martedì 28 maggio 2024

Senza Dio è possibile difendere la vita umana? Prima parte



Un eccellente saggio breve di Andrea Mondinelli, che ringraziamo. Lo studio è diviso in due parti. In questa prima parte si mostra come ritenendo che per difendere la vita sia sufficiente la ragione umana (etsi Deus non daretur) si finisca poi sulle posizioni di Peter Singer secondo il quale ““Uccidere un neonato con malformazioni non è moralmente equivalente a uccidere una persona. E molto spesso non è per niente sbagliato”.




Di Andrea Mondinelli, 28 MAG 2024

All’interno del mondo pro-life si è consolidata, quasi come un mantra, la frase: “Per difendere la vita umana è sufficiente la ragione umana” (etsi Deus non daretur) e che i diritti umani siano sufficienti allo scopo.

Partiamo dalla realtà in cui siamo immersi: l’aborto è legale in tutti i Paesi in cui vige la democrazia in senso liberale e che si riconoscono nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, che l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite approvò e proclamò il 10 dicembre 1948. In particolare, nell’articolo 3 si dichiara che “Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona”. Come è possibile, allora, il paradosso del diritto all’aborto? È un diritto insensato o ha una sua logica? Dipende dalla risposta alle seguenti decisive domande:L’embrione ed il feto sono esseri umani?
Sono individui umani, ma non titolari di alcun diritto?

Tralasciando le posizioni più estremiste, i maître à penser dell’aborto procurato ammettono senza alcun problema che il feto e l’embrione sono esseri umani. Ne cito tre rappresentativi dei loro settori di studio:

“Su quando scocca la scintilla della vita nei primati, e specificamente nell’uomo (saltiamo, per brevità, tutte le altre vite), la risposta è oramai sicura: comincia nell’attimo della fecondazione, della congiunzione dello spermatozoo maschile con un gamete femminile (tratto da “La vita umana” 28/02/05 Corriere di Giovanni Sartori[1]).

“La questione non è se il concepito è vita o se il concepito è un essere umano; certamente è vita e indubitabilmente appartiene alla specie Homo sapiens (tratto da ‘L’embrione e la scala cromatica’ pubblicato sul numero 6 di Darwin III-IV / 2005 Chiara Lalli[2]).

“Non c’è dubbio che la vita di un organismo specifico – ranocchio, gatto o uomo – inizia con la fecondazione, cioè con la congiunzione di un gamete maschile, lo spermatozoo, e uno femminile, la cellula-uovo o ovocita maturo (tratto da “Embrioni. Non esiste l’ora X” di Edoardo Boncinelli[3], Corriere 26.1.2005).

Problema risolto? Per nulla! Appartenere alla specie umana non dà alcuna sicurezza e protezione.

Eccone i motivi secondo i tre intellettuali:

“Diciamo, allora, che la vita umana comincia a diventare diversa, radicalmente diversa da quella di ogni altro animale superiore quando comincia a «rendersi conto». Non certo da quando sta ancora nell’utero della madre (tratto da “La vita umana” di Giovanni Sartori 28/02/05 Corriere).

“Questo è il cosiddetto problema della soglia: individuare quando una pre-persona[4] diventa persona. […] I requisiti minimi per essere una persona sono la presenza di stati mentali coscienti e di una pur rudimentale capacità di autocoscienza, cioè la possibilità di percepirsi come soggetti di esperienza cosciente. È abbastanza inverosimile attribuire all’embrione – sebbene umano e geneticamente irripetibile, e sebbene potenzialmente personale – queste caratteristiche; quindi, non è ammissibile considerarlo come una persona attuale e come titolare di pieni diritti (tratto da ‘L’embrione e la scala cromatica’ Pubblicato sul numero 6 di Darwin III-IV / 2005 Chiara Lalli Filosofa).

“Quando è che un embrione diventa persona e come tale gode dei diritti scritti e non scritti spettanti ad una persona? […] Dal punto di vista biologico non c’è in sostanza nessuna discontinuità dal concepimento alla nascita e oltre. Questo non significa che non si possano porre degli spartiacque, come quando si è deciso che a 18 anni una persona è maggiorenne. Non succede niente di particolare a 18 anni, ma la convenzione umana ha fissato questo limite e a volte lo ha anche cambiato. Una convenzione, appunto. Non possiamo chiedere alla natura o alla scienza di cavare le castagne dal fuoco al posto nostro. Occorre prenderci le nostre responsabilità e fissare dei limiti, che non potranno che avere una componente di convenzionalità. D’altra parte è una scelta che spetta all’uomo in un’autentica prospettiva umanistica” (tratto da “Embrioni Non esiste l’ora X” di Edoardo Boncinelli, Corriere).

