venerdì 22 marzo 2013

Benedetto XVI, il sacro e il santo





di Stefano Fontana

La sofferta decisione di Benedetto XVI di lasciare il pontificato è stata fin da subito interpretata in molti modi diversi. Tra questi anche la versione de-sacralizzante: il papato sarebbe diventata una carica come tutte le altre, laicizzata, a tempo e per uno scopo funzionale. Il Papa “uno di noi”. La nuova bussola quotidiana ha subito messo in guardia da queste interpretazioni, che sono però molto diffuse, anche dentro la Chiesa e, soprattutto alla base, tramite i settimanali diocesani.

In questi giorni un teologo ha scritto: «In fondo il cristianesimo ha desacralizzato la religione: Gesù facendosi carne ha colmato le distanze con gli uomini. Per noi cristiani la grandezza è nella santità, non nella sacralità: la sacralità indica distanza, a differenza della santità”. Il gesto del Papa viene visto, allora, come l’abbandono della sacralità per passare alla santità.

A mio modo di vedere nella vita della Chiesa c’è sia il santo che il sacro. Certo, le persone non sono sacre, ma semmai sante. Ogni fedele è chiamato non a sacralizzare se stesso ma a santificarsi. Questo però non vuol dire che non esista anche il sacro, come deposito oggettivo della Grazia a cui attingere per essere santi. La Sacra Scrittura è sacra. I sacramenti sono sacri. L’Eucarestia è sacra. Il Tabernacolo, e la chiesa anche come luogo, sono sacri. Maria è senz’altro Santissima, ma è anche sacra, perché Tabernacolo vivente. La Chiesa è santa ma anche sacra in quanto Mistero. Il sacerdote può essere più o meno santo, ma è senz’altro sacro, come sacra è la consacrazione che egli fa sull’altare. Il nostro corpo ha una sua sacralità perché è tempio dello Spirito Santo. Il Papa e i Vescovi possono essere più o meno santi come fedeli, ma sono anche sacri, come successori di Pietro e degli Apostoli.

Cristo ha desacralizzato la religione pagana, in quanto si è opposto al sacro come mito ed ha insegnato ad adorare il Padre “in spirito e verità”. Egli si è sì fatto carne, ma non si è ridotto a carne. Si è fatto uno di noi, ma non si è ridotto ad uno di noi. Ha presentato sé stesso come il Tempio e ha detto che può essere adorato anche al di fuori di luoghi a ciò deputati. Egli però non ha cessato di farsi trovare nella sacralità della Grazia divina e in tutte le occasioni sacre in cui la Chiesa lo celebra e lo annuncia.

Parlare di santità tagliando i ponti con il sacro, anzi presentando la santità come l’anti-sacro, come il congedo dal sacro, contiene a mio parere molti equivoci. Significa consegnarsi con le manzi alzate alla secolarizzazione, che è spesso una de-sacralizzazione senza per ciò portare ad alcuna santificazione.

Tornando a Benedetto XVI, egli ha voluto continuare a vivere nel “recinto di San Pietro” considerandolo, evidentemente, un luogo sacro. Ha detto, usando una immagine evangelica, di volersi ritirare “sul monte”, biblicamente luogo sacro per eccellenza. Ha detto di rimanere unito alla Chiesa nella sacralità della preghiera. Non è diventato “uno di noi”, non ha smesso la veste bianca e non si è ritirato a vita privata. Non è più Papa, ma non è andato in pensione. Dopo queste dimissioni, il Papa non diventa un impiegato dello Stato del Vaticano, santo, magari, ma non più sacro.

Papato forte perché umano, come titolava qualche giornale? No, grazie! Papato forte perché divino.



Osservatorio VanThuan  18-03-2013


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