mercoledì 2 ottobre 2024

Care femministe, la stanza dell’ascolto l’avete voluta voi







Lettera aperta


Di Alessia Battini, 2|Ottobre 2024

La vita non si sceglie, questa è la verità. Dura, difficile, scomoda, ma è la verità. Nessuno sceglie chi vive e chi muore, noi creature umane possiamo solo accogliere la vita e accettare la morte, per quanto possa essere doloroso. La 194 non è la mia legge, la mia legge è quella che vieta l’aborto, che impedisce ai medici di uccidere bambini innocenti nel grembo materno mentendo alle loro madri e convincendole che sia la scelta migliore, qualunque sia il motivo, dal caso di handicap grave del feto alla situazione economica difficile. Non mi batto per l’aborto libero e sicuro, ma per il diritto ad essere madre in qualsiasi circostanza ci si trovi, sia che il figlio sia voluto o meno, sia che ci siano le possibilità per crescerlo come no, perché se non ci sono si creano insieme. Per me la scelta viene prima della gravidanza, perché qualunque persona che sappia come nascono i bambini può scegliere se correre il rischio o meno prima ancora di avere rapporti, anche se fa utilizzo di contraccettivi che, come dimostra l’indice di Pearl, non possono essere efficaci al 100%. Sono contraria all’educazione sessuale nelle scuole, perché sono a favore di un’educazione alla sessualità sana e casta che andrebbe insegnata nelle parrocchie e nelle famiglie, consapevoli di come funziona oggi il mondo con la volontà di provare a cambiarlo.

La stanza dell’ascolto all’ospedale Sant’Anna di Torino non mi appartiene, non è la mia battaglia quella di dare una scelta alle donne. È la vostra, care femministe. Voi che vi battete per l’aborto libero e sicuro, dovreste assicurarvi che lo sia davvero: per essere libero l’aborto deve essere informato, e per essere informato alla donna devono essere presentate tutte le possibili alternative, compreso l’aiuto delle volontarie dei Centri di Aiuto alla Vita su cui dovreste essere le prime ad investire, perché solo loro permettono alle donne di scegliere la vita. Una scelta lecita in quanto la donna, per dirla come dite voi, decide per sé stessa di portare avanti la gravidanza con il suo corpo e di crescere il suo bambino. Care femministe, sapete che nonostante sia antiabortista ho deciso di dare la possibilità alle donne di scegliere, mentre voi imponete la vostra ideologia a discapito della loro “libertà”?! Sapete quante donne si sono rivolte al CAV della mia città con l’appuntamento già schedato in consultorio per l’aborto perché non vedevano altre vie d’uscita, e dopo aver incontrato le volontarie sono scoppiate a piangere dalla gioia per aver scoperto che non erano costrette a rinunciare alla loro maternità e che avrebbero potuto crescere il loro bambino con l’aiuto di tante persone generose?! Nessuna femminista tra di loro, solo sacerdoti e altri benefattori per lo più cattolici, che si impegnano ogni giorno per dare davvero la possibilità di scegliere a queste donne in difficoltà. Seppur queste persone tendenzialmente non considerino la vita come una scelta, si impegnano per offrirla ogni giorno a chiunque ne abbia bisogno. Perché nei vostri amati consultori la scelta che amate tanto non esiste, l’opzione è una: eliminare il bambino.

La 194 è la vostra legge, eppure la fate applicare dai vostri “nemici” mentre voi la calpestate ogni volta che manifestate e occupate spazi creati nel rispetto di questa stessa norma che non condivido, ma che rispetto più di voi. Questa legge ammette la possibilità di abortire, purché la donna venga informata dei rischi, fisici e psicologici, di una scelta così importante come l’aborto. Inoltre, prima le devono essere sempre presentate tutte le alternative, avvalendosi anche dell’aiuto di associazioni di volontariato che si mettono a disposizione per offrire aiuto economico, assistenza psicologica e, in alcuni casi, la prospettiva dell’adozione. È la famosa scelta. Funziona così. Una scelta è tale se ci sono almeno due alternative, altrimenti non è scelta, è ideologia, e l’ideologia non aiuta le persone ma le uccide, come la Storia ci ha sempre insegnato.

La vostra amata scelta viene resa concreta da migliaia di cattolici che si mettono a disposizione di donne e ragazze confuse, spesso sole e fragili, che si trovano di fronte a ostetriche e ginecologi per cui eseguire un aborto è come togliere un’appendicite infiammata, che non si impegnano a cercare di comprendere il perché di una scelta così pesante e di trovare una soluzione migliore. Queste dovrebbero essere le vostre battaglie, non le nostre, dovreste essere voi a battere i pugni sul tavolo in consultorio per lamentare lo scarso valore che si dà ai colloqui, che in tempo di pandemia si svolgevano addirittura al telefono, a segnalare la mancanza di informazioni adeguate alle pazienti, a chiedere a gran voce che venga applicata davvero, una volta per tutte, la 194 con l’ingresso in consultorio di persone in grado di offrire una valida alternativa alle madri in difficoltà. Voi non noi.

