Il Papa: il Vescovo dev’essere valoroso. E tale valore o fortezza non consiste nel colpire con violenza, nell’aggressività, ma nel lasciarsi colpire e nel tenere testa ai criteri delle opinioni dominanti. Il coraggio di restare fermamente con la verità è inevitabilmente richiesto a coloro che il Signore manda come agnelli in mezzo ai lupi
L’Epifania è la
manifestazione “della bontà di Dio e del suo amore per gli uomini”: è
quanto ha affermato il Papa nella Messa da lui presieduta nella Basilica
di San Pietro per l’odierna solennità. Durante il rito, l’ordinazione di quattro
nuovi vescovi: mons. Georg Gänswein, segretario particolare di Benedetto XVI e
prefetto della Casa Pontificia, mons. Vincenzo Zani, segretario della
Congregazione per l’Educazione Cattolica, e i nunzi apostolici mons. Fortunatus
Nwachukwu e mons. Nicolas Thevenin.
Nell’omelia, il Papa invita
i vescovi ad imitare i Magi, uomini in cammino verso l’ignoto, “uomini spinti
dalla ricerca inquieta di Dio e della salvezza del mondo” che “non si
accontentavano del loro reddito assicurato e della loro posizione sociale forse
considerevole. Erano alla ricerca della realtà più grande. Erano forse uomini
dotti che avevano una grande conoscenza degli astri e probabilmente disponevano
anche di una formazione filosofica. Ma non volevano soltanto sapere tante cose.
Volevano sapere soprattutto la cosa essenziale. Volevano sapere come si possa
riuscire ad essere persona umana. E per questo volevano sapere se Dio esista,
dove e come Egli sia. Se Egli si curi di noi e come noi possiamo incontrarlo.
Volevano non soltanto sapere. Volevano riconoscere la verità su di noi, e su Dio
e il mondo. Il loro pellegrinaggio esteriore era espressione del loro essere
interiormente in cammino, dell’interiore pellegrinaggio del loro cuore. Erano
uomini che cercavano Dio e, in definitiva, erano in cammino verso di Lui. Erano
ricercatori di Dio”.
Così il vescovo – sottolinea
- deve essere soprattutto “un uomo il cui interesse è rivolto verso Dio, perché
solo allora egli si interessa veramente anche degli uomini”. Quindi, “un vescovo
dev’essere un uomo a cui gli uomini stanno a cuore, che è toccato dalle vicende
degli uomini. Dev’essere un uomo per gli altri. Ma può esserlo veramente
soltanto se è un uomo conquistato da Dio. Se per lui l’inquietudine verso Dio è
diventata un’inquietudine per la sua creatura, l’uomo. Come i Magi d’Oriente,
anche un vescovo non dev’essere uno che esercita solamente il suo mestiere e non
vuole altro. No, egli dev’essere preso dall’inquietudine di Dio per gli uomini”.
Così, “l’inquietudine dell’uomo verso Dio e, a partire da essa, l’inquietudine
di Dio verso l’uomo devono non dar pace al Vescovo”. In questo pellegrinaggio
verso il vero Re del mondo e verso la sua promessa di giustizia, di verità e di
amore “il vescovo deve precedere, dev’essere colui che indica agli uomini la
strada verso la fede, la speranza e l’amore”.
In questo cammino – prosegue
il Papa - la preghiera è fondamentale: “la preghiera vuole strapparci alla
nostra falsa comodità, al nostro essere chiusi nelle realtà materiali, visibili
e trasmetterci l’inquietudine verso Dio, rendendoci proprio così anche aperti e
inquieti gli uni per gli altri. Il vescovo, come pellegrino di Dio, dev’essere
soprattutto un uomo che prega. Deve vivere in un permanente contatto interiore
con Dio”.
Il Papa dei Magi sottolinea
in particolare il coraggio e l’umiltà della fede: “Ci voleva del coraggio per
accogliere il segno della stella come un ordine di partire, per uscire – verso
l’ignoto, l’incerto, su vie sulle quali c’erano molteplici pericoli in agguato.
Possiamo immaginare che la decisione di questi uomini abbia suscitato derisione:
la beffa dei realisti che potevano soltanto deridere le fantasticherie di questi
uomini. Chi partiva su promesse così incerte, rischiando tutto, poteva apparire
soltanto ridicolo. Ma per questi uomini toccati interiormente da Dio, la via
secondo le indicazioni divine era più importante dell’opinione della gente. La
ricerca della verità era per loro più importante della derisione del mondo,
apparentemente intelligente”.
Su questa scia, Benedetto
XVI traccia il compito del vescovo nel nostro tempo: “L’umiltà della fede, del
credere insieme con la fede della Chiesa di tutti i tempi, si troverà
ripetutamente in conflitto con l’intelligenza dominante di coloro che si
attengono a ciò che apparentemente è sicuro. Chi vive e annuncia la fede della
Chiesa, in molti punti non è conforme alle opinioni dominanti proprio anche nel
nostro tempo. L’agnosticismo oggi largamente imperante ha i suoi dogmi ed è
estremamente intollerante nei confronti di tutto ciò che lo mette in questione e
mette in questione i suoi criteri. Perciò, il coraggio di contraddire gli
orientamenti dominanti è oggi particolarmente pressante per un Vescovo. Egli
dev’essere valoroso. E tale valore o fortezza non consiste nel colpire con
violenza, nell’aggressività, ma nel lasciarsi colpire e nel tenere testa ai
criteri delle opinioni dominanti. Il coraggio di restare fermamente con la
verità è inevitabilmente richiesto a coloro che il Signore manda come agnelli in
mezzo ai lupi. “Chi teme il Signore non ha paura di nulla”, dice il Siracide
(34,16). Il timore di Dio libera dal timore degli uomini. Rende
liberi!”.
Come gli apostoli – ha
proseguito il Papa – così i vescovi, loro successori, “devono attendersi di
essere ripetutamente percossi, in maniera moderna, se non cessano di annunciare
in modo udibile e comprensibile il Vangelo di Gesù Cristo. E allora possono
essere lieti di essere stati giudicati degni di subire oltraggi per
Lui.
Naturalmente vogliamo, come
gli apostoli, convincere la gente e, in questo senso, ottenerne l’approvazione.
Naturalmente non provochiamo, ma tutt’al contrario invitiamo tutti ad entrare
nella gioia della verità che indica la strada. L’approvazione delle opinioni
dominanti, però, non è il criterio a cui ci sottomettiamo. Il criterio è Lui
stesso: il Signore. Se difendiamo la sua causa, conquisteremo, grazie a Dio,
sempre di nuovo persone per la via del Vangelo. Ma inevitabilmente saremo anche
percossi da coloro che, con la loro vita, sono in contrasto col Vangelo, e
allora possiamo essere grati di essere giudicati degni di partecipare alla
Passione di Cristo”.
“I Magi – conclude il Papa -
hanno seguito la stella, e così sono giunti fino a Gesù, alla grande Luce che
illumina ogni uomo che viene in questo mondo (cfr Gv 1,9). Come pellegrini della
fede, i Magi sono diventati essi stessi stelle che brillano nel cielo della
storia e ci indicano la strada”. Così, anche i vescovi, se vivranno con Cristo,
diventeranno “astri che precedono gli uomini e indicano loro la via giusta della
vita”.
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