venerdì 3 febbraio 2023

La Giornata per la Vita all’indomani di una infausta scelta politica







Di Stefano Fontana, 2 FEB 2023

Domenica 5 febbraio si terrà la Giornata della Vita. In Italia, quest’anno la scadenza capita all’indomani di una infausta scelta politica. Il parlamento italiano, compresa quindi la maggioranza di governo, ha votato un ordine del giorno che blinda, blocca, surgela, crioconserva… dite come volete – la legge 194 che permette l’aborto di Stato nel nostro Paese. L’approvazione di quell’ordine del giorno rende quella legge intoccabile. Nelle settimane precedenti c’erano stati alcuni tentativi legislativi di modificarla da parte dei disegni di legge Gasparri (Forza Italia) e Menia (Fratelli d’Italia). Iniziative di questo genere non saranno più possibili, almeno in questa legislatura e a meno di un ripensamento della maggioranza oggi difficile da prevedere. Ne abbiamo già parlato sia noi [QUI] sia Tommaso Scandroglio in un articolo su La Nuova Bussola Quotidiana che il nostro Osservatorio approva in pieno [QUI]. Paradossalmente ciò avviene mentre i Vescovi pubblicano un documento non generico, come altri emessi negli ultimi anni, ma che ritorna a parlare di “cultura della morte”, un linguaggio wojtyliano di cui si erano perse le tracce [QUI].

Si può legittimamente dire che si tratta della scelta politica peggiore compiuta dopo l’approvazione della 194, sia perché ne blocca ogni modifica, sia soprattutto perché non lascia più aperta nessuna strada politica per la sua abolizione. Anche questa volta i deputati e i ministri “cattolici” si sono adeguati. Inoltre, nel cosiddetto mondo cattolico attivo nella società civile sono emerse forti critiche a chi segnalava la gravità della scelta politica fatta.

Se questa volontà della nuova maggioranza fosse stata detta prima delle elezioni, certamente alcuni voti sarebbero mancati all’appello, tanti o pochi che fossero. La posizione assunta dalla maggioranza è quindi criticabile prima di tutto sul piano strettamente politico. C’erano molte strade diverse da battere: opporsi e vincolare addirittura il voto con la fiducia, dissociarsi dalla mozione e rivendicare la propria libertà d’azione, contrattare per una mozione che non comportasse la blindatura della legge e così via. È stato un atto assolutamente impolitico, di rinuncia e di abbandono delle proprie prerogative politiche.

Ci sono state, dicevo, critiche cattoliche alle critiche da noi mosse alla sciagurata decisione parlamentare. Per esempio, si è detto che la pubblica opinione del nostro Paese è a favore dell’aborto di Stato e, quindi, è nella società e nella cultura che si deve intervenire e non sul piano politico. Per intervenire con efficacia però sulla cultura occorre avere delle idee chiare da proporre, negando gli aspetti fondamentali del problema non si incide. E aspetto fondamentale del problema è che la 194 è una legge ingiusta, che non può essere accettata. Prescindendo da questo che tipo di azione culturale si riesce a fare, se non una azione indebolita e confusa? E se dichiara che la 194 è ingiusta quando si fanno gli interventi culturali, come spiegare che non si dice più lo stesso quando si tratta del livello politico che, infine, è quello decisivo? I cattolici spesso dicono che la legge 194 è sbagliata ma che andrebbe meglio applicata. Con queste contraddizioni che azione culturale si pretende di fare? E poi: da quando l’azione culturale a difesa della vita si deve fermare nell’anticamera della politica, quando il suo scopo è proprio cambiare le cose tramite la politica? Vogliamo limitarci per sempre a vendere primule per la vita, contenti di così poco?

Un altro argomento sollevato è che oggi abbiamo un ministro per la famiglia tra i migliori che mai ci siano stati e una maggioranza di governo a favore della famiglia come non mai prima. Le polemiche contro l’approvazione della mozione che blinda la 194 dividerebbero e indebolirebbero, favorendo gli avversari della vita. Ma al governo e al ministro della famiglia non si chiedeva di dichiarare la volontà di abolire la 194, si chiedeva che l’avessero in testa e nel cuore. Allora, occupandosi di quoziente familiare e di assegno unico, avrebbero saputo che si trattava di passaggi tattici importanti ma non strategici, perché la strategia vuole andare fino in fondo, vuole vincere la guerra e non solo qualche battaglia. Invece di perseguire strategicamente l’abolizione della 194 senza dirlo (non dire una verità non significa dire una bugia) hanno finito per dichiarare che non intendono assolutamente abolirla. Quindi tutti i loro interventi tattici hanno rivelato la propria limitatezza di interventi tattici, privi di prospettiva. Vogliamo dire che abbiamo il ministro e il governo migliori per la vita che ci siano mai stati? Diciamolo, ma sul tema della vita mancano di prospettiva.

Un ultimo argomento è stato quello relativo alla prudenza. Data la situazione, cambiare la 194 vorrebbe dire peggiorarla. Ma la virtù della prudenza non comporta l’indecisione sui principi, la circospezione esasperata, l’indietreggiare nella lotta. Significa lavorare nelle situazioni per trarne il maggior bene possibile. Il maggior bene possibile, non l’applicazione, nei suoi supposti aspetti positivi, di una legge ingiusta.

Stefano Fontana







Nessun commento:

Posta un commento