Nella Lettera Apostolica
Rosarium Virginis Mariae, il Santo Padre Giovanni Paolo II ha voluto esortare ancora una volta le famiglie cristiane alla preghiera in seno al focolare domestico con la recita del Rosario: “Bisogna tornare a pregare in famiglia e pregare per le famiglie, utilizzando ancora questa forma di preghiera” (n. 41).
Già al termine del Grande Giubileo aveva affermato: “È necessario che l'ascolto della Parola diventi un incontro vitale nell'antica e sempre valida tradizione della
lectio divina, che fa cogliere nel testo biblico la parola viva che interpella, orienta, plasma l'esistenza... occorre riaccendere in noi lo slancio delle origini, lasciandoci pervadere dall'ardore della predicazione apostolica seguita alla Pentecoste (cfr
Novo Millennio ineunte, nn. 39 e 40).
Si tratta anzitutto di riattualizzare, se non nella forma, ma certamente nello spirito, quella viva e fervente atmosfera spirituale da cui erano contraddistinte le riunioni in casa delle prime comunità cristiane. Infatti i primi discepoli “ogni giorno tutti insieme frequentavano il tempio e spezzavano il pane in casa... lodando Dio” (At 2, 46). In forza di questa testimonianza, “coloro che erano fuori, restavano attratti e chiedevano di unirsi a loro per essere salvati” (At 2, 48).
Questa dimensione familiare della preghiera e del culto cristiano ha le sue radici nell'esperienza di fede del popolo dell'antica alleanza, di cui la comunità cristiana è erede. Si sa infatti che la cena pasquale si svolgeva in casa e aveva come protagonista la famiglia.
L'ondata di secolarismo che ha attraversato la vita delle nostre comunità negli ultimi decenni, ha determinato una crisi profonda anche nell'ambito della famiglia e quindi della preghiera familiare, come espressione di comunione e come sorgente indispensabile per la missione che essa è chiamata a svolgere nella Chiesa e nella società.
Di fronte a questo dato preoccupante i Pastori di questi ultimi secoli non hanno cessato di raccomandare la pia pratica del Rosario, definito da Papa Pio XII “il compendio di tutto il Vangelo”, per impetrare dal Signore, datore di ogni bene, per l'intercessione della Beata Vergine, Regina del Rosario, i doni della fede e della pace all'interno delle famiglie e tra le nazioni.
Sappiamo bene come è radicata nel cuore del Successore di Pietro la pietà mariana. Sotto la sua protezione ha posto il suo ministero “Totus Tuus”, e come il Rosario occupa un luogo privilegiato nelle sue devozioni. È una immagine abituale vederlo con la corona tra le dita. Sua preoccupazione è la diffusione del Rosario e la ripresa di questa venerabile devozione del Rosario, specialmente nei focolari domestici.
Il Rosario, nella sua semplicità e profondità, va al cuore dell'esperienza cristiana nel dialogo di fede espresso nella preghiera. Ha una forte carica evangelizzatrice: i membri della famiglia sono capaci di contemplare i nuclei centrali della fede attraverso i misteri a cui sono aggiunti adesso anche i misteri della luce, nei quali si invita a riflettere sulle nozze di Cana e sull'inizio di una nuova famiglia.
Possiamo dire che nel Padre Nostro e nell'Ave Maria troviamo una sintesi attraverso la quale circola una dinamica ed efficace trasmissione della fede che, a sua volta, fortifica l'esperienza della comunità domestica in una speciale unione, che è anche potente aiuto perché essa sia salda e stabile davanti al Signore dell'Alleanza.
Con questa Lettera sul Rosario il Santo Padre ha toccato il cuore dei fedeli. Infatti la recita della corona non solo “porta al cuore stesso della vita cristiana, offrendo un'ordinaria quanto feconda opportunità spirituale e pedagogica per la contemplazione personale” (n. 3), ma fa ricuperare “anche la capacità di guardarsi sempre e nuovamente negli occhi, per comunicare, per solidarizzare, per perdonarsi scambievolmente, per ripartire con un patto d'amore rinnovato dallo spirito di Dio” (cfr n. 41).
La recita del Rosario in famiglia riproduce il clima spirituale della casa di Nazareth, “perché in esso si pone Gesù al centro, si condividono con lui gioie e dolori, si mettono nelle sue mani bisogni e progetti, si attingono da lui la speranza e la forza per il cammino” (cfr 41). Lì, infatti, come ebbe a dire Paolo VI nel suo pellegrinaggio a Nazareth, si impara “ad essere fermi nei buoni pensieri, intenti alla vita interiore, pronti a ben sentire le segrete ispirazioni di Dio e le esortazioni dei veri maestri” (Insegnamenti di Paolo VI,II, 1964, p. 24).
Questa preghiera serve anche a neutralizzare i più diversi messaggi disorientanti e le esperienze più imprevedibili che si fanno spazio nella vita dei figli; esperienze che diventano angosciose per i genitori di fronte ai rischi che i giovani corrono nel loro itinerario di crescita, il momento orante del Rosario è certamente un aiuto spirituale per la soluzione di tanti problemi, esso infatti pone al riparo da tante tentazioni e difficoltà. Come è stato affermato nelle Conclusioni della XV Assemblea Plenaria di questo Consiglio per la Famiglia oggi si vive in una situazione segnata “dalla paura dell'impegno, dalla pratica della coabitazione, dalla banalizzazione del sesso, secondo l'espressione di Giovanni Paolo II. Stili di vita, mode, spettacoli, teleromanzi mettono in dubbio il valore del matrimonio; arrivano fino a propagare l'idea che il dono reciproco degli sposi fino alla morte sia qualcosa di impossibile; rendono fragile l'istituzione familiare e giungono perfino a squalificarla a vantaggio di altri modelli di pseudo famiglia”. Lo stesso documento deplora infatti “l'invasione da parte di un individualismo radicale di numerose sfere dell'attività umana: vita economica, concorrenza spietata, competizione in tutti i campi, disprezzo degli emarginati, ecc”.
