3 novembre 2024
Tratto da: Fulton J. Sheen, da “Il Calvario e la Messa”, opera all’interno del libro “Signore, insegnaci a pregare” edizioni Ares
La Sua Crocifissione non era intesa come una tragedia da cui trarre ispirazione, ma come un’azione su cui modellare le nostre vite. Non si tratta di sedersi e guardare la croce come qualcosa che ormai è archiviato, come se fosse la vita di Socrate; al contrario, ciò che è avvenuto sul Calvario ci reca beneficio solo nella misura in cui lo ripetiamo nelle nostre vite. La Messa lo rende possibile, poiché rinnovando il Calvario sui nostri altari, non siamo spettatori, ma partecipiamo alla redenzione ed è lì che «compiamo» la nostra opera. Egli ci ha detto: «Quando sarò innalzato da terra attirerò tutti a me» (Gv 12,32). Lui ha compiuto la sua opera quando è stato innalzato sulla croce, noi compiamo la nostra quando lasciamo che ci attiri a sé nella Messa.
La Messa lo rende visibile agli occhi di tutti, esponendo la croce ai crocevia delle civiltà; essa porta il Calvario così vicino che persino il piede più stanco può incamminarsi verso il suo tenero abbraccio; ogni mano può adesso toccare il suo sacro carico e ogni orecchio può udire il suo dolce appello, perché la Messa e la croce sono la stessa cosa. In entrambe c’è la stessa offerta della volontà del Figlio amato che si consegna perfettamente, lo stesso Corpo lacerato, lo stesso Sangue sparso, lo stesso perdono divino.
Dobbiamo portare con noi tutte le parole e azioni della Messa, per viverle, praticarle e intrecciarle con ogni circostanza e situazione della nostra vita quotidiana. Il suo sacrificio diventa il nostro attraverso l’offerta di noi stessi unita a lui; la sua vita offerta per noi diventa la nostra vita offerta per lui. Allora, torniamo a Messa come chi ha fatto la propria scelta, volgendo le spalle al mondo e diventando altri Cristi per la nostra generazione, come potenti testimoni dell’Amore che è morto perché noi vivessimo con lui.
Nessun commento:
Posta un commento