Se volete l’educazione sessuale nelle scuole, dovete pretendere che sia fatta come si deve, che si insegnino le responsabilità che comporta avere un rapporto, che si insista sul fatto che il sesso non è un passatempo per ragazzini ma una cosa seria, un coinvolgimento fisico ed emotivo che ci spinge a condividere la parte più intima di noi stessi con un’altra persona. Volete educare alla contraccezione? Allora fatelo: spiegate l’impatto e i rischi dei contraccettivi ormonali sulle donne e sulle ragazzine, chiarite, senza mentire, il meccanismo abortivo della spirale ormonale che non impedisce la fecondazione dell’ovulo ma l’impianto della blastocisti nella parete uterina causandone l’espulsione, e infine eliminate l’ambiguità della “contraccezione d’emergenza” che contraccezione non è per nulla, perché le pillole del giorno e dei cinque giorni dopo funzionano esattamente come la spirale ormonale. Allora, solo allora, potrete parlare di aborto libero e sicuro, di libertà di scelta, di informazione seria e obiettiva sui metodi anticoncezionali e abortivi. Adesso siamo noi, cattoliche bigotte, a dover spiegare queste cose mentre voi vi intrallazzate in discorsi ipocriti sulla libertà di scegliere.

Eppure, fatevelo dire care femministe, questa non è libertà ma manipolazione. Nel 1929 un esperto di marketing americano, Edward Bernays, capì che per ampliare il mercato di vendita delle sigarette era necessario convincere anche le donne a fumare, così organizzò una marcia per le strade di New York, quella che poi passò alla storia come “Torches for freedom”. Una schiera di modelle vestite con pantaloni lunghi e camicia sfilò tenendo in mano una sigaretta accesa che venne fatta passare come un simbolo di emancipazione femminile e di parità tra i sessi. Le donne americane interpretarono questo evento come l’inizio di un cambiamento e iniziarono a fumare in pubblico per dimostrare la loro forza ed indipendenza: pur di essere uguali agli uomini erano disposte a rischiare un cancro ai polmoni. Tralasciando che all’epoca quest’ultima informazione non era ancora nota, l’intenzione dell’ideatore della campagna non era quella di sensibilizzare sui diritti delle donne americane, ma di vendere sigarette. Le donne sono state semplicemente usate e illuse dalla propaganda dell’epoca. Lo stesso è avvenuto negli anni “70 del secolo scorso in Europa e ancora negli Stati Uniti, con l’avvento del diritto all’aborto e anche del divorzio, che con la propaganda del caso limite della moglie che subiva maltrattamenti dal marito ha scardinato l’ordine naturale del matrimonio indissolubile e l’ha reso un pezzo di carta straccia che nessuno vuole più firmare. Prima ancora che in Occidente, questi cambiamenti epocali erano stati messi in atto in Unione Sovietica già dal 1918: la prima legge che prevedeva il diritto d’aborto fu approvata quello stesso anno dai tiranni comunisti di Mosca, seguita dall’approvazione delle leggi sul divorzio e sull’eutanasia. L’ideologia comunista da cui metteva in guardia la Madonna nelle sue apparizioni ai pastorelli di Fatima non è però stata fermata, e i tre mali preannunciati dalla Vergine stanno, ora più che mai, corrodendo l’Occidente.

Nonostante l’aborto sia ormai un diritto, anzi un dogma che si è affermato nella nostra società, continuate a insistere sul fatto che non sia ancora abbastanza, che questa legge che nessuno è disposto a toccare, purtroppo neanche all’interno della Chiesa, sia costantemente in pericolo e che i diritti riproduttivi delle donne debbano sempre prevalere sulla vita di un innocente, sui rischi fisici per la madre e sui traumi che la accompagneranno per tutta la vita. Ancora una volta siamo state illuse, raggirate e usate per portare avanti una propaganda finta e dolorosa che sta distruggendo il mondo, perché senza madri non ci sono padri, senza madri e padri non ci sono bambini, e senza bambini non c’è né futuro né speranza.

Vedete, care femministe, questa è la nostra battaglia: una battaglia per la verità che non accetta compromessi. Per fortuna ci sono persone che, pur conoscendo questa verità, sono disposte comunque a mettersi in gioco e a interfacciarsi con realtà dure e impegnative come quelle dei consultori: i volontari del Movimento per la Vita, ad esempio, che scelgono di entrare nella tana del nemico pur di riuscire ad aiutare anche solo una donna in difficoltà che riesce a rivolgersi a loro, ma ricordatevi che questa dovrebbe essere la vostra battaglia, non la loro. Loro dovrebbero essere riuniti all’esterno degli ospedali, a sgranare rosari invocando un intervento del Divino che ci faccia la grazia di interrompere finalmente questo tremendo genocidio.

Avete occupato la stanza dell’ascolto? Benissimo, adesso restateci e fate, per una dannata volta, quello che dovete fare. Date una scelta vera a queste donne permettendogli di scegliere tra l’aborto e la vita. Voi che pensate che la vita sia una scelta solo perché avete avuto la grazia di averne una, non costringete chi afferma che la vita sia un dono immenso nelle mani del Signore di cui noi non possiamo disporre, di compromettere questa verità pur di aiutare quelle persone che voi stesse abbandonate nella desolazione e nella solitudine di una gravidanza difficile. Voi che osannate l’inclusività, battetevi contro quei ginecologi che consigliano insistentemente l’aborto a quelle donne che portano in grembo un bambino con un cromosoma in più o con una qualche malformazione congenita, perché si tratta di una discriminazione eugenetica degna dei terribili spartani o dei crudeli nazisti. Riprendetevi la stanza dell’ascolto care femministe, vi siete battute voi per ottenerla, adesso gestitevela. Ascoltate quelle donne che si trovano in una situazione disperata perché non hanno alcun sostegno dallo Stato, dagli ospedali e dai consultori per poter pensare di portare avanti la gravidanza, guardate la luce nei loro volti quando gli prospetterete un’alternativa e capirete cosa vuol dire parlare d’aborto e di diritto all’aborto.

“L’aborto è un crimine che nessuna legge umana potrà mai legittimare”, diceva un grande pontefice. Questa è la verità, possiamo solo pregare per chi non la condivide, per voi care femministe, e soprattutto per chi vi sta usando.






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