Davanti a questi problemi un elemento fondamentale è insostituibile è il ricorso alla preghiera, la testimonianza viva dei genitori. Come afferma il Santo Padre nella
Familiaris consortio: “Solo pregando insieme con i figli il padre e la madre, mentre portano a compimento il proprio sacerdozio regale, scendono in profondità nel cuore dei figli lasciando tracce che i successivi eventi della vita non riusciranno a cancellare” (n. 60).
Come è noto una finalità importante della preghiera della chiesa domestica è quella di costituire, per i figli, la naturale introduzione alla preghiera liturgica propria dell'intera Chiesa, nel senso sia di preparare ad essa, sia di estenderla nell'ambito della vita familiare e sociale (cfr Fc, n. 61), in questo modo la preghiera in famiglia non rappresenta un'evasione dall'impegno civile, ma ne costituisce una forte spinta perché la famiglia cristiana assolva in pienezza tutte le sue responsabilità di cellula prima e fondamentale della società umana.
In questo modo la preghiera rafforza la saldezza e la compattezza spirituale della famiglia, contribuendo a far sì che essa partecipi alla fortezza di Dio. Infatti, tutta la forza del Rosario risiede nella sua indole evangelica e nel suo orientamento nettamente cristologico, perché ci fa considerare in modo proprio e specifico i principali eventi della salvezza che si sono compiuti in Cristo, visti attraverso il cuore di Maria, la quale fu la più vicina al Signore Gesù. Infatti la sua caratteristica è la contemplazione, senza di cui il Rosario è come un corpo senza anima; gli elementi tipici sono costituiti dall'implorazione del Padre Nostro, dalla lode nella successione litanica delle Ave Marie, dall'adorazione della dossologia Gloria al Padre. Si caratterizza anche per la semplicità che favorisce quel ritmo tranquillo, quasi un indugio pensoso che favorisce la meditazione. Come ebbe a dire Giovanni Paolo II: “Nutrimento fecondo della pietà personale, il Rosario è in certo senso la preghiera tipica della famiglia cristiana... Nella recita del Rosario la Chiesa gusta la propria unità, gode della circolazione degli affetti, si eleva alla contemplazione del divino, colloca in questa superiore dimensione le proprie necessità, le angustie e le conquiste del vivere quotidiano” (Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VII, 2, 1984, p. 824).
Da questo fervoroso spirito evangelico, dalla contemplazione dei misteri della nostra redenzione, che in questo Anno del Rosario (ottobre 2002-ottobre 2003) ci si attende un rinnovato impegno affinché la preparazione dei fidanzati al matrimonio includa una testimonianza accresciuta nella fedeltà agli impegni definitivi che essi stanno per prendere davanti a Dio e davanti agli uomini; gli educatori, i direttori spirituali e le coppie cristiane aiutino i giovani a scoprire in loro stessi un amore autentico, con tutto ciò che comporta di sentimento, di attaccamento, di passione stessa e anche di ragione; il messaggio della Chiesa sulla paternità responsabile sia compreso e accolto meglio e anche l'attenzione particolare che deve essere data ai figli provenienti da focolari spezzati sia prestata con amorevole premura.
Così la stessa pastorale familiare potrà offrire ai coniugi lungo la loro vita coniugale delle possibilità e delle opportunità di ritorno alle origini e di riflessione, specialmente nei momenti di raccoglimento, come quello della recita del Rosario; inoltre, farà sì che la festa della Santa Famiglia o di altre celebrazioni in cui si incontrano i coniugi desiderosi di rinnovare in chiesa i loro impegni matrimoniali, abbiano un significato che lasci un segno nel loro itinerario spirituale. A questa luce, negli eventuali momenti di crisi, tutti gli aiuti che sono stati richiamati dal Santo Padre in questa Lettera Apostolica, potranno contribuire a risolvere le tensioni e permetteranno agli sposi di fare ritorno alle sorgenti del loro amore iniziale. Essi sapranno attingere dal sacramento del matrimonio energie per risvegliare i grandi ideali che devono dirigere i loro rapporti e superare le difficoltà.
È in questo senso che il beato Bartolo Longo ebbe ad affermare che: “Chi propaga il Rosario è salvo”. Gli fa eco Giovanni Paolo II quando afferma che: “Il rilancio del Rosario nelle famiglie cristiane, nel quadro di una più larga pastorale della famiglia, si propone come aiuto efficace per arginare gli effetti devastanti di questa crisi epocale” (n. 6).
Uno scrittore diceva che nelle nazioni evangelizzate in ogni famiglia, al calar della sera, sorgeva, come una sinfonia, la recita del Rosario. Perché non ci impegniamo affinché quella testimonianza ritorni, pervadendo la chiesa domestica della Parola che tutti possano assaporare, condividendola con i figli come il pane, in un atteggiamento che evangelizzi una società che corre il rischio di raffreddarsi e di allontanarsi da Dio?
“Come una madre che insegna ai suoi figli a parlare, e con ciò stesso a comprendere e a comunicare, la Chiesa, nostra Madre, ci insegna il linguaggio della fede per introdurci nell'intelligenza e nella vita della fede” (
CCC, n. 171). Così accade anche nella recita del Rosario.
Luci sull'Est 05/10/2012
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