La questione si ingarbuglia perché i rappresentanti della posizione abortista, invece di accettare la realtà dei fatti, introducono un artificio devastante: la fittizia distinzione tra esseri umani titolari di diritti (definiamoli pure persone) ed esseri umani che ne sono privi (non persone) [5]. Quando, però, si tratta di definire quali siano queste proprietà distintive per ottenerne lo statuto non riescono a proporre niente altro che una convenzione, ossia introducono grandezze quantitative come la capacità di autocoscienza, che devono essere in qualche modo misurabili. La storia è zeppa di tentativi siffatti.

Illuminanti le parole del Cardinale Caffarra: “Il solo fatto di essere uomini è stato progressivamente considerato titolo necessario e sufficiente per meritare di essere trattati non come mezzi, ma come fine. Quando si richiede un titolo ulteriore, è perché qualcuno ha già deciso prima che esistono uomini che non meritano un rispetto assoluto. La distinzione fra individuo e persona è spesso usata per giustificare semplicemente l’uso di embrioni, anche tale da portare alla loro morte. […] L’affermazione pura e semplice dell’umanità di ogni individuo umano, come base sufficiente della dignità di fine propria di ogni individuo è l’affermazione su cui di gioca il futuro della nostra civiltà umana” [6].

Pare, però, che la sola umanità di un individuo possa segnarne la condanna, piuttosto che la sua salvezza. Così la pensava una grande filosofa del ‘900, Hanna Arendt che nel suo capolavoro dal titolo emblematico “Le origini del totalitarismo”, scrisse:

“La concezione dei diritti umani è naufragata nel momento in cui sono comparsi individui che avevano perso tutte le altre qualità e relazioni specifiche, tranne la loro qualità umana. […] I superstiti dei campi di sterminio, gli internati dei campi di concentramento e gli apolidi hanno potuto rendersi conto che l’astratta nudità dell’essere-nient’altro-che-uomo era il loro massimo pericolo”.

Prosegue la Arendt:

“Il loro distacco dal mondo, la loro estraneità sono come un invito all’omicidio, in quanto che la morte di uomini esclusi da ogni rapporto di natura giuridica, sociale e politica, rimane priva di qualsiasi conseguenza per i sopravviventi. Se li si uccide, è come se a nessuno fosse causato un torto o una sofferenza”.

Sembra proprio che la Arendt abbia ragione anche nelle questioni bioetiche. In merito, vediamo un po’ la posizione di due pezzi da novanta della bioetica mondiale. Partiamo da Peter Singer: il magazine “Time” lo ha consacrato nel pantheon dei quindici pensatori più importanti al mondo. Singer parte molto bene, criticando il trio Sartori-Lalli-Boncinelli:“C’è qualcosa di assurdo in tutti i tentativi di definire il momento preciso in cui viene al mondo un nuovo essere umano. L’assurdità sta nel fatto che si pretende di imporre una precisa linea divisoria a un processo caratterizzato dall’assoluta gradualità”.

