Chiesa cattolica | CR 1869
di Cristina Siccardi, 16 Ottobre 2024
In questo mese ricorrono 70 anni dalla promulgazione dell’enciclica di Pio XII Ad Caeli Reginam. Era, infatti, l’11 ottobre 1954quando papa Pacelli decise di istituire la festa della regalità di Maria Santissima. La Madre di Dio, da sempre nella tradizione della Chiesa, è considerata Regina, come ben evidenziato nelle Litanie Lauretane: Regina degli angeli, dei patriarchi, dei profeti, degli apostoli, dei martiri, dei confessori della fede, delle vergini, di tutti i santi, concepita senza peccato, assunta in cielo, del rosario, della famiglia, della pace.
La devozione costante della Cattolicità per Maria Vergine, culminata con la proclamazione del dogma della sua Assunzione in Cielo in anima e corpo da parte di Pio XII, il 1° novembre 1950, con la costituzione apostolica Munificentissimus Deus, è stata coronata con il riconoscimento del potere regale della Madonna attraverso la festa del 31 maggio, a chiusura del mese mariano, al fine di ricorrere alla Madre di Dio, imitandone le virtù, impetrando la forza nelle tribolazioni, la pace fra i popoli e la visione eterna del suo Figlio divino. Tuttavia, a causa della rivoluzione liturgica, con il nuovo calendario del 1969, la memoria obbligatoria della Beata Vergine Maria Regina fu trasferita al 22 agosto.
Pio XII, particolarmente attento e devoto di Maria Santissima – non dimentichiamo che egli testimoniò di aver assistito il 30 ottobre 1950, tre giorni prima della proclamazione solenne del dogma dell’Assunzione, al miracolo del sole, quello a cui assistettero migliaia di persone presenti alla Cova di Iria il mezzogiorno del 13 ottobre 1917 – decise di esaltare la dignità regale della Santa Vergine Maria a cinque anni dalla fine della Seconda guerra mondiale, in cui il mondo si trovava non solo priva di milioni e milioni di persone uccise durante il conflitto bellico e non solo sotto la cenere di molte città, ma anche sotto il pericolo dell’immoralità, come il Papa ebbe a scrivere nell’enciclica: «Ora, dopo le grandi rovine che, anche sotto i Nostri occhi, hanno distrutto fiorenti città, paesi e villaggi; davanti al doloroso spettacolo di tali e tanti mali morali, che si avanzano paurosamente in limacciose ondate, mentre vediamo scalzare le basi stesse della giustizia e trionfare la corruzione, in questo incerto e spaventoso stato di cose, Noi siamo presi da sommo dispiacere e perciò ricorriamo fiduciosi alla Nostra regina Maria, mettendo ai piedi di lei, insieme col Nostro, i sentimenti di devozione di tutti i fedeli, che si gloriano del nome di cristiani». La pietà mariana di Pio XII è stata una perla costante del suo pontificato, come si riscontra anche dal suo radiomessaggio indirizzato al popolo portoghese per l’incoronazione, nell’Anno Mariano 1954, della «taumaturga Madonna di Fatima, da Noi stessi chiamato radiomessaggio della “regalità” di Maria» (Ad Caeli Reginam).
Il Sommo Pontefice richiama le testimonianze dei padri della Chiesa in favore della corona portata sul capo della Madonna. San Gregorio di Nazianzo (330 ca.-390 ca.) definisce la Vergine come «Madre del Re di tutto l’universo», che «ha partorito il Re di tutto il mondo». Sant’Andrea di Creta (660 ca.-740) attribuisce sovente la dignità regale alla Madonna, per esempio in questo passo: «Regina di tutti gli uomini, perché fedele di fatto al significato del suo nome, eccettuato soltanto Dio, si trova al di sopra di tutte le cose». San Germano di Parigi (?-576) si rivolge in questi termini all’Ancella del Signore: «Siedi, o Signora: essendo tu Regina e più eminente di tutti i Re ti spetta sedere nel posto più alto» e così la chiama: «Signora di tutti coloro che abitano la terra». San Giovanni Damasceno la proclama «Regina, padrona, signora», nonché «Signora di tutte le creature».
La teologia salda nella dottrina, libera dagli avvelenamenti erronei e dalla malafede, ha raccolto tale insegnamento dai Padri e dottori della Chiesa per continuare a pensare, pregare, meditare la beatissima Vergine come Regina di tutte le cose create, Regina del mondo, Regina dell’universo.
Così, il grande studioso di teologia morale, sant’Alfonso Maria de’Liguori (1696-1787), tenendo presente tutta la tradizione dei secoli che lo hanno preceduto, scrisse con sommo amore mariano: «Poiché la vergine Maria fu esaltata ad essere la Madre del Re dei re, con giusta ragione la chiesa l’onora col titolo di Regina» (Le glorie di Maria, p. I. c. I, § 1).
