di Domenico BONVEGNA
In Italia oltre alla crisi economica c’è un’altra crisi, è la rivoluzione demografica, che ha un preciso anno d’inizio 1975 e si conclude 25 anni dopo. Lo scrive Roberto Volpi nel suo libro La fine della famiglia, sottotitolo: la rivoluzione di cui non ci siamo accorti.
Libro pubblicato da Mondadori nel 2007. In questo periodo l’Italia ha perso 350 mila nascite annue, mentre il numero medio di figli della donna italiana nel corso della sua vita riproduttiva si è ridotto esattamente della metà, passando da 2,4 a 1,2. Ce ne siamo accorti? si chiede Volpi, forse si, forse no, indubbiamente ancora si fa fatica a prenderne coscienza. “Ancora oggi stentiamo a capire quali ricadute sociali comporti il fatto che i bambini siano diventati così pochi. Diciamo denatalità e il pensiero corre a qualcosa di tecnico, lontano dalle cose e dai problemi di tutti i giorni”. Eppure questo fenomeno ci tocca da vicino e non possiamo far finta di niente.
Non è la prima volta che sui giornali o in televisione si sente dire che in Italia non si fanno più figli, che i divorzi aumentano e che i giovani restano a casa dai genitori ben oltre i trent’anni. Ma tutto questo non fa scattare l’allarme, si pensa che l’archetipo familiare non viene intaccato, si pensa che ancora la nostra società è composta in grandissima maggioranza da famiglie tradizionali. Il professore Roberto Volpi dimostra che il Paese è completamente cambiato:“un quarto delle famiglie è formato da un solo individuo (single, divorziato, vedovo), quasi un altro quarto da coppie senza figli, e per il resto da una maggioranza di coppie con un unico foglio e da un numero crescente di famiglie con un solo genitore”.
La prova di questa dura realtà si può riscontrare soprattutto nelle nostre grandi città, basta frequentare qualche Ipermercato, o qualche mezzo pubblico. Si constata, almeno quelli che frequento, nelle poche carrozzine spesso ci sono bambini figli di extracomunitari. Volpi è uno statistico, presenta i freddi dati dell’Istat, che costituiscono la fonte principale del suo lavoro, traccia un ritratto davvero sconcertante della società italiana, che negli ultimi decenni è cambiata più di quanto noi crediamo.
Ma come mai siamo arrivati a questa vera e propria scomparsa della famiglia, dei bambini, delle coppie? Si Chiede Volpi. Quali sono le sue cause? Come mai la forza di questo mutamento non viene riconosciuta, nonostante sia stata fotografata senza possibilità di dubbio dai censimenti degli ultimi decenni?
E’ probabile che a questa rivoluzione abbia contribuito la legge sul divorzio e quella sull’aborto, ma il testo non è preciso in merito. Volpi nel testo non lo chiarisce ma ciò che ha generato il calo demografico, vero dramma per i Paesi europei e in particolare per l’Italia è stato il controllo delle nascite, attraverso la contraccezione e l’aborto. Alla base della crisi economica principalmente c’è il calo delle nascite.
Il libro di Volpi lancia un grido di d’allarme,“ perché la fine della famiglia italiana non è affatto un’eventualità improbabile e distante, ma molto vicina e attuale, e non possiamo più permetterci di ignorare una rivoluzione passata per troppo tempo inosservata”.
Tra i caratteri della mutazione della famiglia italiana secondo Volpi c’è la dissociazione crescente tra famiglia e figli. Per la prima volta nella storia dell’umanità, la famiglia, in quanto istituzione non tende necessariamente ai figli ma risulta, al contrario, da essi sempre più svincolata”. In pratica, in Italia si può fare famiglia, a prescindere dai figli, senza metterli al mondo. Certo questo accade per motivi economici, per la crescita dei costi di mantenimento di un bambino, per una totale mancanza di politiche familiari. Ma i problemi non sono solo questi secondo Volpi, ma il vero e più grande problema è un altro: “oggi non si fanno figli anche e forse soprattutto per la sopravvenuta trasformazione dei nostri modelli culturali. Per l’affievolirsi dell’istinto di sopravvivenza della specie, del senso della continuità biologica (…)”. Comunque sia un dato è certo e non può essere ignorato, la famiglia di oggi non ha più nel suo orizzonte i figli come obiettivo e completamento.
