giovedì 2 maggio 2013
NON SONO SOLO CANZONETTE…
don Antonio Ucciardo
Il Concertone del primo maggio è andato…Dovrebbe essere un momento di festa, di arte, di cultura. Lasciamo ad altri di definire fino a che punto si possa parlare di buona musica e fino a che punto di arte. Invece è diventato un carrozzone di ideologie morte e sepolte, l’epilogo di una pièce che viene riproposta, puntualmente, tra il 25 aprile e il primo maggio. Forse per convincerci che può entrare dalla finestra quello che il portone della storia ha respinto sulla strada del non senso, lastricata di milioni e milioni di vittime. Non entriamo neppure nel merito di certe letture della nostra storia tra il Regno e la Repubblica, sui partigiani, sulla lotta che divise gli animi ed oppose italiani a italiani. Ci rammarica che ancora si sfruttino le ideologie per dare un senso al nostro futuro. Soprattutto in questo tempo di crisi, nel quale la politica deve saper offrire ben altre risposte alle domande dei cittadini. Anche perché ci sembra che nessuno abbia posto alcuni quesiti. Una delle risposte prevalenti ad una domanda non formulata, è quella che vede nella Chiesa l’ostacolo principale allo sviluppo pieno dello Stato laico. La successiva è che occorre mostrare rispetto per le convinzioni di chi non ha fede o ne ha una in travaglio. Come se la chiarezza fosse una lama che rigiriamo nel cuore martoriato di chi è alla ricerca o di chi apprezza Cristo a prescindere da quanto Egli ha rivelato. Su questo si ha una convergenza tanto forte e massiccia che le larghe intese meramente politiche appaiono come pulviscolo.
Non è la prima volta che questo vento impetuoso si abbatte sulla fede dei cattolici. Normalmente, con spirito poco critico, assolviamo tutti. Ragazzate, nient’altro che ragazzate…Episodi, soltanto episodi…Ma di ragazzata in ragazzata e di episodio in episodio, si è finito per imporre un atteggiamento che finisce per estendere l’assoluzione anche alle idee o ai maestri. E così, alla fine, non si distingue più la manifestazione dal suo carico ideologico.
Non è nemmeno la prima volta che il concertone diventa la cassa di risonanza della rabbia contro la Chiesa. La bestemmia si erge come voce di dissacrazione di un intero sistema.
E’ successo anche quest’anno. Un gruppo musicale ha ostentato un preservativo. Chi lo teneva tra le mani ha detto: “questo è il modello che uso io, che toglie le malattie del mondo. Prendetene e usatene tutti. Fate questo, sentite a me”.
Poco importa che il direttore del festival si sia dissociato. Apprezzabile, certo. Ma la dissociazione è diventata, molto spesso, l’arma di difesa del complice. Fai pure, ché tanto mi dissocio!
Devono dissociarsi i maestri di così alto pensiero, coloro che scendono in piazza per reclamare i diritti di tutte le minoranze e il rispetto di tutti, cani compresi. I cattolici valgono ancora più dei cani! Se non valgono granché dal punto di vista dei numeri e della coesione, valgono ancora in termini di cultura. Si rassegnino: questo paese è nato ed è progredito grazie anche al nostro impegno.
Devono dissociarsi i cattolici adulti, sempre pronti a vedere la buona fede in tutti.
Devono dissociarsi coloro che hanno ancora a cuore l’appartenenza alla Chiesa. Non come ad un partito, ma come alla Madre che Cristo ha voluto donarci.
Ieri è stato profanato il cuore della nostra fede, quel mistero sublime che ci dà la salvezza e la vita. Non sono ragazzate. E’ una ragazzata, ma da adulti, fingere che non sia successo nulla o che sia successo qualcosa di circoscritto. E’ una ragazzata non alzare la voce con forza. E’ una ragazzata volere a tutti i costi il dialogo. La carità non può imporsi a discapito della verità e della giustizia. E quella forma di carità che è la politica, non può starsene inerme di fronti a certi fatti. C’è da giurare che molti cattolici impegnati in politica non se ne staranno con le mani in mano tra poco più di un mese, quando dovranno rivendicare i diritti civili per una minoranza. Non ci attendiamo che da loro venga la fermezza nel pretendere il rispetto della fede. Ci attendiamo, però, che questo urlo si alzi da chi ha ancora a cuore i diritti di Dio.
L'Osservatorio | 2 maggio 2013 di Don Antonio Ucciardo
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