Tuttavia, questo riconoscimento non implica, a giudizio di Singer, il dovere di tributare rispetto ad ogni vita fin dal suo primo apparire, ma piuttosto impone di modificare il metodo argomentativo della bioetica abortista per renderla più efficace. Secondo gli antiabortisti, riconosciuto che è moralmente inaccettabile sopprimere una vita umana innocente (premessa maggiore) e che il feto ha vita umana (premessa minore) ne conseguirebbe, necessariamente che la soppressione del feto è moralmente inaccettabile. Per combattere gli antiabortisti, sempre a giudizio di Singer, va piuttosto attaccata la prima premessa, chiedendosi : “Perché è moralmente sbagliato sopprimere una vita umana ?…che cosa c’è di così speciale nel fatto che una vita sia umana?”. Ecco, in sintesi, il ragionamento di Singer: “È peggio uccidere un essere umano che uccidere, diciamo, un pollo?”. A meno che non siate vegetariani, direte certamente di sì, che è peggio uccidere un essere umano. […] Ma perché? A meno che non ci si rifugi negli insegnamenti religiosi, che non tutti condividono, la risposta deve essere a causa di una certa differenza fra gli umani e gli animali. La differenza, tuttavia, non può essere il semplice fatto che noi apparteniamo a una specie e i polli, ad esempio, a un’altra. Pensare che solo la mera appartenenza a una specie possa fare una differenza tanto cruciale sarebbe una sorta di razzismo di specie, in breve, uno specismo. […] Per darci una ragione di credere che sia molto peggio uccidere esseri umani piuttosto che esseri di altre specie, queste capacità devono andare oltre, e devono includere non solo la coscienza, ma l’autocoscienza o, possibilmente, la capacità di fare progetti per il futuro. […] A questo punto, però, risulterà ovvio che mentre gli umani tipici possiedono queste capacità, e le possiedono a un livello che un animale non umano non ha, alcuni umani non le possiedono. I neonati, ad esempio, non le hanno. […] Per questo motivo io e la mia collega, Helga Kuhse, abbiamo proposto di concedere un intervallo di 28 giorni dopo la nascita, durante il quale i genitori, assieme ai dottori, devono decidere con discrezione sulla vita e la morte del neonato” [7].

Lo scopo della sua perorazione dell’infanticidio in alcuni casi, però, non è porre fine alle sofferenze di un neonato sofferente: come precisa ripetutamente Singer stesso, in molti dei casi in cui è favorevole all’infanticidio, non sono impliciti dolori o sofferenze fisiche di alcun genere. Il suo motivo dichiarato, piuttosto, è che questi bambini avrebbero scarse prospettive di poter godere di quella che definisce una “qualità della vita” adeguata e permettere loro di vivere priverebbe di risorse i bambini che Singer definisce “normali”. Infatti:“Uccidere un neonato con malformazioni non è moralmente equivalente a uccidere una persona. E molto spesso non è per niente sbagliato” [Etica pratica pag. 140 ed. italiana]“Supponiamo che ad una donna che pianifica di avere due figli nascano un bambino normale e successivamente un bambino emofiliaco. La difficoltà di occuparsi di questo bambino può renderle impossibile avere un terzo figlio; ma se il bambino disabile dovesse morire, potrebbe partorirne un altro… Quando la morte di un neonato disabile permette la nascita di un altro bambino con migliori prospettive di una vita felice, la quantità complessiva di felicità sarà maggiore se il bambino disabile verrà ucciso. La perdita di una vita felice da parte del primo bambino è superata dal guadagno di una vita più felice da parte del secondo. Di conseguenza, se uccidere il bambino emofiliaco non ha conseguenze negative per altri, da un punto di vista complessivo, sarebbe giusto ucciderlo” [Etica pratica].

Hanna Arendt aveva proprio ragione: “Il loro distacco dal mondo, la loro estraneità sono come un invito all’omicidio”. Infatti, tra il “si può uccidere il neonato con malformazioni” ed il “si deve” il passo è breve. Infatti, Singer lo compie senza problemi: “Noi pensiamo che alcuni bambini con gravi disabilità dovrebbero essere uccisi” [“Should the Baby Live?”].

Proseguiamo l’excursus con un altro “pezzo da 90” della bioetica anglosassone, Julian Savulescu[8] :“Ammetto come vero l’argomento che l’embrione è una persona. Comunque, ucciderlo può essere giustificato. Se uccidere una persona è giustificata dipende da: 1. se persone innocenti che rischiano di essere uccise a causa della ricerca sulle cellule ES (Staminali Embrionali ndr) possono anche ottenere benefici dalla ricerca e 2. se le loro chance totali di vita sono maggiori in un mondo in cui si effettuano l’omicidio e la ricerca sulle cellule ES . Chiamerò questo tipo di uccisione “tendente a ridurre il rischio” [9].

Persone innocenti, gli embrioni i feti ed i neonati lo sono per eccellenza, sacrificati in nome dell’utilità sociale! Icastica la frase di Friedrich Nietzsche: “L’individuo è stato ritenuto dal cristianesimo così importante, posto in modo così assoluto, che non lo si poté più sacrificare. Ma la specie sussiste solo grazie a sacrifici umani. La vera filantropia vuole il sacrificio per il bene della specie – è dura, è piena di auto superamento, perché ha bisogno del sacrificio dell’uomo. In questo pseudo umanesimo che si chiama cristianesimo si vuole giungere appunto a far sì che nessuno venga sacrificato” [10].

