Favorire la
rinascita del sacro nei cuori
fonte: Paix
Liturgique lettera n. 35
All'udienza generale dello scorso 3 ottobre,
Benedetto XVI ha voluto sottolineare la centralità della liturgia, e ha
insegnato che essa "non è una specie di 'auto-manifestazione' di una comunità",
ma "implica universalità e questo carattere universale deve entrare sempre di
nuovo nella consapevolezza di tutti. La liturgia cristiana è il culto del tempio
universale che è Cristo Risorto, le cui braccia sono distese sulla croce per
attirare tutti nell’abbraccio dell’amore eterno di Dio. E’ il culto del cielo
aperto". È estremamente significativo che un discorso così denso sia stato
pronunciato proprio nell'imminenza dell'apertura dell'Anno della Fede: ciò
testimonia del ruolo fondamentale che Benedetto XVI assegna alla liturgia nel
suo magistero e anche nella nuova evangelizzazione.
A cinque anni dall'entrata in vigore del
Motu Proprio e in vista
dell'ormai imminente pellegrinaggio "Una cum
Papa nostro", che porterà a Roma il "popolo del Summorum
Pontificum", abbiamo chiesto a uno dei più profondi conoscitori del pensiero
liturgico del Papa, don Nicola Bux, di fare il punto sullo status quaestionis.
Autore del best-seller "La riforma di Benedetto XVI. La liturgia tra innovazione
e tradizione", Don Nicola è, fra l'altro, Consultore dell'Ufficio per le
celebrazioni liturgiche del Santo Padre e della Congregazione per il Culto
Divino.
1) Don Nicola, 49 anni dopo la sua
promulgazione, la costituzione apostolica Sacrosanctum Concilium sembra ancora
essere lettera morta in tante diocesi del mondo. Per non parlare della riforma
della riforma di Papa Benedetto, della quale lei è un ardente promotore, che
fatica ad arrivare nelle nostre parrocchie: in Italia come in Francia, pochi
altari e santuari sono stati ripristinati per rispondere all'invito papale a una
maggiore solennità del culto liturgico. Come spiega questa distanza tra gli
orientamenti liturgici romani e la realtà delle messe domenicali?
Risposta: La Chiesa, lo sappiamo dalla sua
storia, si sviluppa mediante riforme e non rivoluzioni, diversamente dal
mondo.Perchè sono i suoi uomini a dover cambiare il cuore e la mente, e poi ciò
influisce positivamente sul cambiamento delle strutture: un cambiamento che è
come lo sviluppo organico del corpo, senza abnormità o sussulti. Così avviene
per la sacra liturgia: si sviluppa in modo quasi impercettibile da forme
preesistenti; se invece ce se ne accorgesse bruscamente, vorrebbe dire che non è
avvenuto un 'aggiornamento' ma un cambiamento da una cosa ad un'altra, per cui
la norma della preghiera (lex orandi) non corrisponde alla norma del credo (lex
credendi). Si è caduti in errore e persino in eresia.
Dell'opera di riforma di papa Benedetto XVI,
non solo della liturgia ma della Chiesa, visto lo stretto rapporto tra le due,
ci si accorge che non è altro che l'attuazione della Costituzione liturgica del
Vaticano II, solo se interviene la osservazione appena indicata. Il problema
pertanto non è innanzitutto di ripristinare l'altare in modo che si possa
celebrare nelle due forme del rito romano, ma di favorire la rinascita del sacro
nei cuori, ossia la percezione che Dio è presente tra noi e quindi il culto è
divino, la liturgia è sacra se riconosce la Sua presenza, cioè la adora, e
implica gli atteggiamenti conseguenti: inginocchiarsi, raccogliersi, far
silenzio, ascoltare ecc. Quanto alla distanza tra la liturgia papale e quelle
locali, c'è da riflettere: siamo cattolici se riconosciamo il primato del
Successore di Pietro, ossia la responsabilità personale datagli dal Signore
sulla Chiesa universale; ora, se nella Chiesa universale vi sono diversi riti in
specie orientali, a capo dei quali stanno i patriarchi, a capo di quello romano
c'è il Vescovo di Roma che, celebrando in san Pietro o nei viaggi apostolici,
opera la salvaguardia dell'unità sostanziale del rito romano nelle diversità
locali (cfr SC 38). Per queste ragioni, la liturgia celebrata dal Vescovo di
Roma, non solo è esemplare ma typica, ovvero normativa, in quanto attua le
prescrizioni dei libri liturgici, come tutti sono tenuti a fare ovunque, se sono
cattolici.
2) Si sa bene ormai che il Santo Padre propone
e non impone. Così sembra fare il Culto divino che pubblica molti documenti ma
senza ricorrere a misure normative, pensiamo in particolare alla questione della
comunione in mano che è emblematica di un abuso divenuto legge. Da due anni, lei
è consultore della Congregazione per il Culto Divino: qual è il potere reale
della Congregazione in materia?
Risposta: Il Santo Padre non propone sue
idee sulla liturgia, ma custodisce e innova (? n.d.r.) quanto la Chiesa riceve
dalla tradizione apostolica e da Gesù stesso. Nè una proposta nè una
imposizione, bensì l'obbedienza a Qualcosa che viene sempre prima di noi e che
da noi è ricevuto. I documenti dei dicasteri della Curia romana devono solo
tradurre in atto tutto ciò, incluse le misure normative e le sanzioni previste
dal diritto canonico. Un esempio: l'Istruzione Redemptionis Sacramentum su
alcune cose che si devono osservare ed evitare nella Ss. Eucaristia. Chi è al
corrente, per esempio, della differenza tra legge e indulto? Perciò non sa
risolvere la questione del modo di fare la S.Comunione.
Il punto è che oggi va ricompreso nella
liturgia non solo, ma nella Chiesa, il diritto di Dio, il suo primato e le
conseguenze che ha sull'etica come sul culto a lui dovuto. Possiamo noi
inventarci la legge morale? Nemmeno dunque potremmo inventarci il culto senza
cadere nel peccato di farci un dio a modo nostro, ossia l'idolatria. Su questa
questione per fortuna proprio Joseph Ratzinger aprì il dibattito con il noto
testo Introduzione allo spirito della liturgia; raccolto esemplarmente dal
cardinal Raymond Leo Burke ne: La Danza vuota intorno al Vitello d'Oro,
ed.Lindau, e recentemente dal libro di Daniele Nigro, I diritti di Dio. La
liturgia dopo il Vaticano II, ed.Sugraco.
3) Nella lettera ai vescovi che accompagna il
Summorum Pontificum, il Santo Padre invitava all'arricchimento mutuo delle due
forme dell’unico rito romano ma per arrivare a quest'arricchimento ci deve prima
essere un incontro fra le due liturgie. Come si fa se la forma straordinaria
rimane fuori dalle parrocchie: non è la messa parrocchiale il luogo naturale per
quest'incontro?
Risposta: Il Santo Padre ha ripristinato il
rito romano celebrato fino al Vaticano II, definendolo 'forma extraordinaria'
rispetto a quella ordinaria uscita dalla riforma post-conciliare. Lo ha fatto
perchè consapevole a motivo degli studi fatti e dei rapporti con insigni
studiosi della liturgia, alcuni dei quali periti conciliari, che non erano
soddisfatti di quanto si era riformato, ma nemmeno dello stato precedente: si
pensi a Joseph Andreas Jungmann, autore di Missarum Sollemnia. Di qui la ragione
innanzitutto dell'arricchimento mutuo tra le due forme, da perseguire con
avvedutezza e pazienza, cosa che avviene celebrandole entrambe come sta già
avvenendo dappertutto. Non è vero che il Papa ha pubblicato il Motu proprio per
fare un piacere alla Fraternità Sacerdotale San Pio X: è del tutto alieno dal
suo stile e dal suo pensiero. E' vero invece che deve portare la pace in tutta
la Chiesa, dopo decenni di abusi e teoremi, resistenze e indulti. L'incontro tra
le due forme avviene semplicemente celebrandole da parte del medesimo sacerdote
e offrendole ai fedeli. Ma ci vorrà tempo per prepararsi, perchè molti
ecclesiastici non conoscono più il latino; e si devono preparare anche i fedeli
all'attuazione piena dei n 36 e 54 della Costituzione liturgica che prevedono
l'affiancamento delle lingue correnti al latino, lingua dell'unità della Chiesa
universale. Domando: è più giusto che in un santuario come Lourdes si celebri la
Messa 'internazionale', in più lingue, sicchè ogni gruppo ne capisca la quinta
parte? Oppure una Liturgia cattolica, nella lingua latina che fa sentire tutti
membri dell'Una Santa Cattolica e Apostolica? Per mettere i fedeli in condizione
di capire, è necessario cominciare con sussidi bilingue, e in ogni cattedrale e
parrocchia si arrivi a celebrare la Messa secondo il dettato del n 36, come sta
facendo il Papa ovunque vada. Questo si può fare anche col Messale di Paolo VI
editio typica latina. Perchè la Chiesa universale deve ricorrere all'inglese,
quando ha la sua koinè nella veneranda lingua latina?
4) A inizio settembre, ha partecipato a un
incontro in Brasile sul Summorum Pontificum, promosso da alcuni vescovi: può
dirci che cos'ha visto e imparato da questo viaggio?
Risposta: Ho imparato ancora una volta come
sia vero ciò che dice il Signore nell'Apocalisse: "Ecco io faccio nuove tutte le
cose" (21,5). Dove primeggiava la teologia della liberazione, si va affermando
la Messa in forma extraordinaria, in molte città del Brasile. Vescovi,
sacerdoti, religiosi e fedeli laici in modo sereno e costruttivo attuano
l'insegnamento di Benedetto XVI, si celebra nelle due forme del rito romano e si
affronta il dibattito secondo il metodo suggerito da san Pietro: Adorate nei
vostri cuori il Signore Cristo, sempre pronti a rendere ragione della speranza
che è in voi, con dolcezza, rispetto e buona coscienza (cfr 1 Pt
3,15-16).
5) Infine, sabato 3 novembre, in basilica
vaticana, il cardinale Cañizares, Prefetto del Culto divino, celebrerà la forma
straordinaria in chiusura del pellegrinaggio del popolo Summorum Pontificum a
Roma. Che cosa le suggerisce questa notizia: possiamo vedere in questo gesto di
colui che è il custode della liturgia per il Santo Padre un esempio dello
spirito autentico della comunione ecclesiale che è tanto mancata nel tormentato
post-concilio?
Risposta: Il gesto del Prefetto della
Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti vuole
dimostrare una voltà di più che nessuno è di troppo nella Chiesa, come disse il
Papa ai Vescovi francesi nel suo viaggio in Francia nel 2008. La sacra liturgia
si differenzia dalle devozioni private per il fatto che è il culto pubblico
della Chiesa e non la devozione di singoli, di gruppi o di movimenti. A questi
possono essere stati concessi alcuni adattamenti, ma nella salvaguardia
dell'unità del rito romano nelle sue due forme ordinaria e extraordinaria. Non
sono ammesse altre forme per gruppi particolari. Tuttavia ritengo che per il
Papa l'urgenza grande è che il rito romano innanzitutto nella forma ordinaria
sia celebrato con fede, dignità e osservando le prescrizioni dei libri
liturgici.
In tal modo, la Messa in forma
extraordinaria promossa dal Coetus Internationalis Summorum Pontificum deve
rappresentare un segno di obbedienza e comunione col Papa. Senza la comunione
affettiva ed effettiva col Sommo Pontefice e i Vescovi uniti con lui, non si può
dire d'essere cattolici. Chiederemo istantemente al Signore l'unità - viene da
unus cioè stare insieme intorno ad Uno - e la pace, sinonimo della comunione -
viene da cum-munera - mettere insieme i carismi di ciascuno. E speriamo che
cessino le rivalità e l'autoaffermazione, e si promuova la fraternità tra tutti
nella carità di Cristo, a cominciare dal proprio ambiente, regione e
nazione.
Nessun commento:
Posta un commento