Don Federico di San Michele
Qualche anno fa un novello sacerdote, trovandosi a Roma per delle faccende, visitando la basilica di Santa Maria Maggiore ed essendo presto per il suo appuntamento, pensò bene di fermarsi ad ascoltare una Messa nella cappella della SALUS POPULI ROMANI, che iniziava proprio in quel momento. “Una Messa in più non può che far bene” pensò, si fermò in cappella, assistette alla celebrazione, si comunicò in ginocchio come era solito fare anche da diacono, sotto lo sguardo incuriosito di tanti che ormai aveva imparato ad ignorare, e si fermò dopo per un doveroso ringraziamento.
Poteva sembrare tutto come al solito, nulla sembrava presagire quel che di lì a poco sarebbe successo: uscendo dalla cappella, l’occhio cadde all’altare della culla della natività di Nostro Signore – che, nella basilica in questione, è più in basso rispetto alla navata centrale – e lì era in corso un’altra liturgia, una liturgia strana! “Oh, usano il latino, come in certe Messe pontificali” notò il sacerdote, ma non era solo questione di lingua; la posizione, i gesti, i movimenti del sacerdote, lo stare in ginocchio da parte dei fedeli, il capo velato delle donne i lunghi e profondi momenti di silenzio, che facevano percepire in modo chiaro e immediato il senso del sacro e la presenza di Dio, non erano paragonabili a nessun’altra celebrazione del Santo Sacrificio a cui aveva assistito in passato. Si ritrovò in ginocchio senza quasi neanche rendersene conto, e anche dopo che la Messa era finita, rialzarsi in piedi sembrava strano, come ad interrompere quel clima di comunione con Dio che si era instaurato; avrebbe voluto chiedere al prete, che tornava in sagrestia, da dove venissero e che rito seguissero, ma il volto del ministro sacro ancora rapito in contemplazione per ciò che aveva vissuto all’altare lo fece desistere dall’interrompere quella preghiera, che sembrava perdurare ancora e ancora.
Alla fine la risposta arrivò: aveva partecipato,senza rendersene conto, alla sua prima Messa tridentina, la Messa di sempre, la Messa che lui, essendo nato negli anni ’70, non aveva mai visto! Un pensiero di gioia e insieme di amarezza lo invase in un attimo, gioia per ciò che aveva vissuto, amarezza all’idea che per 30 anni era stato privato di qualcosa che una volta tutti avevano a piena disposizione, qualcosa che gli era stato tolto non per scelta propria ma per azione di qualcun altro – perché se avesse potuto scegliere, non aveva dubbi su quale sarebbe stata la sua scelta! Non era questione di estetica né tantomeno di semplice tradizionalismo, era proprio che si esprimeva in modo chiaro e palese il senso del sacro, che serve a nutrire i fedeli e ad elevare l’anima alla mèta della propria eternità.
Quel sacerdote ero io, novello ordinato!
Son passati diversi anni da quel giorno in cui Dio mi ha fatto questo dono, di cui non mi basterà l’eternità per ringraziarLo. Preghiamo che questa esperienza possa arrivare per tanti sacerdoti, laici, consacrati, affinché la liturgia che esprime appieno il senso della cattolicità possa essere conosciuta, amata e diffusa in ogni luogo, per la gloria di Dio e per il bene delle anime!
fonte: Radio Spada
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