C’è sicuramente un filo rosso che cuce questo ministero petrino, iniziato con l’elezione del 13 marzo 2013, con la situazione del tutto peculiare della Chiesa nel suo seno, partendo proprio dall’atipicità di due papi, di cui uno emerito, colpito a morte ma senza morire e il suo successore che ama presentarsi quale vescovo di Roma, vestito di bianco. Papa Francesco di recente ha ricevuto in visita privata il segretario di Giovanni XXIII, Mons. Capovilla, uno degli attori importanti in quel 1960, stabilito da Nostra Signora per rivelare la terza parte del segreto di Fatima, archiviato però per volontà di Papa Roncalli e pubblicato solo nel 2000, per volontà del B. Giovanni Paolo II, durante la beatificazione a Fatima dei due pastorelli, Giacinta e Francesco.
Il gesto compiuto da Papa Francesco è di primaria importanza per tutta la Chiesa. Anzitutto ci dice, con toni nuovi e peculiari, una cosa fondamentale: Fatima non è una pagina di storia che appartiene ormai al passato. Così sembrava quando, nella spiegazione della terza parte del segreto, nell’anno 2000, si disse che la visione della «città mezza in rovina», con tanti morti, tra cui vescovi, religiosi e religiose, riguardava il secolo XX, il secolo dei martiri. Qualcosa però cambiò quando nell’anno 2010 Papa Benedetto XVI si recò pellegrino a Fatima. Già in aereo ebbe modo di spiegare ai giornalisti che la Chiesa soffriva di un male unico nel suo genere: una crisi causata dal peccato nel suo interno. A ciò collegava i numerosi scandali della pedofilia, tenuti nascosti per anni e poi di fatto esplosi quasi di seguito, i quali, unitamente alla loro causa principale, la piaga dell’omossessualità clericale, rivestono una minaccia principale per la Chiesa. Papa Ratzinger vedeva, alla luce di Fatima, una «passione della Chiesa» e diceva ai giornalisti: «Quanto alle novità che possiamo oggi scoprire in questo messaggio, vi è anche il fatto che non solo da fuori vengono attacchi al Papa e alla Chiesa, ma le sofferenze della Chiesa vengono proprio dall’interno della Chiesa, dal peccato che esiste nella Chiesa. Anche questo si è sempre saputo, ma oggi lo vediamo in modo realmente terrificante: che la più grande persecuzione della Chiesa non viene dai nemici fuori, ma nasce dal peccato nella Chiesa e che la Chiesa quindi ha profondo bisogno di ri-imparare la penitenza, di accettare la purificazione, di imparare da una parte il perdono, ma anche la necessità della giustizia. Quella «città semidistrutta» attraverso le cui macerie passava un «Vescovo vestito di bianco» poteva aprirsi così ad altri significati, alla descrizione della Chiesa stessa nel suo intimo e indicare anche ad altri generi di morti. Una «passione» collegabile a monte alla perdita vistosa della fede, e tutto questo nella Chiesa, con tanta ilarità e ottimismo. Una grave crisi di fede collegabile poi a quelle parole che fanno da cerniera tra la seconda e la terza parte del segreto – stranamente seguite da un ecc. nelle Memorie di Lucia –: «… in Portogallo si conserverà il dogma della fede».
Nell’omelia del 13 maggio 2010 a Fatima, Papa Benedetto disse, rimettendo in gioco le parole pronunciate sul Messaggio di Fatima da Prefetto della Congregazione della Fede, ora con la libertà del Pontefice che vede tutta la Chiesa: «Si illuderebbe chi pensasse che la missione profetica di Fatima sia conclusa».
Infatti, ecco che un Papa venuto «dall’altro capo del mondo» consacra se stesso e il suo ministero alla Bianca Signora di Fatima. Giovanni Paolo II è stato il papa «Totus tuus», tutto di Maria, ma Papa Bergoglio vuole essere tutto di Nostra Signora di Fatima, annodando quindi a questo Messaggio celeste le sorti attuali e future della Chiesa.
Fatima è sempre un appello alla riparazione e all’instaurazione nel mondo della devozione al Cuore Immacolato di Maria unito alla profezia di quello che sarebbe accaduto se fossero state trascurate le parole della Madonna. Se ci fosse stata subito la consacrazione della Russia al suo Cuore Immacolato, la Madre di Dio avrebbe impedito che la rivoluzione comunista spargesse i suoi errori nel mondo, non ultimo una “dissacrazione del naturale” a cui stiamo oggi assistendo. Se la Chiesa intera, imitando il suo Pontefice, si consacra al suo Cuore, questo apre sicuramente una pagina nuova del trionfo del Cuore Immacolato di Maria, dove le macerie e le rovine, moniti ineludibili, si tramutano in sprone perché tutti diveniamo prelibati fiorellini d’amore che la Vergine colloca accanto al trono di Dio, come promise la Madonna a Lucia.
L’atto di consacrazione recitato dal Patriarca di Lisbona, davanti alla statua della Cappellina, diceva così:
«Siamo ai tuoi piedi, i Vescovi del Portogallo insieme a questa moltitudine di pellegrini, nel 96° anniversario della Tua Apparizione ai Pastorelli in questa Cova da Iria, per realizzare il desiderio di Papa Francesco, chiaramente manifestato, di consacrare a Te, Vergine di Fatima, il suo Ministero di Vescovo di Roma e Pastore universale. Perciò consacriamo a Te, o Signora, che sei Madre della Chiesa, il Ministero del nuovo Papa…».
Si parla di “consacrazione”. E questo è il secondo motivo della notevole importanza di questo atto pontificio. Sappiamo quanto il dibattito mariologico si è acceso e spesso inaridito intorno alla necessità di trovare un termine quasi alternativo a consacrazione, come ad esempio “affidamento”, onde riservare la parola consacrazione a Dio nel Battesimo. In realtà, la teologia con la categoria dell’analogia aveva già risposto, prima del Concilio Vaticano II a questo problema, mostrando che per via analogica, con una giusta proporzione, ci si può consacrare anche alla Madonna, perché Lei è nostra Madre e nostra Corredentrice, Madre della Chiesa. Ci auguriamo allora che si possa davvero superare il minimalismo della parola “affidamento” e parlare invece di “consacrazione” al Cuore Immacolato di Maria, come richiesto oltretutto dalla Madonna. De Maria numquam satis.
Infine, un terzo motivo per gioire immensamente di questo atto di Papa Francesco. Sempre nel testo della consacrazione, diffuso sul sito del Santuario di Fatima, in un passaggio leggiamo ancora:
«Le vie del rinnovamento della Chiesa ci conducono a riscoprire l’attualità del messaggio che hai dato ai Pastorelli, l’esigenza della conversione a Dio che è stato tanto offeso perché è stato tanto dimenticato».
Ancora una volta si è consci che la via che oggi la Chiesa deve imboccare è quella di Fatima: la sua profezia rimane aperta sul futuro. Dobbiamo evitare che facili entusiasmi o sentimentalismi ci portino facilmente a dimenticare Fatima per lasciare il campo a nuove rivelazioni private, addirittura indicate come prosecuzione dell’Appello di Nostra Signora nel 1917. Ma spesso si riscontra una sorta di alternativa pratica che si fa strada nella pietà dei fedeli, allentando la tensione spirituale su quella grande profezia dai toni apocalittici consegnata a tre umili pastorelli. La via del rinnovamento e della rinascita, dopo una «desertificazione spirituale», per dirla con Benedetto XVI nell’inaugurazione dell’Anno della Fede, passa di nuovo per Fatima, e solo di lì, per quella impareggiabile teologia della storia di cui il Messaggio è foriero. La Chiesa può rinascere se entra tutta intera, Pastori e fedeli, nel Cuore Immacolato di Maria, il giardino di Dio, il tabernacolo di Dio, quella città fortificata e mai distrutta, la Chiesa perfettissima, la Chiesa del compimento.
Il Messaggio di Fatima e Papa Francesco ci dicono che oggi, come nel secolo scorso, ci sono solo due vie: il Cuore Immacolato o la distruzione, l’inferno, una città ansimante.
Il Cuore Immacolato è la vera rinascita, il nostro rifugio e la via che ci conduce a Dio. È la via di Dio.
http://www.conciliovaticanosecondo.it/29 maggio 2013
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