Il vero frutto della fede
Ma la prima forma di misericordia è quella verso se stessi
Il frutto della fede è fare del bene a chi ha bisogno, perché è una fede infruttuosa credere in Dio in modo tale da trascurare le opere di misericordia. Infatti, come è inutile coltivare con cura una pianta sterile, innaffiare una pietra dura e arare la secchezza della sabbia, così, per un uomo che non vuole prestare ciò che è buono, non giova a nulla non negare ciò che è vero. Giustamente sta scritto che la fede senza le opere è morta in se stessa, per cui quelli che hanno una fede del genere sono anche paragonati ai demoni; infatti, a certuni che si vantano della fede e si tengono lontani dalle buone opere, così dice l'apostolo Giacomo: «Tu credi che c'è un solo Dio? Fai bene. Anche i demoni lo credono e tremano!». Appare così che non c'è nessuna differenza tra il timore di un demonio sofferente e la grazia di un uomo credente, se non il fatto che le azioni del primo sono cattive, quelle del secondo buone, benché entrambe le cose procedano dallo stesso credere, come dalla stessa acqua pullulano sia spine appuntite sia grappoli d'uva.
La prima forma di misericordia dell'uomo credente, inoltre, è quella rivolta a se stesso; è questa che la Scrittura comanda dicendo: «Abbi misericordia della tua anima, piacendo a Dio». Di qui la misericordia, crescendo, si estende al prossimo, in modo tale che sia adempiuto il precetto: «Amerai il prossimo tuo come te stesso». Dunque la vera misericordia che si spende per il prossimo va spesa a questo fine, che anche il prossimo piaccia a Dio: è a questo fine che il prossimo va chiamato, esortato, educato e istruito. Difatti anche le stesse elemosine che si offrono per le necessità corporali e per la vita temporale vanno fatte con il proposito e l'intenzione di far sì che coloro a cui sono fatte amino quel Dio per dono del quale sono fatte.
Questo ce lo ricorda anche il Signore dicendo: «Risplendano le vostre opere buone davanti agli uomini, perché vedano le vostre buone azioni e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli». L'uomo di Dio, dunque, «vaso santificato in onore, utile al Signore, pronto per ogni opera buona», tutto ciò che fa nella sua vita non è se non un'opera di misericordia, o verso se stesso o verso il prossimo. Ed è misericordioso verso se stesso, come abbiamo ricordato sopra, quando piace a Dio; e piace a Dio quando, nel bene che fa, Dio gli piace e, nel male che subisce, Dio non gli dispiace.
Difatti anche l'Apostolo, dopo aver detto, parlando delle sue buone opere: «Ho faticato più di tutti loro, subito ha aggiunto: non io però, ma la grazia di Dio che è con me». E Giobbe, durante la sua tentazione e tribolazione, disse: «Come è piaciuto al Signore, così è avvenuto. Sia benedetto il nome del Signore».
Verso il prossimo, invece, l'uomo di Dio è misericordioso quando fa tutto il possibile affinché anche il prossimo, come lui, possa gustare fino in fondo la dolcezza di piacere a Dio.
Mi ero proposto di parlare delle opere di misericordia, e per questo può già sembrare a qualcuno che io mi sia scostato da questo argomento e mi sia diretto verso un altro, dato che non dico: «Spezza il tuo pane con l'affamato; introduci in casa tua il misero e senza tetto; se vedi uno nudo, vestilo», e così via. Queste opere sono reputate e chiamate elemosine quasi in senso proprio, come se esse sole appartenessero alle opere di misericordia; esse vi appartengono certamente, ma non esse sole, al punto tale che sono anzi le più piccole, a meno che gli uomini non siano così insensati da ritenere che coloro che offrivano agli apostoli beni materiali da raccogliere siano stati più misericordiosi degli apostoli stessi, che seminavano beni spirituali. Sia ben lungi dal credere una cosa del genere chi ascolta con intelligenza le parole dell'Apostolo che dice: «Se noi abbiamo seminato per voi beni spirituali, è forse gran cosa se raccoglieremo i vostri beni materiali?».
Nel seminare poi i beni spirituali, guarda quale dispensatore egli si mostri lì dove dice: «Così, affezionati a voi, ci sembra bene farvi partecipi non solo del vangelo di Dio, ma anche delle anime nostre», e in un altro luogo: «Per conto mio ben volentieri mi prodigherò», dice, «anzi spenderò me stesso per le vostre anime».
