lunedì 7 ottobre 2024

I nuovi “peccati” e la Dottrina sociale della Chiesa






Stefano Fontana, 07-10-2024

Come tutti sanno, in occasione della Liturgia penitenziale tenutasi in Vaticano alla presenza di Francesco lo scorso 1 ottobre, si è chiesto perdono per una serie di nuovi peccati. La richiesta di perdono è stata letta da alcuni cardinali tramite un lungo testo per ogni peccato. La cosa ha suscitato vari commenti e qualche osservatore ha parlato di “nuovo Decalogo” e di “peccati 2.0”. Anch’io ho scritto qualche articolo in proposito [QUI] e ho risposto ad alcune domande in un video dedicato al tema [QUI]. Tra i tanti commenti ne segnalo due in particolare: un articolo di Stefano Chiappalone su La Nuova Bussola Quotidiana [QUI] e in video di Julio Loredo della serie “Visto da Roma” [QUI]. In queste righe vorrei cercare di rispondere ad una domanda di notevole interesse per il nostro Osservatorio, vale a dire se questi nuovi “peccati” rafforzino o indeboliscano la Dottrina sociale della Chiesa, mettendola in difficoltà o addirittura spiazzandola.

Prima di tutto bisogna dire che il tema del peccato è centrale nella Dottrina sociale della Chiesa. Esso è visto come l’origine ultima delle ingiustizie e delle violenze che poi si vivono nella società. Per questo i Pontefici hanno sempre indicato come fondamentale soluzione della “questione sociale” il Vangelo: “non c’è soluzione alla questione sociale fuori del Vangelo” si legge nella Rerum novarum. Anzi, si può dire addirittura che il principale peccato da cui discendono tutti i mali della società, dallo sfruttamento degli esseri umani alle guerre, è indicato dal magistero sociale proprio nel negare che alla loro origine ci sia il peccato. Le ideologie moderne hanno abolito il peccato, a cominciare dal peccato delle origini, e hanno affidato alla politica il compito di salvare la società. Ricordiamo che per Rousseau l’uomo nasce buono e la colpa del male risiede nella società. Invece il tema del peccato originale e del peccato attuale ritorna insistentemente in tutte le encicliche sociali fino a Benedetto XVI: tolto quello, il ruolo della Chiesa in questo campo diventa inutile e superfluo, perché a risolvere i problemi sociali basterebbe a quel punto il mondo.

Vanno poi aggiunte altre due considerazioni. La Dottrina sociale della Chiesa rientra nella teologia morale, ossia negli insegnamenti della Chiesa circa il comportamento dei cristiani non tanto nell’ambito individuale ma in quello sociale comunitario. È quindi logico che essa abbia bisogno della nozione di peccato da un lato e di azione virtuosa dall’altro. La seconda considerazione è che Giovanni Paolo II ha anche parlato di “strutture di peccato”, non intendendo però, secondo il gergo marxista, una dimensione sistemica superiore alle persone, ma da vedersi come la sedimentazione dei peccati personali. Come si vede, senza il peccato non c’è nemmeno la Dottrina sociale, che non sarebbe più uno strumento di evangelizzazione in vista della salvezza.

Considerata l’importanza per la Dottrina sociale della nozione di peccato così come ci è stata trasmessa da sempre dalla Chiesa l’indicazione di “nuovi peccati” ha senz’altro un effetto destabilizzante. So bene che il concetto di peccato è nel frattempo cambiato nella teologia contemporanea e, a quanto sembra, anche ai vertici della Chiesa. Esso è oggi considerato prevalentemente come una inadeguatezza rispetto ad un ideale. Questo favorisce certamente l’invenzione di nuovi peccati in relazione alla nascita di nuovi ideali con una strana conseguenza: mentre si dice che i “vecchi” peccati non devono comportare rigidità e condanne, i “nuovi” vengono trattati addirittura con una liturgia penitenziale presente il Papa. A questo punto potrà capitare che in confessionale non si dia la soluzione per un “peccato contro l’ambiente” e la si dia invece per un adulterio?

Venendo ora alla lista dei “nuovi peccati” considerati nella liturgia penitenziale, essi mettono la Dottrina sociale della Chiesa in grande difficoltà. Prendiamo il peccato contro gli immigrati: detto in questo modo non si capisce in cosa consista, a quale azione concreta si riferisca. Il politico o l’agente della guardia costiera non capisce in concreto in cosa consti questo peccato. Il fenomeno delle migrazioni è da governarsi e questo può essere fatto con interventi di diverso genere che trovano nei principi della Dottrina sociale della Chiesa il quadro di riferimento e di guida. A meno che non si intenda che ogni atto che non si adegui al principio dell’accoglienza generalizzata sia da considerarsi peccato. Ma l’accoglienza generalizzata non è ammessa dalla Dottrina sociale e potrebbe essere vista come uno scarico delle proprie responsabilità.

Passiamo al peccato contro le donne e i giovani. Ci si chiede: perché proprio le donne e i giovani, e non anche gli uomini o gli anziani? Sorge spontaneo pensare che si parli delle donne per conformità con i fenomeni del cosiddetto “femminicidio”, che però ha una regione non teologica ma sociologica e politica. Oppure alle carenze nel campo delle cosiddette “pari opportunità”, principio che pure risente molto di sociologia e di ideologia. Qualcuno potrebbe ritenere peccato cercare di dissuadere una donna ad abortire violando così la sua coscienza e la sua libertà. Come si vede anche su questo tema siamo molto lontani dalla visione della donna nella società della Dottrina sociale della Chiesa.

Il peccato contro la dottrina usata come pietra da scagliare può essere molto corrosivo per la Dottrina sociale, la qualche ha ancora l’ardire di chiamarsi, appunto, dottrina, con dei principi fermi e certamente anche elementi mutevoli. Ricordare questi principi di riflessione e questi criteri di giudizio, difendendoli con forza, argomentandoli con rigore, chiedendo la loro applicazione sarebbe peccato? I “principi non negoziabili” davanti a questo nuovo peccato dovrebbero essere abbandonati come la incarnazione del male.

Infine, il peccato contro l’ambiente e, di conseguenza, contro il clima… Qui arriviamo a livelli così bassi che non vale nemmeno la pena parlarne. I Rapporti dell’Osservatorio su questi temi hanno già chiarito le nostre posizioni.

Possiamo allora dire, in conclusione, che i nuovi peccati sono da respingere, non solo perché generici e ideologici, ma anche perché mettono in difficoltà la Dottrina sociale della Chiesa.




(Foto: Molteni Giuseppe, La Confessione, di Artgate Fondazione Cariplo, wikipedia)







Nessun commento:

Posta un commento