di Giannicola
D'Amico
Sta per chiudersi il breve Carnevale di questo
anno 2013, e la Quaresima si avvicina con le sue promesse di primavera.
Un tempo il “licet insanire” veniva
appositamente celebrato “semel in anno” nei riti conclusivi del Carnevale:
occasione di breve impazzimento cui seguiva un periodo di generale serietà,
anche civile, strettamente collegato al tempo di Penitenza che la Quaresima
imponeva.
Oggi, che l’impazzimento è generalizzato e dura
tutto l’anno, la differenza fra Carnevale e altri periodi dell’anno è talmente
sfumata – complici anche i media - da passare pressoché inosservata.
Tralasciando le norme sul digiuno e sull’astinenza,
preme sottolineare come, almeno in campo liturgico-musicale, si possa recuperare
qualche dato qualificante del tempo penitenziale, che va di pari passo con
l’adozione di un determinato colore
liturgico o con la velazione
delle immagini, ovvero quel digiuno anche sensoriale che veniva
proposto dalla Chiesa in Quaresima, e che sarebbe vivamente opportuno
ripristinare, in un mondo in cui il digiuno fisico lo si prevede solo in caso di
“dieta dimagrante”.
Quando le norme liturgiche erano maggiormente
osservate, era un fatto assodato che in tempo di Quaresima si potesse
usare l’organo solo e soltanto per
accompagnare i canti, quindi ne era bandito, durante la liturgia,
l’uso solistico.
L’organista scrupoloso si asteneva pure
dall’accompagnare, ancorchè sommessamente, l’Elevazione con il solo suono dello
strumento.
La sera del Giovedì Santo si inchiavardava lo
strumento, non soltanto in senso simbolico, ma perchè non fosse venuto in testa
a qualche scriteriato di suonare durante i riti della Passione e fino
all’annunzio della Resurrezione.
Oggi queste accortezze, che sarebbero pure
ancora consigliate dalle norme liturgiche, non sono più sentite ordinariamente,
dimodochè il servizio musicale viene prestato durante le settimane quaresimali e
anche durante la Settimana Santa, né più e né meno di come lo si concepisca per
il Natale, per la Pentecoste o per la festa patronale, salvo l’utilizzo di canti
adatti (ove pure non sussista il deprecabile malvezzo dei canti
passepartout).
Ripristinare il puro canto “a cappella” nelle comuni
Parrocchie sarebbe forse un eccesso di zelo e, al momento, un sacrificio troppo
oneroso, per quanto le Cattedrali potrebbero fare un passo in tal senso, però un
segno di “astinenza” dalla comune prassi sarebbe bene che fosse offerto al
Popolo di Dio, da parte dei pastori e dei musicisti.
Considerato che in molte parrocchie è stato,
negli ultimi decenni, affiancato all’organo (o a qualche suo surrogato) il suono
di altri strumenti, sarebbe sufficiente che nel periodo compreso fra il
Mercoledì delle Ceneri e la domenica di Pasqua, ci si astenga dall’uso di tali
strumenti.
Allontanare
almeno temporaneamente dalla liturgia le chitarre, i fiati, le percussioni o
altro strumentario che, a vario titolo, è stato progressivamente
inserito nella prassi liturgica delle nostre chiese, sarebbe un gesto di
equilibrato buon senso liturgico.
Con l’occasione si dovrebbe cercare di curare
maggiormente l’uso dell’accompagnamento organistico e, magari, ripristinare l’uso di qualche antica melodia gregoriana o
post-gregoriana che un tempo caratterizzava il tempo di
Quaresima: brani semplici o semplicissimi che anche il nostro popolo intonava
senza soverchia difficoltà.
Magari con qualche breve catechesi circa
l’adozione di questo repertorio, condita delle traduzioni del testo latino, per
propiziarne la comprensione: un momento di meditazione e formazione in questo
senso, sarebbe d’auspicio a recuperare alcuni “fondamentali” del servizio
musicale.
Si potrebbe aiutare a comprendere, così,
cominciando dai pastori e dai musicisti, per finire ai semplici fedeli, che
il servizio musicale alla Liturgia non è
intrattenimento puro e semplice, ma è sottoposto a delle norme
precise, come lo è l’uso di determinati colori dei paramenti o l’adozione di
certe letture del Nuovo e dell’Antico Testamento in luogo di altre.
Ricominceremmo così, almeno “semel in anno”, a
rinsavire.
Scuola ecclesia mater
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