di Massimo Introvigne
Nella serata del 4 maggio Papa Francesco si è recato a Santa Maria Maggiore, dove ha voluto presiedere la recita pubblica del Rosario. Già nell’udienza generale del Primo maggio il Papa aveva richiamato «all’importanza e alla bellezza della preghiera del Santo Rosario», raccomandando in questo mese di maggio, il mese di Maria, di recitarlo «assieme in famiglia, con gli amici, in Parrocchia» anche per rendere «più salda la vita familiare».
Il Rosario ha un ruolo molto importante nella vita spirituale di Papa Bergoglio. Commemorando il beato Giovanni Paolo II (1920-2005) poco dopo la sua morte, nel 2005 l’allora cardinale Bergoglio raccontava come fosse stato proprio l’esempio di Papa Wojtyla, vent’anni prima, a determinarlo all’impegno, sempre mantenuto, di recitare ogni giorno quelli che allora erano i quindici misteri del Rosario (sarebbero diventati venti con l’introduzione dei misteri della Luce nel 2002). Il beato Giovanni Paolo II – raccontò nel 2005 Bergoglio alla rivista «Trenta giorni» – «stava davanti a tutti, in ginocchio. Il gruppo era numeroso; vedevo il Santo Padre di spalle e, a poco a poco, mi immersi nella preghiera. Non ero solo: pregavo in mezzo al popolo di Dio al quale appartenevamo io e tutti coloro che erano lì, guidati dal nostro Pastore. Nel mezzo della preghiera mi distrassi, guardando alla figura del Papa: la sua pietà, la sua devozione erano una testimonianza.
E il tempo sfumò, e cominciai a immaginarmi il giovane sacerdote, il seminarista, il poeta, l’operaio, il bambino di Wadowice… nella stessa posizione in cui si trovava in quel momento, pregando Ave Maria dopo Ave Maria. La sua testimonianza mi colpì. Sentii che quell’uomo, scelto per guidare la Chiesa, ripercorreva un cammino fino alla sua Madre del cielo, un cammino iniziato fin dalla sua infanzia. E mi resi conto della densità che avevano le parole della Madre di Guadalupe a san Juan Diego [ca. 1474-1548]: “Non temere, non sono forse tua madre?”. Compresi la presenza di Maria nella vita del Papa. La testimonianza non si è persa in un istante. Da quella volta recito ogni giorno i quindici misteri del Rosario».
A Santa Maria Maggiore il Pontefice ha meditato sul titolo con cui Maria da secoli è invocata a Roma: «Salus Populi Romani». «Salus» significa sia salute sia salvezza, e il titolo indica che «Maria ci dona la salute», anzi «è la nostra salute». Ma che cosa significa in concreto dire che «la Madonna custodisce la nostra salute»? Papa Francesco ha evocato «tre aspetti: ci aiuta a crescere, ad affrontare la vita, a essere liberi».
Anzitutto, «una mamma aiuta i figli a crescere e vuole che crescano bene; per questo li educa a non cedere alla pigrizia – che deriva anche da un certo benessere –, a non adagiarsi in una vita comoda che si accontenta di avere solo delle cose». Crescere vuol dire diventare «forti, capaci di prendersi responsabilità, di impegnarsi nella vita, di tendere a grandi ideali». E la Vergine Maria «fa proprio questo con noi, ci aiuta a crescere umanamente e nella fede, a essere forti e non cedere alla tentazione dell’essere uomini e cristiani in modo superficiale, ma a vivere con responsabilità, a tendere sempre più in alto».
In secondo luogo, la Madonna ci educa «ad affrontare le difficoltà della vita. Non si educa, non si cura la salute evitando i problemi, come se la vita fosse un’autostrada senza ostacoli. La mamma aiuta i figli a guardare con realismo i problemi della vita e a non perdersi in essi, ma ad affrontarli con coraggio, a non essere deboli, e a saperli superare, in un sano equilibrio che una madre “sente” tra gli ambiti di sicurezza e le zone di rischio». Sono parole oggi poco di moda, ma va sempre ricordato che «una vita senza sfide non esiste e un ragazzo o una ragazza che non sa affrontarle mettendosi in gioco, è senza spina dorsale!».
Ma non siamo soli. Maria «ci è vicina, perché non perdiamo mai il coraggio di fronte alle avversità della vita, di fronte alla nostra debolezza, di fronte ai nostri peccati: ci dà forza, ci indica il cammino di suo Figlio». Quando dalla croce affida san Giovanni, in cui «tutti siamo rappresentati», a Maria, «il Signore ci affida nelle mani piene di amore e di tenerezza della Madre, perché sentiamo il suo sostegno nell’affrontare e vincere le difficoltà del nostro cammino umano e cristiano».
Terzo aspetto: «una buona mamma non solo accompagna i figli nella crescita, non evitando i problemi, le sfide della vita; una buona mamma aiuta anche a prendere le decisioni definitive con libertà». Oggi, però, non è più chiaro «cosa significa libertà». «Non è certo – spiega il Papa – fare tutto ciò che si vuole, lasciarsi dominare dalle passioni, passare da un’esperienza all’altra senza discernimento, seguire le mode del tempo; libertà non significa, per così dire, buttare tutto ciò che non piace dalla finestra. La libertà ci è donata perché sappiamo fare scelte buone nella vita!».
Maria ci educa non solo a fare scelte buone ma «scelte definitive», precisamente quelle scelte di cui noi oggi abbiamo paura. «Quanto è difficile, nel nostro tempo – ha detto il Pontefice – prendere decisioni definitive! Ci seduce il provvisorio. Siamo vittime di una tendenza che ci spinge alla provvisorietà… come se desiderassimo rimanere adolescenti per tutta la vita!».
Invece, non dovremmo avere paura «degli impegni definitivi, degli impegni che coinvolgono e interessano tutta la vita». Questi impegni oggi riguardano spesso, precisamente, la vita. «Tutta l’esistenza di Maria è un inno alla vita, un inno di amore alla vita»: «vita fisica e spirituale». In queste parole c’è un’eco dei «Rosari per la vita» che il cardinale Bergoglio promuoveva a Buenos Aires come pubblica preghiera contro l’aborto.
Il rifiuto della libertà e della vita non viene solo dalla cultura dominante. Si tratta di «tentazioni» che in ultima analisi vengono dal demonio. Nell’omelia mattutina a Santa Marta del 4 maggio, Papa Francesco aveva appena ricordato che se seguiamo Gesù «una delle conseguenze di questo è l’odio, è l’odio del mondo, e anche del principe di questo mondo. Il mondo amerebbe ciò che è suo». Ma Gesù «con la sua morte, con la sua resurrezione, ci ha riscattati dal potere del mondo, dal potere del diavolo, dal potere del principe di questo mondo. E l’origine dell’odio è questa: siamo salvati. E quel principe che non vuole, che non vuole che noi siamo stati salvati, odia».
Come difendersi allora «da queste seduzioni, da questi fuochi d’artificio che fa il principe di questo mondo?». Il Papa risponde raccomandando di non cominciare a «dialogare» con il diavolo, che «con le lusinghe ci ammorbidisce» così che alla fine «cadiamo nella trappola». «Con il principe di questo mondo non si può dialogare: e questo sia chiaro! […] Con quel principe non si può dialogare: soltanto rispondere con la Parola di Dio che ci difende, perché il mondo ci odia».
La nuova Bussola Quotidiana 05-05-2013
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