Mi scrive un giovanissimo lettore (15
anni!) attento alla liturgia. Vi riporto un estratto del suo messaggio che mi ha
fatto sorridere:
.... ero a messa a Tutti i santi in una parrocchia che non è la mia e ho visto che il prete teneva sull'altare il calice nascosto sotto un tovagliolo bianco. Finita la messa ha sistemato il calice di nuovo sotto il tovagliolo. Mi sa dire se è una cosa normale e quale significato ha questa cerimonia che non avevo mai visto?....
E' alquanto divertente costatare come questo
giovane e attento ministrante (i chierichetti notano ogni particolare "strano"
delle liturgie...non lo sapevate?) descriva ciò che dovrebbe essere
assolutamente comune, e invece è talmente raro da fargli dubitare della
"normalità" di quanto visto.
Coprire il calice con un "velo" (non con un
tovagliolo.... non si chiama tovagliolo neanche quello che il sacerdote usa per
purificare il calice - detto appunto: purificatoio - e non si dica
tovagliolo nemmeno quello che si usa per asciugare le mani dopo il lavabo - si
chiama manutergio), dunque: coprire il calice con il velo non è una
prassi stravagante, né tantomeno pre-conciliare. No. E' lecita e addirittura
raccomandata nel rito ordinario.
Anzi, sarebbe prescritto al numero 118
dell'Ordinamento Generale del Messale Romano in vigore
oggigiorno:Il calice sia lodevolmente ricoperto da un velo, che può essere o del colore del giorno o bianco.
Calix laudabiliter cooperiatur velo, quod potest esse aut coloris diei aut coloris albi.
Attenzione: non si dice "può essere coperto
oppure no", ma "sia ricoperto". Qualcuno ritiene che vada inteso come
facoltativo solo perché c'è un "lodevolmente" di mezzo. Ma come la mettiamo con
il numero immediatamente precedente, 117, che prescrive "L’altare sia ricoperto
da almeno una tovaglia bianca" (Altare una saltem tobalea albi coloris
cooperiatur)? Forse si dubita che "almeno" una tovaglia che copra l'altare
voglia dire che ce ne sia "almeno" una invece che nessuna? Come mai, allora, lo
stesso identico termine latino, ha due intepretazioni diverse?
A parer mio entra in gioco quella che si chiama
"forza dell'abitudine". Le rubriche e ciò che dicono vengono tralasciate e
nemmeno ci si accorge di ciò che invece sarebbe previsto. Tanto tutti fanno così
(e il nostro chierichetto viene colpito dalla "novità" di "nascondere" il calice
sotto il velo!).
Il senso di questa pratica è dato dallo stesso
nome "velo". Si compre, in un certo senso si "cela" il mistero e tutto ciò che
ha a che fare con esso. Pensiamo anche ad altri veli liturgici, come il "velo
omerale" utilizzato per la benedizione eucaristica, o il velo che si pone
davanti al tabernacolo... Questo è il modo "liturgico" di esprimere in gesti e
atti ciò che è sentito come sacro. "I sacri misteri" vanno "rivelati" (appunto
"svelati") nel momento in cui si celebrano. Ecco perché quando sono usciti i
catecumeni (che anticamente partecipavano solo alla prima parte della Messa), si
svela il calice e lo si porta sull'altare davanti ai fedeli.
Nel rito Armeno, addirittura, il velo lo usa anche il diacono che regge l'evangeliario, oltre che per coprire il calice e la patena (vedi foto).
Nel rito Armeno, addirittura, il velo lo usa anche il diacono che regge l'evangeliario, oltre che per coprire il calice e la patena (vedi foto).
In Oriente questa pratica non è
mai venuta meno, perché non è tramontata la mentalità simbolica. In
Occidente, purtroppo, la secolarizzazione ha eroso il senso del sacro e del
mistero che si va dis-velando nella liturgia. Pertanto il calice, la patena,
il corporale ecc.. sono stati recentemente tutti "ridotti" alla loro
funzionalità pratica, trascurando (o a volte combattendo) il loro ricco
significato simbolico. Un bicchiere e un piattino dove metto
pane e vino non hanno bisogno di particolare riguardo. Ma "questo
prezioso calice" in cui deve essere contenuto il Sangue di Cristo nostro Dio, oh
questo sì che ha "lodevolmente" diritto ad essere circondato di devozione e
rispetto, i quali si manifestano, praticamente, anche nell'uso di velare il
calice (e di usare la palla per coprire il contenuto del calice).
Papa Benedetto, come sempre, ci dà il buon
esempio (vd sopra una foto della celebrazione del 3 novembre 2012 in suffragio dei
papi e cardinali defunti: il diacono, all'inizio della preparazione dei doni,
sta scoprendo il calice).
Altre considerazioni
su questo tema, le potete trovare a quest'altro post.
Per quanti ritengono che queste "quisquilie"
non siano degne di nota, faccio presente che la liturgia è in realtà come una
cipolla: strato poco importante dopo strato poco importante, si finisce per
eliminare tutto e rimanere con nulla in mano. La regola di ogni sacramento è:
causare un effetto spirituale per mezzo di ciò che viene significato con segni
materiali. Tolti i segni, si rischia di perdere anche l'efficacia
spirituale....
Testo preso da: Il velo del calice e il senso del sacro http://www.cantualeantonianum.com/2012/11/il-velo-del-calice-e-il-senso-del-sacro.html#ixzz2BWSnlEdt
http://www.cantualeantonianum.com
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