lunedì 27 novembre 2023

Il Papa: «Via casa e stipendio al cardinale Burke»



Fonti vaticane alla Bussola: l’annuncio fatto ai Capi Dicastero della Curia Romana, Burke definito un «nemico». Il cardinale non ha ancora ricevuto un atto formale, ma i precedenti inducono a pensare che non sia solo una minaccia, che già sarebbe comunque grave.




 Riccardo Cascioli27-11-2023 

«Il cardinale Burke è un mio nemico, perciò gli tolgo l’appartamento e lo stipendio». È quanto avrebbe detto papa Francesco nella riunione con i Capi Dicastero della Curia Romana lo scorso 20 novembre e che una fonte vaticana ha rivelato alla Bussola. L’indiscrezione ci è stata poi confermata da altre fonti. Da quanto ci risulta il cardinale Raymond L. Burke, attualmente negli Stati Uniti, non ha ricevuto ancora un atto formale che confermi le parole del Papa, tuttavia visti i precedenti – da ultimo il caso di monsignor Georg Ganswein, ex segretario personale di papa Benedetto XVI – ci sono pochi dubbi che alle parole seguano i fatti. Né sarebbe un ostacolo la difficoltà a giustificare canonicamente una misura del genere, visto il disprezzo per le leggi della Chiesa dimostrato da papa Francesco anche in occasione della rimozione dei vescovi dalle loro diocesi (vedi qui).

La presunta inimicizia del cardinale Burke è diventata nei tempi recenti una vera ossessione per papa Francesco, ma in realtà il porporato americano è nel mirino fin dall’inizio del pontificato, probabilmente perché racchiude in sé alcuni degli elementi che più lo infastidiscono: è statunitense e rappresenta un costante richiamo alla dottrina e alla Tradizione della Chiesa; e in più risiede a Roma, a due passi da piazza san Pietro, da dove – penserà il Papa – può “tramare” contro di lui.

Certo, Burke ha criticato molto chiaramente il concetto di sinodalità, che è diventato ormai un mantra che intende cambiare la natura della Chiesa, e al convegno “La Babele sinodale” dello scorso 3 ottobre, organizzato a Roma dalla Bussola proprio alla vigilia dell’apertura del Sinodo sulla sinodalità, avevano fatto molto rumore le sue argomentazioni e la polemica diretta con il nuovo prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede, Victor “Tucho” Fernández, che aveva dato dell’eretico e scismatico al cardinale Burke e a quanti chiedono al Papa di «salvaguardare e promuovere il depositum fidei».

Del resto, richiamare il Papa al suo compito è parte del dovere dei cardinali e lo stesso Francesco ha più volte incoraggiato (a parole) la parresìa. E il cardinale Burke ha sempre respinto con forza l’etichetta di “nemico del Papa” che gli hanno voluto appiccicare fin dall’inizio del pontificato, soprattutto da quando ha criticato la posizione del cardinale Walter Kasper che, in preparazione del Sinodo sulla famiglia del 2014, ha esplicitamente invocato l’accesso alla comunione per i divorziati risposati. Burke era in buona compagnia, eppure soprattutto su di lui si è concentrata una vera e propria campagna di demonizzazione, dipinto come il regista di trame occulte contro Papa Francesco (qui la lunga intervista alla Bussola in cui Burke nega tali accuse e spiega il suo rapporto con il Papa).

Già prima comunque, nel dicembre 2013, il Papa aveva provveduto a rimuoverlo da membro della Congregazione dei vescovi, sostituendolo con il cardinale Donald Wuerl, decisamente liberal e, guarda caso, legato all’ex cardinale abusatore seriale Theodore McCarrick. E dopo la partecipazione al libro “Permanere nella verità di Cristo” (che vedeva anche i contributi dei cardinali Caffarra, Brandmüller, Müller e De Paolis) Burke, che è un valente canonista, viene rimosso nel novembre 2014 anche dalla carica di prefetto della Segnatura apostolica a cui era stato chiamato da Benedetto XVI nel 2008. Gli viene invece affidata la carica di Patrono del Sovrano Ordine di Malta, incarico di secondo piano per un cardinale ancora giovane e in attività. Eppure, dopo la firma dei Dubia a seguito della Esortazione post-sinodale Amoris Laetitia (2016), continua la “rappresaglia” contro il cardinale Burke che, nel 2017 viene esautorato di fatto dal suo incarico di Patrono dell’Ordine di Malta (ma lasciandogli l’incarico formale), con la nomina di un delegato speciale del Papa: prima il cardinale Becciu e poi nel 2020 il cardinale Tomasi. Pur non avendo avuto più contatti con i membri dell’Ordine e nessun ruolo in tutto il travagliato rinnovo degli Statuti, il cardinale Burke si è formalmente dimesso a giugno di quest’anno, al compimento dei fatidici 75 anni, e immediatamente sostituito dall’81enne cardinale Ghirlanda: tanto per aggiungere scherno a scherno.

Nel frattempo però in questi ultimi anni papa Francesco non ha mai perso l’occasione di lanciare frecciatine personali al cardinale Burke, raggiungendo il culmine con la infelice (per usare un eufemismo) battuta pronunciata mentre il cardinale Burke lottava tra la vita e la morte a causa del Covid. Il motivo del contendere era il vaccino, «atto d’amore» per il Papa, rifiutato invece da Burke per motivi etici: «Anche nel Collegio cardinalizio ci sono alcuni negazionisti – aveva detto il Papa con un sorriso soddisfatto nella conferenza stampa in aereo, di ritorno dal viaggio in Ungheria e Slovacchia il 15 settembre 2021 – e uno di questi, poveretto, è ricoverato col virus».

La seconda tornata di Dubia, presentati lo scorso luglio insieme ai cardinali Brandmüller, Sarah, Zen e Sandoval, ma resi noti soltanto il 2 ottobre scorso, avrà senz’altro irritato ancor più il Papa che, dopo la morte di Benedetto XVI lo scorso gennaio, pare aver mollato i freni inibitori. Così il nuovo prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede, Fernández, ha potuto prendere di mira personalmente il cardinale Burke nella già citata intervista al National Catholic Register in settembre in quello che, a posteriori, può essere considerato un avvertimento.

E ora eccoci alla decisione annunciata dal Papa di colpire direttamente il cardinale Burke, togliendogli appartamento e stipendio, un provvedimento grave e inaudito, in barba a qualsiasi principio legale ed ecclesiale. Si può pensare che il vero scopo sia allontanare Burke da Roma, indebolendo il campo di chi resiste alla rivoluzione in atto, nell’approssimarsi di un Conclave, ma è anche un avvertimento per chi lavora nella Curia Romana. Fatto sta che la fine di questo pontificato somiglia sempre più nei metodi a una dittatura sudamericana.




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