Metti adesso a confronto chi spezza il suo pane con l'affamato e chi rende partecipe della sua anima il credente, metti a confronto chi per la vita temporale del bisognoso spende oro e chi per la vita eterna del fratello spende se stesso. Se giustamente è misericordioso, ed è detto e considerato tale, chi introduce nella sua casa lo straniero che ha bisogno di un tetto, e gli mette a disposizione una tavola per rifocillarlo e un letto per farlo riposare, quanto più misericordioso si scopre essere chi, richiamando colui che va errando per le vie dell'iniquità e prendendolo con sé, lo fa entrare nella casa di Dio e lo incorpora alle membra di Cristo, dove lo ristori la refezione della giustizia e lo rilassi la remissione dei peccati!
Queste opere di misericordia, le quali fanno sì che si piaccia a Dio, sono così tanto anteposte, dalla verace legge della sapienza, a quelle opere con le quali si fornisce il sostentamento necessario al bisogno materiale, che sovente, quanto più prudentemente si compiono le prime, tanto più misericordiosamente si tolgono le seconde. Difatti l'uomo che è misericordioso prima di tutto verso se stesso, memore del precetto divino che dice: «Abbi misericordia della tua anima, piacendo a Dio», per piacere a Dio spesso digiuna e, quando gli si ordina di amare il prossimo come se stesso, dà il pane al prossimo che ha fame e lo nega a se stesso, trattando duramente, s'intende, il proprio corpo e riducendolo in schiavitù, per non essere trovato falso proprio lui, che predica agli altri. (...) Quella misericordia, dunque, in virtù della quale spendiamo le nostre fatiche per piacere a Dio, proprio essa è in qualche modo cardinale. Tutte le altre azioni che si compiono misericordiosamente sono fatte rettamente, se non si allontanano mai dalla contemplazione di questa.
(©L'Osservatore Romano 28 agosto 2013)
Fai del bene a chi ti odia
C'è chi pensa che le elemosine si debbano fare soltanto ai giusti, e che invece ai peccatori non sia opportuno dare nulla del genere. In questo errore il primo posto per empietà lo occupano i manichei, i quali credono che in qualunque alimento siano trattenute delle membra di Dio, mescolate e legate insieme al cibo; essi sono del parere che di tali membra si debba avere riguardo, perché non siano contaminate dai peccatori e non vengano inviluppate con nodi più infelici. Questa follia forse non merita neppure di essere respinta, tanto essa offende l'intelligenza di tutte le persone sane di mente al solo venir esposta. Alcuni, invece, che non hanno affatto una tale opinione, pensano che non si debba dar da mangiare ai peccatori perché non accada che tentiamo di metterci contro Dio, il cui sdegno sopra di loro si mostra chiaramente, come se Egli potesse adirarsi anche con noi per il fatto che vogliamo soccorrere coloro che Lui vuole punire. Citano anche la testimonianza delle Sante Scritture, dove leggiamo: «Usa misericordia e non accogliere il peccatore, e verso empi e peccatori compi vendetta»; «Fa' del bene all'umile e non donare all'empio, perché anche l'Altissimo ha in odio i peccatori e verso gli empi compie vendetta». Non capendo come queste parole debbano essere intese, si rivestono di una detestabile crudeltà.
Perciò è opportuno che su questo argomento, fratelli, ci rivolgiamo con poche parole alla vostra carità, perché non succeda che voi, quando a causa di un aberrante modo di pensare non capite la volontà divina espressa nei Libri divini, acconsentiate alla malvagità umana. L'apostolo Paolo, infatti, insegnando con la massima chiarezza che a tutti va concessa misericordia, dice: «Quando ne abbiamo l'occasione, pertanto, operiamo il bene verso tutti infaticabilmente, soprattutto verso i fratelli nella fede». A dir il vero, da ciò risulta chiaro che nelle opere di questo genere bisogna preferire i giusti. Quali altre persone dovremmo infatti intendere per «fratelli nella fede», essendo stato affermato chiaramente in un altro luogo che «Il giusto vive per fede?». Le viscere di misericordia non vanno però chiuse agli altri uomini, anche se peccatori, neppure nel caso in cui essi abbiano verso di noi un animo ostile, come ci dice e ci ammonisce il nostro Salvatore stesso: «Amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano».