Ancora la Arendt, nel descrivere il totalitarismo, offre una spiegazione molto convincente:

“L’identificazione del diritto con l’utile diventa inevitabile una volta svanita l’autorità dei criteri assoluti e trascendenti della religione o del diritto naturale. […] È perfettamente concepibile, e in pratica politicamente possibile, che un bel giorno un’umanità altamente organizzata e meccanizzata decida in modo democratico, cioè per maggioranza, che per il tutto è meglio liquidare certe sue parti. Qui, a contatto col reale, ci troviamo di fronte a uno dei più antichi dubbi della filosofia politica, che è potuto rimanere nascosto finché una solida teologia cristiana ha fornito la cornice per tutti i problemi politici e filosofici, ma che già a Platone aveva fatto dire: “Non l’uomo, ma un dio deve essere la misura di tutte le cose”.

Cerchiamo di tirare le fila. Sembra che, eliminando Dio, spetti all’uomo definire chi vive o chi muore, cosa è il bene e cosa è il male. Questa posizione è l’unica possibile etsi Deus non daretur?

(Fine della prima parte – prosegue)

Andrea Mondinelli

(Foto: Pixabay)





[1] Giovanni Sartori (1924 – 2017) politologo e sociologo italiano. È considerato uno dei massimi esperti di scienza politica a livello internazionale e il più importante scienziato politico italiano. In Italia si deve a lui la nascita della scienza politica come disciplina accademica. Autore di fondamentali volumi tradotti in una molteplicità di lingue, Sartori ha scritto di democrazia, di partiti e di sistemi di partito, di teoria politica e di analisi comparata, di ingegneria costituzionale. È stato insignito di otto lauree honoris causa e nel 2005 ha ricevuto il prestigioso Premio Principe delle Asturie, considerato il Nobel delle scienze sociali.

[2] Chiara Lalli (1973) è una saggista e filosofa italiana. È autrice di diversi saggi di bioetica dedicati ai temi della riproduzione medicalmente assistita, dell’aborto e dell’eutanasia. Scrive per Internazionale, Wired, Il Corriere della Sera, Il Foglio, Il Dubbio. Fa parte dell’Intergruppo parlamentare dedicato ai Diritti Fondamentali della Persona promosso e costituito dall’ex vicepresidente del Senato Maria Domenica Castellone.

[3] Edoardo Boncinelli (1941) è un genetista e fisico italiano che, insieme ad alcuni collaboratori, ha scoperto una famiglia di geni, detti omeogene – parte della regione di DNA omeobox – che controllano il corretto sviluppo corporeo nell’uomo. Nel 2011 il Corriere della Sera, in occasione del 150º anniversario dell’Unità d’Italia, ha incluso le scoperte di Edoardo Boncinelli tra le dieci, prodotte dal genio degli scienziati italiani, da ricordare nella storia d’Italia.

[4] Assolutamente da leggere la novella anti-abortista di Philip K. Dick, autore dei racconti di successo da cui sono stati tratti film cult come “Blade runner” e “Minority report”, intitolato proprio “Le pre-persone” scritto nel 1974. Al link seguente il testo https://www.europaoggi.it/content/view/304/45/

[5] Uno dei più eclatanti è la sentenza Dred vs Scott (1857) della Corte Costituzionale americana: “I neri, a norma delle leggi civili, non sono persone”.

[6] Estratto da “Dignità e statuto personale dell’embrione”

[7] Perché uccidere un infante non è sempre sbagliato, Conferenza di Pordenone pubblicata su L’espresso” n. 36, settembre 2005

[8] Direttore dell’Oxford Center di Etica Applicata, direttore del Melbourne Oxford Stem Cell collaboration (dedicato all’esame delle implicazioni etiche di clonazione e ricerca di cellule staminali embrionali), editore del Journal of Medical Ethics (il giornale medico con maggiore impatto in etica medica e applicata), direttore dell’Unità Etica all’Istituto di Ricerca Pediatrica Murdoch a Melbourne, e del Centro Studi per la Salute e Società, dell’Università di Melbourne

[9] [La lotteria delle cellule staminali embrionali e la cannibalizzazione degli esseri umani – Julian Savulescu – Riassunto – Bioethics Vol. 16 n. 6 2002]

[10] “Frammenti postumi” del 1888 (Adelphi)







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