Tra i caratteri della mutazione della famiglia italiana secondo Volpi c’è la dissociazione crescente tra famiglia e figli. Per la prima volta nella storia dell’umanità, la famiglia, in quanto istituzione non tende necessariamente ai figli ma risulta, al contrario, da essi sempre più svincolata”. In pratica, in Italia si può fare famiglia, a prescindere dai figli, senza metterli al mondo. Certo questo accade per motivi economici, per la crescita dei costi di mantenimento di un bambino, per una totale mancanza di politiche familiari. Ma i problemi non sono solo questi secondo Volpi, ma il vero e più grande problema è un altro: “oggi non si fanno figli anche e forse soprattutto per la sopravvenuta trasformazione dei nostri modelli culturali. Per l’affievolirsi dell’istinto di sopravvivenza della specie, del senso della continuità biologica (…)”. Comunque sia un dato è certo e non può essere ignorato, la famiglia di oggi non ha più nel suo orizzonte i figli come obiettivo e completamento.
Un altra questione che il libro di Volpi affronta è la scomparsa della coppia. Una crisi di cui non si parla. Spesso si parla della crisi delle coppie già formate, ma non c’è solo questa, c’è la crisi“della coppia che non si forma. Gli italiani, e segnatamente i giovani, trovano crescenti difficoltà a mettersi insieme, a fare coppia, a mettere su famiglia”.
Volpi elenca i motivi per cui i giovani non fanno il passo in direzione della coppia, del matrimonio, della famiglia. Intanto perché vivono bene come e dove stanno; perché preferiscono il certo all’incerto del domani; perché temono le sicurezze.
Ormai è noto: i giovani italiani vivono in famiglia molto più a lungo di quanto non avvenga nell’Europa centrale e soprattutto settentrionale. Ai giovani d’oggi secondo Volpi, “non ci si azzarda quasi più a chiedere di costruire qualcosa di positivo che riguarda il loro futuro, le loro prospettive di vita, e si insiste invece sui pericoli sui pericoli sempre incombenti di cadere in qualcosa di negativo(…)Di un giovane che non combina nulla di buono fino a trent’anni si sente dire sempre più spesso che se non altro non si droga, se non altro non è delinquente”. Pertanto, il non combinare nulla passa in seconda linea rispetto al fatto che non si droga e non delinque.
Per Volpi questi giovani vivono in una specie di rete protettiva, sono sollevati da ogni vera e propria responsabilità (di studiare, di lavorare, di trovarsi una compagna/o, di mettere su famiglia, di contribuire alle spese). Paradossalmente i giovani d’oggi hanno smesso i panni degli eterni oppositori, dei contestatori per definizione dei padri, adesso indossano quelli concilianti e ragionevoli. Il professore Volpi definisce l’irresponsabilità dei figli d’oggi come una vera e propria dittatura strisciante dei figli sulla famiglia. Un fenomeno nuovo è l’allungamento dei tempi in famiglia da parte delle femmine rispetto ai maschi, tra l’altro queste mediamente si laureano in più alte proporzioni e in tempi più brevi.
Tuttavia se i figli lasciano casa e famiglia e per andare in un’altra casa appositamente approntata per loro dai loro genitori. “I genitori si caricano sulle spalle le responsabilità dei figli nella convinzione che sia giusto così o, se pure non arrivano a tanto, nella convinzione che, visto l’andazzo delle cose, del mercato del lavoro e di quello della casa, nonché della situazione economico-sociale-generale, delle leggi e della loro interpretazione e applicazione, non si possa fare altrimenti”.
In pratica i sacrosanti diritti dei bambini e dei minorenni, sono passati tout court e in modo del tutto automatico e improprio come diritti dei figli in quanto tali. Più avanti il libro ci dà conto che ormai hanno vinto i celibi e le nubili, è il vero cambiamento culturale, epocale. E a causa di questo trionfo “che ha portato la popolazione italiana a diventare campione del mondo per il tasso di fecondità totale e la proporzione di bambini nella popolazione: tanto bassi entrambi che non ce n’è praticamente l’uguale”.
Fonte: Cristiano Cattolico
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