La sacra liturgia del Vetus Ordo, specchio fedele dell’insegnamento tramandato dai Padri e affidato alla Santa Madre Chiesa di Roma, ha cantato nel corso dei secoli e continua a cantare, nonostante le persecuzioni liturgiche, sia in Oriente che in Occidente tali glorie della celeste Regina. Pensiamo all’incantevole passo liturgico del rito bizantino: «O giusto, beatissimo (Giuseppe), per la tua origine regale sei stato fra tutti prescelto a essere lo sposo della Regina immacolata, la quale darà alla luce in modo ineffabile il Re Gesù» (Ex Menaeo (byzantino): Dominica post Natalem, in Canone, ad Matutinum). Fa eco la liturgia della chiesa latina con l’antica e dolcissima preghiera «Salve, Regina», le gioconde antifone «Ave, o Regina dei cieli», «Regina del cielo, rallégrati, alleluia» e diversi altri testi, che si recitano in diverse festività mariane, per esempio il 15 agosto si dichiara: «Oggi la vergine Maria sale al cielo: godete, perché regna con Cristo in eterno» (Festum Assumptionis, ad Magnificat II Vesp.).
E poi l’Arte Sacra della tradizione della Chiesa, quella «ispirata ai principi della fede cristiana e perciò fedele interprete della spontanea e schietta devozione popolare, fin dal Concilio di Efeso, è solita rappresentare Maria come regina e imperatrice, seduta in trono e ornata delle insegne regali, cinta il capo di corona e circondata dalle schiere degli angeli e dei santi, come colei che domina non soltanto sulle forze della natura, ma anche sui malvagi assalti di satana» (Emciclica Ad Caeli Reginam). L’iconografia che rappresenta la regalità della Beata Vergine si è arricchita di secolo in secolo con opere straordinarie, giungendo a raffigurare il Redentore nell’atto di cingere il capo di Sua Madre con la corona.
D’altra parte i pontefici hanno sempre favorito questa dignità teologica che si unisce alla devozione popolare, deponendo il diadema sulle immagini della Madre di Dio, quelle di autorevole venerazione, con le proprie mani o per mezzo di legati pontifici.
Cristo, Dio e uomo, è Re dell’universo e Maria, donna piena di grazia divina, essendo Madre dell’Unto di Dio, dunque corredentrice dell’opera del Salvatore e partecipe attiva nella lotta contro il male e nel trionfo sui peccati umani, condivide la dignità regale, «sia pure in maniera limitata e analogica», come viene specificato nell’enciclica pacelliana. Grazie a tale dignità, che possiede il primato su tutta la creazione, dopo quello di suo Figlio, scaturisce inevitabilmente l’inesauribile efficacia della materna intercessione presso il Figlio e presso il Padre.
L’epoca in cui viviamo è imbevuta di errori, peccati, perversioni, che corrompono finanche l’innocenza dell’infanzia, contemporaneamente si sperimentano nel mondo le epidemie, carestie, molteplici le povertà economiche e spirituali, guerre di gran peso e, come non bastasse, la violenza corre nelle nostre strade e nelle nostre case: mai in Italia si era vista tanta violenza nelle famiglie e fra i minori. Ebbene, Ad Caeli Reginam ci spinge anche oggi a supplicare più fortemente la Mamma celeste, Regina nostra: «per chiedere soccorso nelle avversità, luce nelle tenebre, conforto nel dolore e nel pianto, e, ciò che conta più di tutto, si sforzino di liberarsi dalla schiavitù del peccato, per poter presentare un ossequio immutabile, penetrato dalla fragrante devozione di figli, allo scettro regale di sì grande Madre. I suoi templi siano frequentati dalle folle dei fedeli, per celebrarne le feste; la pia corona del Rosario sia nelle mani di tutti per riunire insieme, nelle chiese, nelle case, negli ospedali, nelle carceri, sia i piccoli gruppi, sia le grandi adunanze di fedeli, a cantare le sue glorie. Sia in sommo onore il nome di Maria, più dolce del nettare, più prezioso di qualunque gemma; e nessuno osi pronunciare empie bestemmie, indice di animo corrotto, contro questo nome ornato di tanta maestà e venerando per la grazia materna; e neppure si osi mancare in qualche modo di rispetto ad esso» e quando accade nei gay pride o in olimpiadi come quelle recenti di Parigi o in altre malefiche occasioni di sentire o vedere l’offesa, l’irrisione, lo sfregio nei confronti della Madonna, allora il fedele, attualmente poco custodito e difeso dai pastori, si raccolga in preghiera e offra qualche rinuncia in riparazione e per amore dei Sacri Cuori del Re e della Regina dei nostri cuori e delle nostre vite, destinate all’eternità.
