sabato 3 dicembre 2022

I vescovi italiani aprono alla teoria del “genere”







3 dicembre 2022

Il 20 novembre 2022, Avvenire, il giornale dei vescovi italiani, ha dedicato una pagina alla famosa «teoria del genere», accogliendo sia il resoconto di una conferenza sull’argomento promossa dalla Fondazione Veronesi, sia un articolo di un “teologo” intitolato: «Gender, no ai vecchi paradigmi, sì alla comunione delle differenze».

Il giornale dei vescovi italiani prende spunto dal caso di una studentessa transessuale di Venezia, gonfiato dalla stampa, presentando la studentessa come “discriminata” perché un professore si era rifiutato di chiamarla col nome maschile da lei scelto.

Per Avvenire si è trattato di una «triste vicenda» da prendere come spunto di riflessione: «non una minaccia, ma l’occasione per riformulare il significato di maschile e femminile, così che nessuno sia escluso».


La Fondazione Veronesi, la cui conferenza è ampiamente riportata nelle note, porta il nome del compianto medico Umberto Veronesi, ex Ministro della Salute, noto per le sue posizioni antiumane e ultraprogressiste.


Nel resoconto è dato per acquisito che le conclusioni degli esperti citati siano del tutto corrette. Vi si spiega che «l’identità di genere» è una questione che non dovrebbe nemmeno essere posta: le persone possono essere chi vogliono, indipendentemente da qualsiasi dato naturale, l’importante è che si sentano accolte.


La teologia inclusiva dei vescovi italiani

Ma ancora più inquietante è l’articolo di alto bordo firmato da Don Giovanni del Missier, professore straordinario di teologia morale all’Accademia Alfonsiana di Roma, in procinto di tenere un corso sul gender alla facoltà teologica del Triveneto.


Nel “cappello” l’autore è presentato come l’espressione autorizzata del pensiero della Chiesa sull’argomento: «egli parte dal concreto della vita reale, a partire dai problemi dell’identità sessuale» - non certo dai princípi naturali o dalla Rivelazione.


Il «teologo», da autentico modernista, auspica un cambiamento di punto di vista sulla transessualità basato sull’esperienza, ignorando ogni riferimento a una legge morale oggettiva.


Logicamente, egli incomincia il suo articolo ammiccando a quei cattolici che si sentono a proprio agio solo di fronte a un nemico, come la «teoria del gender», «percepita oggi come una minaccia globale, al punto da incitare certe frange ecclesiali a trincerarsi in una posizione di estrema difesa, “sbarrata”, piuttosto che corrispondere all’appello di Papa Francesco per una Chiesa in uscita».


Coloro che non arrivano a fare un tale salto “culturale” sono essenzialmente degli inquieti – assicura il teologo – che rimangono rinchiusi nelle loro certezze e probabilmente non sono aperti al soffio dello spirito – spirito del tempo in realtà e non Spirito Santo – il solo, secondo i modernisti, garante del divino che si evolve nell’uomo.


Il «teologo» apprezza il tentativo della teoria di includere le differenze, pur riconoscendo che certi gruppi ne fanno un uso strumentale eccessivo, benché comprensibile per delle persone che escono da una lunga emarginazione.


Se costoro hanno presentato la teoria come «un modello di inclusione che assomiglia molto alla Babele biblica – un’unità appiattita sull’uniformità, che annulla le differenze perché le priva di senso» - con il contributo cristiano si può fare di meglio: arrivare alla «comunione delle differenze, il modello della Pentecoste, il poliedro dell’inclusione contrapposto alla sfera dell’omologazione ideologica».


Questa spaventosa teoria di una Pentecoste permanente, con la quale lo Spirito continuerebbe a creare una nuova rivelazione e una nuova società – e una nuova chiesa – includendo gli elementi del mondo nella fede modernista, era riuscita ad includere il liberalismo e la rivoluzione nella Chiesa cattolica col Vaticano II. Oggi, per contribuire ad un mondo inclusivo, i cristiani devono assorbire nella loro maniera originale la teoria del gender.


La realtà è il risultato di una costante evoluzione ermeneutica

Il «teologo» spiega la cosa in termini generici, ma molto chiari: il dato naturale della carne mascolina o femminina «si presenta sempre come un significante aperto e non come una significazione precostituita, cioè chiede di essere investita di un significato propriamente umano, personale e relazionale, da interpretare individualmente e collettivamente».


Dunque, ciascuno può andare al di là di ciò che la natura e il Creatore gli hanno dato, dandogli un senso diverso – perfino opposto – da quello che ha ricevuto, posto che la persona è una relazione e la natura è solo un punto di partenza.


Come è tipico dello gnosticismo, il dato naturale è considerato come una gabbia o un limite che lo spirito può sempre superare. La natura non è un dono del Padre da preservare ed accrescere, ma ha valore solo se è reinterpretato dal soggetto.


«Un tale sforzo ermeneutico coincide senza sorpresa con la ricerca della capacità creativa di proiezione, inscritta nella nostra natura umana che, in ogni epoca deve essere oggetto di una reinterpretazione culturale per poter essere significativa per la sua epoca».


Frase che rende la realtà creata e naturale valida solo nella misura in cui è conosciuta dall’uomo e da lui perpetuamente reinterpretata, senza un proprio valore stabile. Il più classico dei modernisti non potrebbe dire meglio.


La conclusione dell’articolo è ovvia, e fa appello all’evento fondante della Chiesa di oggi per imbavagliare ogni opposizione:
«E a coloro che semplicemente non riescono a uscire dal circolo vizioso del confronto con un nemico, è bene ricordare quanto insegna il Concilio Vaticano II: “La Chiesa riconosce che, pur di fronte all’opposizione dei suoi avversari e dei suoi persecutori, ha tratto grandi benefici e che può continuare a farlo» (Gaudium et spes, n. 44). Immaginate dunque tutto il bene che può portare una categoria ermeneutica provocatoria e generatrice di novità come il gender! »

Chiunque ha accettato l’introduzione delle dottrine liberali nella Chiesa, oggi non può che accettare l’introduzione delle teorie del «gender».

Vescovi tedeschi o vescovi italiani, la conclusione è la stessa per tutti ed è totalmente indipendente da ogni discorso sulla Rivelazione, la Tradizione o il Magistero. 




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