di Angela Ambrogetti
Chissà come saranno in affanno coloro che dopo la elezione di Papa Francesco pensavano che le “idee ratzingeriane” sarebbero state spazzate via. Chissà che hanno pensato quando per tre quattro volte di seguito Bergoglio ha ripetuto che “ Trovare Gesù fuori della Chiesa non è possibile”, o che la tentazione è “ di cercare altre porte o altre finestre per entrare nel regno di Dio”, dove invece “si entra soltanto da quella porta che si chiama Gesù”, da quella porta che ci conduce su “una strada che si chiama Gesù e ci porta alla vita che si chiama Gesù. Tutti coloro che fanno un’altra cosa — dice il Signore — che salgono per entrare dalla finestra, sono “ladri e briganti”.
Sono i principi della Dichiarazione Dominus Iesus “Circa l’unicità e la universalità salvifica di Gesù Cristo e della Chiesa” che nel 2000 suscitò feroci critiche al Papa e all’allora Prefetto della dottrina della Fede Joseph Ratzinger che l’aveva firmata. Nelle omelie del mattino che ogni giorno conquistano spazio nei giornali Papa Francesco parla da parroco. Questo significa che molte delle letture “politiche” dei pensieri del Papa sono piuttosto forzate. In effetti nelle omelie che Bergoglio con parole semplici ed immagini popolari c’è soprattutto catechismo. Quello quotidiano che serve per formare le coscienze, piuttosto che indicare azioni di “governo”. Uno degli insegnamenti più belli è proprio quello sulla Chiesa e su Gesù.
Così il Papa spiega che “L’identità cristiana è un’appartenenza alla Chiesa, perché tutti questi (gli apostoli) appartenevano alla Chiesa, alla Chiesa Madre, perché trovare Gesù fuori della Chiesa non è possibile.” Nella Dominus Iesus si legge: “Deve essere fermamente creduto che la Chiesa è necessaria alla salvezza. Infatti solo Cristo è il mediatore e la via della salvezza". Papa Francesco poi spiega che cosa è la Chiesa: “Ma cosa è questa Chiesa? questa nostra Chiesa, perché sembra che non sia un’impresa umana, ma un’altra cosa”. La risposta è ancora una volta nel Vangelo, nel quale Gesù “ci dice una cosa che forse può illuminare questa domanda: “Chi crede in me, non crede in me ma crede in Colui che mi ha mandato””. Il giorno della festa di San Giorgio, suo patrono, il Papa ha celebrato la messa nella Cappella Paolina insieme ai cardinali presenti a Roma. Le parole che hanno concluso la sua riflessione sono illuminanti: “Avanti, portando il nome di Gesù nel seno della Santa Madre Chiesa, come diceva Sant’Ignazio, gerarchica e cattolica!”
Parole che magari a chi contestava la “Dominus Iesus” saranno sembrate stonate? Nella sua riflessione il Papa aveva spiegato cosa significa appartenere alla Chiesa, che è “più Madre, Madre di più figli, di molti figli: diventa Madre, Madre, Madre sempre di più, Madre che ci dà la fede, Madre che ci dà l’identità. Ma l’identità cristiana non è una carta d’identità. L’identità cristiana è un’appartenenza alla Chiesa, perché tutti questi appartenevano alla Chiesa, alla Chiesa Madre, perché trovare Gesù fuori della Chiesa non è possibile. Il grande Paolo VI diceva: è una dicotomia assurda voler vivere con Gesù senza la Chiesa, seguire Gesù fuori della Chiesa, amare Gesù senza la Chiesa . E quella Chiesa Madre che ci dà Gesù ci dà l’identità che non è soltanto un sigillo: è un’appartenenza. Identità significa appartenenza. L’appartenenza alla Chiesa: questo è bello!”
Non solo. La bellezza dell’ essere nella Chiesa porta alla forza della missionarietà, alla spinta evangelizzatrice. Il Vangelo va proclamato con entusiasmo ed energia. “Pensiamo alla Madre Chiesa che cresce- ha detto Papa Francesco- cresce con nuovi figli, ai quali dà l’identità della fede, perché non si può credere in Gesù senza la Chiesa. Lo disse Gesù stesso nel Vangelo: Ma voi non credete, perché non fate parte delle mie pecore (cfr Gv 10,26). Se non siamo “pecore di Gesù”, la fede non viene; è una fede all’acqua di rose, una fede senza sostanza.” Quando la Dominus Iesus venne presentata alla stampa nel settembre del 2000 relatore principale fu il cardinale Ratzinger. Fu accusato di voler cancellare ecumenismo e dialogo tra le religioni. Ma la dichiarazione fu sostenuta da Giovanni Paolo II che del dialogo, quello vero, fu profeta e testimone.
Il primo ottobre del 2000, all’Angelus, disse: “ La nostra confessione di Cristo come unico Figlio, mediante il quale noi stessi vediamo il volto del Padre (cfr Gv 14,8), non è arroganza che disprezza le altre religioni, ma gioiosa riconoscenza perché Cristo si è mostrato a noi senza alcun merito da parte nostra. Ed Egli, nello stesso tempo, ci ha impegnati a continuare a donare ciò che abbiamo ricevuto e anche a comunicare agli altri ciò che ci è stato donato, perché la Verità donata e l'Amore che è Dio appartengono a tutti gli uomini.”
É chiaro che Papa Francesco si muove nella linea dottrinale dei suoi predecessori usando un linguaggio semplice e pastorale, ma non intendendo assolutamente creare “rotture” con la tradizione del Magistero. Semmai il suo intento è quello di far risvegliare quell’assopimento delle coscienze che ci allontanano dall’amore di Dio. Un amore che Benedetto XVI ha descritto nella sua prima enciclica: Deus caritas est.
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