martedì 18 giugno 2024

Intervista di MessainLatino al prof. Andrea Grillo sulla liturgia tradizionale




18 GIUGNO 2024

Intervista di MiL al prof. Andrea Grillo sulla liturgia tradizionale: "La Chiesa non è un club di notai o di avvocati"

Durante la Tre Giorni su don Primo Mazzolari che si tiene ogni anno in Diocesi di Cremona, a Bozzolo, il Vostro ha incontrato il Prof. Andrea Grillo, capofila del progressismo liturgico: professore di Teologia dei sacramenti e Filosofia della Religione a Roma, presso il Pontificio Ateneo S. Anselmo e Liturgia a Padova, presso l’Abbazia di Santa Giustina; prolifico liturgista, teologo e autore di un frequentato blog "Come se non" (QUI).
Dal prof. Grillo ci separa, dal punto di vista della teologia liturgica, quasi tutto (QUI i molti post di MiL), ma abbiamo sempre apprezzato la sua "brutale" franchezza: almeno parla chiaro.
In Traditionis Custodes, documento sembra preparato all'interno del Culto Divino, si riconosce però, a nostro parere, l'impostazione del suo pensiero, dei suoi scritti e delle sue proposte operative.
Il professore, che ringraziamo molto e apprezziamo per la sincerità, ci ha gentilmente concesso un'intervista che riportiamo qui sotto.

A proposito dei temi trattati in questa intervista girano ancora più insistentemente le voci di divieto totale per la liturgia tradizionale. (Qui MiL in un post di ieri segnalatoci dagli amici di Rorate Caeli).


Luigi C.




1. Messainlatino: - Perché, come almeno a noi pare, sembra che a tutti i costi non si voglia dare libero spazio nella Chiesa Cattolica ai tradizionalisti fedeli a Roma (al pari di tanti altri movimenti laicali), e che essi siano solo fedeli da rieducare?


Prof. Grillo - Nella prima domanda sono contenute numerose inesattezze che compromettono il senso stesso della questione. Provo ad illustrarle una per una. Quelli che lei chiama “tradizionalisti fedeli a Roma” sono in realtà persone che, per diversi motivi, si trovano in contrasto con Roma, non in un rapporto di fedeltà. L’elemento di contrasto non riguarda semplicemente una “forma rituale”, ma un modo di intendere i rapporti interni ed esterni alla Chiesa. Tutto comincia dall’equivoco generato (in buona fede, ma con un giudizio del tutto sbagliato) da parte del MP Summorum Pontificum, che aveva introdotto un “parallelismo rituale” (tra NO e VO) che non ha alcun fondamento né sistematico né pratico: non è fondato teologicamente e genera divisioni maggiori di quelle presenti prima. L’idea di “fedeltà a Roma” deve essere contestata: per essere fedeli a Roma occorre acquisire una “lingua rituale” secondo ciò che Roma ha comunitariamente stabilito. Non si è fedeli se si tiene il piede in due scarpe. Aver mostrato questa contraddizione è il merito di TC, che ristabilisce l’unica “lex orandi” vigente per tutta la Chiesa cattolica. Se uno mi dice che è fedele allo stesso tempo a NO e VO, gli rispondo che non ha capito che cosa significa tradizione, al cui interno sta un legittimo e insuperabile progresso, che è irreversibile.


2. Messainlatino: - Dopo il pellegrinaggio Parigi-Chartres 2024 (18.000 persone, età media 25 anni, vescovi diocesani, un cardinale di santa romana Chiesa, ampia copertura mediatica, vedere MiL) ritiene che la Chiesa ormai debba pensare ad una pastorale anche per il carisma "tradizionale" (al pari di altri movimenti sorti dopo il CVII) o possa continuare a negare la massiccia vitalità della liturgia antica?


Prof. Grillo - Che cosa sono 18.000 persone rispetto alla grande moltitudine della Chiesa cattolica? Poco più di una setta che sperimenta la infedeltà come una salvezza, spesso legata a posizioni morali, politiche e di costume del tutto preoccupanti. Non è cambiando le parole che si migliorano le cose. Tradizione e tradizionalismo non possono essere identificati. Il tradizionalismo non è “uno dei tanti movimenti” (anche se può avere caratteristiche in parte simili ad alcuni dei movimenti più fondamentalisti, inopportunamente favoriti negli ultimi 40 anni), ma una forma di “negazione del Concilio Vaticano II” che non può non essere ostacolata in modo netto all’interno della esperienza ecclesiale. La Chiesa non è un “club di notai o di avvocati” che coltivano le loro passioni estetiche o progettano la strumentalizzazione della Chiesa come “il museo più famoso” .


3. Messainlatino: - Come mai, secondo lei, soprattutto in area anglofona e francofona, c'è un aumento considerevole di fedeli, seminaristi, conversioni, offerte economiche, famiglie numerose di area tradizionalista (a fronte di un’evidente e grave crisi quali-quantitativa delle parrocchie Novus Ordo, almeno nel mondo occidentale)?


Prof. Grillo - Siamo di fronte ad una distorsione dello sguardo. La fede incontra, soprattutto nel mondo occidentale, una crisi che è iniziata da più di un secolo e che negli ultimi 50 anni ha conosciuto una accelerazione molto forte. Ma alla crisi non si risponde restaurando del forme di vita della “società dell’onore”. Non sono le “cappe magne” o le “lingue morte” a dare forza alla fede. Rafforzano solo legami identitari, forme di fondamentalismo e di intransigentismo, che non sono più quelle di 100 anni fa, ma che assumono figure inedite, in cui al massimo di vita post-moderna si sposa una identità “cattolica” che di cattolico ha soltanto la etichetta idealizzata. Non è un fenemeno ecclesiale o spirituale, è un fenomeno di costume e di forme di vita, che poco ha a che fare con la tradizione autentica della chiesa cattolica.


4. Messainlatino: - Quindi, in questa situazione di carestia di seminaristi e di moria di fedeli giovani, perché, secondo lei, il S. Padre Francesco sembra considerare - almeno apparentemente - come nemici solo i fedeli tradizionalisti (che pregano una cum Papa nostro Francisco e crescono sempre di più)?


Prof. Grillo - Anzitutto la “carestia di seminaristi” e “fuga dei giovani” non è solo un dato negativo: è il segno di un travaglio necessario all’intera Chiesa. Le soluzioni “facili” (riempiamo i seminari tradizionalisti di giovani militarizzati sul modello di presbiteri del XVII o XVIII secolo) sono solo abbagli, di cui fanno le spese anzitutto i soggetti coinvolti. Generano non vita di fede, ma spesso grande risentimento e irrigidimento personale. Non mi preoccuperei del fatto che papa Francesco senta questo come un pericolo. Mi ha preoccupato molto di più che i suoi predecessori lo abbiano considerato una risorsa. La nostalgia non è mai una risorsa, anche quando illude sul fatto che la Chiesa non abbia nulla da riformare, ma trovi tutte le risposte solo nel passato. Per pregare “una cum papa” non si può farlo a chiacchiere, ma condividere con la Chiesa e con il papa anzitutto l’unico ordo vigente. Altrimenti si chiacchiera, ma si vive in contrasto con la tradizione.


5. Messainlatino: - E' possibile che una forma rituale che è stata per moltissimo tempo quella "normativa" della Chiesa Cattolica, ora non possa più avere spazio, insieme a tanti altri riti della Chiesa Cattolica stessa (inter alia quello mozarabico, ambrosiano, caldeo, di S. Giovanni Crisostomo, armeno, etc.)? Perché non fare coesistere il carisma tradizionale nella grande diversità dei carismi ecclesiali: “Non dobbiamo avere paura della diversità dei carismi nella Chiesa. Al contrario, dobbiamo rallegrarci di vivere questa diversità" (Francesco, 2024)?

Prof. Grillo - Anche in questo caso nella domanda, che viene formulata, si manifesta un equivoco piuttosto pesante. D’altra parte riconosco che nella sua domanda risuona una delle motivazioni più forti (e meno giustificabili) che ha segnato la stagione (di Summorum Pontificum) alla quale vi siete talmente legati da farne quasi il vostro vessillo. Al centro di quel documento, infatti, stava una argomentazione che suonava: “ciò che è stato sacro per le generazioni passate, non può non essere sacro anche per quelle attuali”. Da dove viene questo principio? Non dalla teologia, ma dalla emozione nastalgica verso il passato. Un tale principio tende a “fissare la Chiesa” sul suo passato. Non sul “depositum fidei”, ma sul rivestimento che esso ha assunto in una stagione, come se fosse definitivo. Che vi siano state, lungo la storia, forme rituali che vengono riconosciute nella loro “alterità” dipende dalla tradizione “specifica” di luoghi, o di ordini religiosi. Nessuno mai ha potuto pensare che, a livello universale, fosse lasciata a qualcuno la libertà di stare in una versione del rito romano o nella versione superata da una riforma generale. E non si possono usare “da destra” le grandi idee paoline in modo così spudorato: la libertà dei carismi non si può pensare per alimentare una “anarchia dall’alto”, come ha fatto irresponsabilmente la attuazione del MP Summorum Pontificum. Molto meglio sarebbe stato lavorare “su un unico tavolo”, perché tutti potessero contribuire ad arricchire “l’unica forma rituale vigente”. La scommessa di un miglioramento reciproco tra NO e VO è stata una strategia e una teologia del tutto inadeguata, alimentata da una astrattezza ideologica.



6. Messainlatino: - Lei ha rivolto pesanti critiche alla liturgia tradizionale. Pensa che i fedeli che la preferiscono abbiamo anch’essi il diritto di rivolgere analoghe critiche alla riforma liturgica, o ritiene che l’analisi critica della liturgia possa andare solo nel senso della corrente teologica della quale Lei è un autorevolissimo esponente?

Prof. Grillo: Io non ragiono per “fazioni” o per “partiti”. Io cerco soltanto di leggere la tradizione e di scoprire che cosa possiamo fare e che cosa non ci è permesso. Tutti possono fare oggetto di elaborazione critica ogni passaggio della tradizione. A me interessa che i passaggi siano argomentati. Le argomentazioni dei tradizionalisti sono deboli, perché negano della tradizione la cosa che meglio la qualifica: ossia il suo servizio al cambiamento. Chi contesta la riforma liturgica ha tutto il diritto di parlare, ma non può pretendere che i propri argomenti siano “autodimostrativi”. Ad es. non si può desumere dalla propria critica alla “riforma della Settimana Santa” il diritto di ricorrere ai riti precedenti “ogni riforma” del Triduo, ossia ai riti precedenti gli anni 50 del 900. Chi si muove in questo modo non solo non contribuisce al dibattito ecclesiale, ma si colloca oggettivamente al di fuori della tradizione cattolica e, per quanto riaffermi la propria “fedeltà al papa”, di fatto la sta negando. Non è così semplice evitare di diventare “sedevacantisti”, nei fatti prima che nelle affermazioni.



7. Messainlatino: - Un ultima domanda. Noi riteniamo che la riforma liturgica abbia complessivamente fallito (come si evince dai seminari e dalle chiese vuote, dalle parrocchie e diocesi accorpate, etc.), e che abbia contribuito alla crisi della Chiesa. Pensiamo anche che per difenderla si cerchi di dipingere come risultati attesi quelli che a noi sembrano conseguenze negative. Come proverebbe a farci cambiare idea?


Prof. Grillo: - Ci sono casi, nel confronto teologico e liturgico, nei quali l’utilizzo degli argomenti può essere votato al fallimento. Io non vi rinuncio mai (non sarei teologo, se non confidassi nella argomentazione) ma capisco la difficoltà. Uso in questi casi un ragionamento che spesso si fatica a comprendere. Anche il noto giornalista Messori è spesso caduto in questo errore uguale al vostro. Voi dite “la riforma liturgica è fallita” e ragionate sul piano dei numeri. Voi pensate così: se nella storia qualcosa è prima di qualcos’altro, allora ciò che sta prima è causa di ciò che viene dopo. Non è difficile, così, ritenere che dei mali degli anni 70-80-90, fino al 2024, la responsabilità sia il Concilio Vaticano II e in particolare la riforma liturgica. Questo modo di ragionare, però, non è fondato storicamente. La crisi della Chiesa è largamente in anticipo rispetto al sorgere del pensiero liturgico: Guéranger e Rosmini parlano di “crisi liturgica” già per il 1830-40. Festugière agli inizi del XX secolo dice “nessuno sa più che cosa è celebrare”...ma voi non solo ignorate tutto questo, ma tendete a semplificare le cose e a pensare che “se non si fosse fatta la riforma” noi saremmo ancora alla Chiesa degli anni 50. Qui c’è un difetto di sguardo, che deriva da una analisi troppo superficiale della relazione tra forma ecclesiale e forma rituale. Per farvi cambiare idea io penso che si dovrebbe anzitutto riflettere sulla relazione tra liturgia ed esperienza ecclesiale. Il discepolato di Cristo non è la adesione ad un club della alta società né una associazione per parlare una lingua strana o per identificarsi nel passato, coltivando ideali reazionari. La tradizione non è passato, ma futuro. Siccome la Chiesa e la fede sono una cosa seria, non possono essere ridotte alla associazione di chi coltiva la nostalgia del passato.





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