In questo mese ricorrono 70 anni dalla promulgazione dell’enciclica di Pio XII Ad Caeli Reginam. Era, infatti, l’11 ottobre 1954quando papa Pacelli decise di istituire la festa della regalità di Maria Santissima. La Madre di Dio, da sempre nella tradizione della Chiesa, è considerata Regina, come ben evidenziato nelle Litanie Lauretane: Regina degli angeli, dei patriarchi, dei profeti, degli apostoli, dei martiri, dei confessori della fede, delle vergini, di tutti i santi, concepita senza peccato, assunta in cielo, del rosario, della famiglia, della pace.
La devozione costante della Cattolicità per Maria Vergine, culminata con la proclamazione del dogma della sua Assunzione in Cielo in anima e corpo da parte di Pio XII, il 1° novembre 1950, con la costituzione apostolica Munificentissimus Deus, è stata coronata con il riconoscimento del potere regale della Madonna attraverso la festa del 31 maggio, a chiusura del mese mariano, al fine di ricorrere alla Madre di Dio, imitandone le virtù, impetrando la forza nelle tribolazioni, la pace fra i popoli e la visione eterna del suo Figlio divino. Tuttavia, a causa della rivoluzione liturgica, con il nuovo calendario del 1969, la memoria obbligatoria della Beata Vergine Maria Regina fu trasferita al 22 agosto.
Pio XII, particolarmente attento e devoto di Maria Santissima – non dimentichiamo che egli testimoniò di aver assistito il 30 ottobre 1950, tre giorni prima della proclamazione solenne del dogma dell’Assunzione, al miracolo del sole, quello a cui assistettero migliaia di persone presenti alla Cova di Iria il mezzogiorno del 13 ottobre 1917 – decise di esaltare la dignità regale della Santa Vergine Maria a cinque anni dalla fine della Seconda guerra mondiale, in cui il mondo si trovava non solo priva di milioni e milioni di persone uccise durante il conflitto bellico e non solo sotto la cenere di molte città, ma anche sotto il pericolo dell’immoralità, come il Papa ebbe a scrivere nell’enciclica: «Ora, dopo le grandi rovine che, anche sotto i Nostri occhi, hanno distrutto fiorenti città, paesi e villaggi; davanti al doloroso spettacolo di tali e tanti mali morali, che si avanzano paurosamente in limacciose ondate, mentre vediamo scalzare le basi stesse della giustizia e trionfare la corruzione, in questo incerto e spaventoso stato di cose, Noi siamo presi da sommo dispiacere e perciò ricorriamo fiduciosi alla Nostra regina Maria, mettendo ai piedi di lei, insieme col Nostro, i sentimenti di devozione di tutti i fedeli, che si gloriano del nome di cristiani». La pietà mariana di Pio XII è stata una perla costante del suo pontificato, come si riscontra anche dal suo radiomessaggio indirizzato al popolo portoghese per l’incoronazione, nell’Anno Mariano 1954, della «taumaturga Madonna di Fatima, da Noi stessi chiamato radiomessaggio della “regalità” di Maria» (Ad Caeli Reginam).
Il Sommo Pontefice richiama le testimonianze dei padri della Chiesa in favore della corona portata sul capo della Madonna. San Gregorio di Nazianzo (330 ca.-390 ca.) definisce la Vergine come «Madre del Re di tutto l’universo», che «ha partorito il Re di tutto il mondo». Sant’Andrea di Creta (660 ca.-740) attribuisce sovente la dignità regale alla Madonna, per esempio in questo passo: «Regina di tutti gli uomini, perché fedele di fatto al significato del suo nome, eccettuato soltanto Dio, si trova al di sopra di tutte le cose». San Germano di Parigi (?-576) si rivolge in questi termini all’Ancella del Signore: «Siedi, o Signora: essendo tu Regina e più eminente di tutti i Re ti spetta sedere nel posto più alto» e così la chiama: «Signora di tutti coloro che abitano la terra». San Giovanni Damasceno la proclama «Regina, padrona, signora», nonché «Signora di tutte le creature».
La teologia salda nella dottrina, libera dagli avvelenamenti erronei e dalla malafede, ha raccolto tale insegnamento dai Padri e dottori della Chiesa per continuare a pensare, pregare, meditare la beatissima Vergine come Regina di tutte le cose create, Regina del mondo, Regina dell’universo.
Così, il grande studioso di teologia morale, sant’Alfonso Maria de’Liguori (1696-1787), tenendo presente tutta la tradizione dei secoli che lo hanno preceduto, scrisse con sommo amore mariano: «Poiché la vergine Maria fu esaltata ad essere la Madre del Re dei re, con giusta ragione la chiesa l’onora col titolo di Regina» (Le glorie di Maria, p. I. c. I, § 1).
