martedì 14 febbraio 2023

Dalla Francia. Eutanasia, suicidio assistito, tutto ma non quello






Di Lucie Pacherie, 14 FEB 2023

In Francia ha preso il via il dibattito per la legalizzazione dell’eutanasia. Il 2023 sarà segnato da questo progetto di relativizzazione del divieto di uccidere. Di fronte a una strategia politica ben strutturata e agli argomenti fallaci invocati, la Fondazione Jérôme Lejeune sta avviando una grande campagna per sensibilizzare, informare, coinvolgere. Appuntamento su “Toutmaispasca.org”.

La strategia ben strutturata del governo

Il dibattito sul ‘fine vita’ nel quale la Francia è immersa non è neutro. Il tono è già dato dai promotori dell’eutanasia. Il governo mira a conquistare l’opinione pubblica.

Il primo punto viene segnato nella primavera 2021. Una proposta di legge del deputato Falorni con l’obiettivo di legalizzare il “diritto a un ’fine vita’ libero e consapevole” è stata dibattuta nel quadro della nicchia parlamentare Libertà e Territori. Giocando di tattica, i deputati promotori dell’eutanasia erano riusciti a far approvare, per 240 voti contro 48, l’articolo 1 del testo che fissava il principio di aiuto attivo a morire. Hanno così fatto passare nei media il messaggio che la Francia era pronta a legalizzare l’eutanasia. È stato un test.

Emmanuel Macron ha quindi potuto inscrivere questo provvedimento nel suo nuovo quinquennato, avendo trovato gli attori chiave: Agnès Firmin Le Bodo, Olivier Véran, Olivier Falorni, tutti favorevolmente impegnati in questo primo dibattito. Oggi, i primi due sono ministri incaricati della consultazione delle associazioni, del personale paramedico e dei parlamentari, il terzo è presidente della missione d’informazione incaricata di valutare la legge Claeys-Leonetti.

Poi, nel settembre 2022 fanno seguito gli annunci di Emmanuel Macron, che danno il tono. In occasione dell’attribuzione di un’onorificenza a Line Renaud, per conquistare il cuore dei Francesi, le promette: «La sua battaglia per il diritto a morire nella dignità le corrisponde e ci impegna […] è venuto il momento di fare, quindi faremo». Il 9 dicembre 2022 ha luogo l’apertura ufficiale dell’assemblea dei cittadini, per conferire al progetto un’aura di democrazia partecipativa e infine Macron attribuisce garanzia morale al Comitato consultivo nazionale di etica. Era il minimo per garantire l’accettazione e l’orientamento del “dibattito“. