sabato 18 maggio 2024

Dove si arena l'Occidente


La vittoria dell'artista svizzero all'Eurovision festival non è importante in sé, ma come simbolo di una civiltà che ha fatto del niente la propria bandiera. In questo senso, è l'unico vero profeta di questa «patria» Ue ed il suo messaggio è la negazione di ogni identità. Nemo rappresenta il (non) binario su cui si è arenata l'Unione europea



di Marcello Veneziani

Lo diceva già il proverbio an­tico: «Nemo propheta in pa­tria»: così Nemo, cantante non binario, sui generis, stato eletto profeta canoro della non-patria europea. Nemo, che in latino vuol dire Nessuno, è svizzero e applica la neutralità svizzera anche al genere sessuale. Non ce ne saremmo mai occupati della notizia in sé, anche se ieri continuavano sulle prime pagine dei nostri più rispettabili giornali, ba­vose apologie del cantante «non binario» e del mondo che cambia in quella dire­zione. L'Eurovision ha rico­nosciuto, premiato, fatto trionfare un cantante la cui speciale virtù è quella di es­sere un mutante in bilico, che non si vuol riconoscere nel sesso nativo e nemmeno in quello adottivo. Hai qual­cosa contro chi si definisce non binario? Figuriamoci, non sono mica un passaggio a livello, non mi occupo di chi attraversa i binari. Non ho il minimo interesse a spiare la vita altrui dal buco della serratura o da altri ori­fizi. Il problema non è la sua vita, come lui si sente, cosa vorrebbe essere, un cama­leonte o una zucchina, fatti suoi e dei suoi intimi. Il pro­blema non è nemmeno l'esi­bizione in mondovisione, con messaggio annesso, del suo sesso variabile, come il tasso dei mutui; ma il rico­noscimento pubblico, l'atte­stazione internazionale, il premio alla sua mobilità ses­suale, alla sua estempora­neità di genere. Come se fos­se un precursore, un pionie­re e un modello, esempio per tutti. La notizia su cui si sono concentrati tutti, al pa­ri della motivazione del suc­cesso, non era la sua canzo­ne, la sua esibizione, ma il suo status non binario, di umanità in transito, perso­nale viaggiante dal maschile al femminile verso l'ignoto, senza fissa dimora.

Dai su, direte voi, cosa vuoi che sia una pagliacciata canora, un fenomeno da ba­raccone; lascia il circo, pen­sa alle cose serie. Ma è lì che sorgono i problemi, anzi è lì che si amplificano e diventa­no sistema, paradigma uni­versale. Perché quando pas­si dallo spettacolo alla vita seria, alla politica, alle rela­zioni sociali, all'impegno ci­vile il quadro che si prospet­ta è la continuazione del Me­desimo, per dirla con Alain de Benoist; ossia è la conti­nuazione del circo, dell'Eurovision in altre forme, è sempre la stessa roba, la stessa ideologia dominante. L'Eurovision coincide con la visione dell'Europa. Nemo per tutti, tutti per Nemo.

Insomma, per dirla in mo­do più chiaro, il problema non è Nemo che vince un festival, ma è Nemo che gui­da l'Unione europea, ne è il parametro, lo spread e l'uni­tà di misura. Quel Nessuno rappresenta un popolo ri­dotto a moltiplicarsi in tanti Nessuno, privi di identità; la cosa che oggi unisce l'Euro­pa è il ripudio dell'identità comune e personale, indivi­duale e generale, famigliare e di civiltà. La canzone ne è solo la sintesi fatua e simbo­lica a uso pop.

La perdita dell'identità, decantata come un'emanci­pazione, una liberazione, una presa di coscienza, un passaggio - per stare alle pa­role della canzone di Nemo - dall'inferno al paradiso, ha una serie di effetti nefasti che ricadono a cascata sulla vita concreta degli europei. L'identità di genere è solo il primo livello dell'identità, quello più elementare, più evidente, più naturale: poi c'è l'identità civica, l'identi­tà culturale, l'identità popo­lare, l'identità derivata dalla storia e dalla tradizione, l'i­dentità di civiltà.

Il rifiuto dell'identità o euronemia produce danni a più livelli. Impedisce di rico­noscere e accettare chi sia­mo davvero, la realtà nostra e degli altri, i corpi, i limiti, i confini, le eredità. Rende più vulnerabili e soccom­benti rispetto a chi invece preserva e difende la pro­pria identità, come per esempio gli islamici. E ridu­ce i corpi a gelatine, le perso­ne a tatuaggi, i pensieri a capricci e celebra storie inti­me come se fossero storie uniyersali, tappe gloriose - nel quadro dell'evoluzione della specie.

Sappiamo che in assenza di riferimenti alti, superiori e ulteriori, alla fine chi rap­presenta, incarna ed espri­me l'Europa e la sua icona è quello che ci giunge dagli eventi e dai personaggi pop, dai racconti di massa imba­stiti sul terreno dello spetta­colo e dell'intrattenimento. Di Nemo all'Eurovision chi se ne frega; ma deprime la visione dell'Europa ridotta a celebrare, non solo nei festi­val, il Nemo di turno e l'euro-nemia. Farà una brutta fine questa specie d'Europa, in­vestita sui binari incustoditi dal treno della realtà.




Fonte La Verità del 16 Maggio 2024


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