ogni persona, e il dono che essa è per se stessa, per gli altri e per l’umanità. Qui si trova la via della pace!”.
Valori spirituali. “Per aprire alle generazioni di domani un futuro di pace”, il primo compito è “educare alla pace per costruire una cultura di pace. L’educazione, nella famiglia o a scuola, dev’essere anzitutto educazione ai valori spirituali che conferiscono alla trasmissione del sapere e delle tradizioni di una cultura il loro senso e la loro forza”. Ma è solo “nella libertà che l’uomo può volgersi verso il bene”. Il compito dell’educazione è “di accompagnare la maturazione della capacità di fare scelte libere e giuste, che possano andare contro-corrente rispetto alle opinioni diffuse, alle mode, alle ideologie politiche e religiose”. D’altronde, “valorizzando le opere pacifiche e il loro influsso per il bene comune, si crea anche l’interesse per la pace”. L’educazione alla pace formerà “uomini e donne generosi e retti, attenti a tutti, e particolarmente alle persone più deboli. Pensieri di pace, parole di pace e gesti di pace creano un’atmosfera di rispetto, di onestà e di cordialità, dove gli sbagli e le offese possono essere riconosciuti in verità per avanzare insieme verso la riconciliazione. Che gli uomini di Stato e i responsabili religiosi vi riflettano!”, è stato il monito.
Diritto fondamentale. “Dobbiamo essere ben coscienti - ha avvertito Benedetto XVI - che il male non è una forza anonima”, ma “passa attraverso la libertà umana, attraverso l’uso della nostra libertà. Cerca un alleato, l’uomo”. Eppure è possibile “vincere il male con il bene. È a questa conversione del cuore che siamo chiamati”. Senza di essa, “le ‘liberazioni’ umane tanto desiderate deludono”. Questa conversione richiesta è “esaltante perché apre delle possibilità facendo appello alle innumerevoli risorse che abitano il cuore di tanti uomini e donne desiderosi di vivere in pace e pronti ad impegnarsi per la pace”. Si tratta “di dire no alla vendetta, di riconoscere i propri torti, di accettare le scuse senza cercarle, e infine di perdonare”. Solo allora “può crescere la buona intesa tra le culture e le religioni, la stima delle une per le altre senza sensi di superiorità e nel rispetto dei diritti di ciascuna”. In Libano “la cristianità e l’islam occupano lo stesso spazio da secoli. Non è raro vedere le due religioni nella stessa famiglia. In un’unica famiglia ciò è possibile. Perché non sarebbe possibile al livello dell’insieme delle società?”. “La specificità del Medio Oriente - ha continuato - consiste nella mescolanza secolare di componenti diverse. Certo, ahimè, esse si sono anche combattute! Una società plurale esiste solo nel reciproco rispetto, nell’accettazione dell’altro e nel dialogo continuo. Il dialogo tra gli uomini è possibile solamente nella consapevolezza che esistono valori comuni a tutte le grandi culture, perché sono radicate nella natura della persona umana”. Nell’affermazione della loro esistenza, “le diverse religioni recano un contributo decisivo. Non dimentichiamo che la libertà religiosa è il diritto fondamentale da cui molti altri dipendono. Professare e vivere liberamente la propria religione senza mettere in pericolo la propria vita e la propria libertà deve essere possibile a chiunque”. La libertà religiosa, ha sottolineato il Papa, “ha una dimensione sociale e politica indispensabile alla pace”, perché “la fede vissuta conduce inevitabilmente all’amore”. I credenti hanno dunque oggi “un ruolo essenziale, quello di testimoniare la pace che viene da Dio e che è un dono fatto a tutti nella vita personale, familiare, sociale, politica ed economica. L’inoperosità degli uomini dabbene non deve permettere al male di trionfare. E il non far nulla è ancora peggio”.
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