La sacra liturgia del Vetus Ordo, specchio fedele dell’insegnamento tramandato dai Padri e affidato alla Santa Madre Chiesa di Roma, ha cantato nel corso dei secoli e continua a cantare, nonostante le persecuzioni liturgiche, sia in Oriente che in Occidente tali glorie della celeste Regina. Pensiamo all’incantevole passo liturgico del rito bizantino: «O giusto, beatissimo (Giuseppe), per la tua origine regale sei stato fra tutti prescelto a essere lo sposo della Regina immacolata, la quale darà alla luce in modo ineffabile il Re Gesù» (Ex Menaeo (byzantino): Dominica post Natalem, in Canone, ad Matutinum). Fa eco la liturgia della chiesa latina con l’antica e dolcissima preghiera «Salve, Regina», le gioconde antifone «Ave, o Regina dei cieli», «Regina del cielo, rallégrati, alleluia» e diversi altri testi, che si recitano in diverse festività mariane, per esempio il 15 agosto si dichiara: «Oggi la vergine Maria sale al cielo: godete, perché regna con Cristo in eterno» (Festum Assumptionis, ad Magnificat II Vesp.).
E poi l’Arte Sacra della tradizione della Chiesa, quella «ispirata ai principi della fede cristiana e perciò fedele interprete della spontanea e schietta devozione popolare, fin dal Concilio di Efeso, è solita rappresentare Maria come regina e imperatrice, seduta in trono e ornata delle insegne regali, cinta il capo di corona e circondata dalle schiere degli angeli e dei santi, come colei che domina non soltanto sulle forze della natura, ma anche sui malvagi assalti di satana» (Emciclica Ad Caeli Reginam). L’iconografia che rappresenta la regalità della Beata Vergine si è arricchita di secolo in secolo con opere straordinarie, giungendo a raffigurare il Redentore nell’atto di cingere il capo di Sua Madre con la corona.
D’altra parte i pontefici hanno sempre favorito questa dignità teologica che si unisce alla devozione popolare, deponendo il diadema sulle immagini della Madre di Dio, quelle di autorevole venerazione, con le proprie mani o per mezzo di legati pontifici.
Cristo, Dio e uomo, è Re dell’universo e Maria, donna piena di grazia divina, essendo Madre dell’Unto di Dio, dunque corredentrice dell’opera del Salvatore e partecipe attiva nella lotta contro il male e nel trionfo sui peccati umani, condivide la dignità regale, «sia pure in maniera limitata e analogica», come viene specificato nell’enciclica pacelliana. Grazie a tale dignità, che possiede il primato su tutta la creazione, dopo quello di suo Figlio, scaturisce inevitabilmente l’inesauribile efficacia della materna intercessione presso il Figlio e presso il Padre.
L’epoca in cui viviamo è imbevuta di errori, peccati, perversioni, che corrompono finanche l’innocenza dell’infanzia, contemporaneamente si sperimentano nel mondo le epidemie, carestie, molteplici le povertà economiche e spirituali, guerre di gran peso e, come non bastasse, la violenza corre nelle nostre strade e nelle nostre case: mai in Italia si era vista tanta violenza nelle famiglie e fra i minori. Ebbene, Ad Caeli Reginam ci spinge anche oggi a supplicare più fortemente la Mamma celeste, Regina nostra: «per chiedere soccorso nelle avversità, luce nelle tenebre, conforto nel dolore e nel pianto, e, ciò che conta più di tutto, si sforzino di liberarsi dalla schiavitù del peccato, per poter presentare un ossequio immutabile, penetrato dalla fragrante devozione di figli, allo scettro regale di sì grande Madre. I suoi templi siano frequentati dalle folle dei fedeli, per celebrarne le feste; la pia corona del Rosario sia nelle mani di tutti per riunire insieme, nelle chiese, nelle case, negli ospedali, nelle carceri, sia i piccoli gruppi, sia le grandi adunanze di fedeli, a cantare le sue glorie. Sia in sommo onore il nome di Maria, più dolce del nettare, più prezioso di qualunque gemma; e nessuno osi pronunciare empie bestemmie, indice di animo corrotto, contro questo nome ornato di tanta maestà e venerando per la grazia materna; e neppure si osi mancare in qualche modo di rispetto ad esso» e quando accade nei gay pride o in olimpiadi come quelle recenti di Parigi o in altre malefiche occasioni di sentire o vedere l’offesa, l’irrisione, lo sfregio nei confronti della Madonna, allora il fedele, attualmente poco custodito e difeso dai pastori, si raccolga in preghiera e offra qualche rinuncia in riparazione e per amore dei Sacri Cuori del Re e della Regina dei nostri cuori e delle nostre vite, destinate all’eternità.
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