E ciò non è stato passato sotto silenzio nei libri dell'Antico Testamento; lì infatti si legge: «Se il tuo nemico avrà fame, dagli da mangiare; se ha sete, dagli da bere», e di questa testimonianza anche l'Apostolo ha fatto uso. Non per questo, però, sono false le parole che abbiamo citato sopra, perché anch'esse sono precetti divini: «Usa misericordia e non accogliere il peccatore». Quelle parole, infatti, sono state dette perché a nessun peccatore tu faccia del bene proprio in quanto è un peccatore, ma tu faccia del bene a chi ti odia, non in quanto è un peccatore, ma in quanto è un uomo. Così osserverai entrambi i precetti, senza essere lassista rispetto al vendicare né disumano rispetto al soccorrere. Chiunque infatti accusa giustamente un peccatore, che cos'altro vuole, se non che quello non sia un peccatore? Egli dunque odia in quello ciò che anche Dio odia, perché sia distrutto ciò che ha fatto l'uomo e sia liberato ciò che ha fatto Dio. Il peccato, infatti, l'ha fatto l'uomo, mentre l'uomo stesso l'ha fatto Dio. E quando diciamo questi due termini, “uomo” “peccatore”, essi non vengono affatto detti inutilmente. In quanto infatti è un peccatore, ammoniscilo, e in quanto è un uomo, abbine misericordia. E non libererai assolutamente l'uomo, se non l'avrai perseguito in quanto peccatore.
A questo dovere attende ogni disciplina, così com'è adatta e appropriata ad ognuno che sia dotato di responsabilità di governo: non solo al vescovo che governa il suo popolo, ma anche al povero che governa la sua casa, al ricco che governa la sua servitù, al marito che governa sua moglie, al padre che governa i suoi figli, al giudice che governa la sua provincia, al re che governa la sua nazione. Tutti costoro, quando sono buoni, vogliono senz'altro bene a quelli che essi governano e, secondo il potere loro «concesso dal Signore di tutti quanti, il quale governa anche i governanti», fanno in modo che i loro stessi governati si conservino come uomini e periscano come peccatori. Così essi adempiono ciò che sta scritto: «Usa misericordia e non accogliere il peccatore», per non volere che in lui resti salvo il fatto che è un peccatore, «e verso empi e peccatori compi vendetta», perché il fatto stesso che sono peccatori ed empi sia cancellato in loro; «fa' del bene all'umile», per la ragione che è umile, «e non donare all'empio», per la ragione che è empio, «perché anche l'Altissimo ha in odio i peccatori e verso gli empi compie vendetta»; l'Altissimo, tuttavia, poiché quelli non sono solo peccatori ed empi, ma anche uomini, «fa sorgere il suo sole sui buoni e sui cattivi, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti». Così, a nessun uomo va chiusa la propria misericordia, a nessun peccato va aperta l'impunità.
Bisogna capire come non sia da disprezzare l'elemosina che si fa a qualsiasi povero per ragioni di umanità, dal momento che il Signore alleviava l'indigenza dei poveri attingendo a quella cassa che riempiva con le ricchezze altrui. E se per caso uno dicesse che non erano peccatori né quegli invalidi e quei mendicanti che il Signore ordinò di invitare, né quelli ai quali egli era solito elargire denaro prelevandolo dalla cassa, e che pertanto dalle testimonianze evangeliche non segue che venga ordinato ai misericordiosi di accogliere o nutrire anche i peccatori, ebbene, costui faccia attenzione a quanto ho già menzionato più sopra, perché sono senz'altro peccatori e massimamente scellerati coloro che odiano e perseguitano la Chiesa, e tuttavia in riferimento ad essi si dice: «Fate del bene a quelli che vi odiano», e lo si conferma con l'esempio di Dio Padre «che fa sorgere il suo sole sui buoni e sui cattivi, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti». Non accogliamo dunque i peccatori per il motivo che sono peccatori, ma trattiamo tuttavia anch'essi umanamente, perché essi sono anche uomini.
(©L'Osservatore Romano 28 agosto 2013)
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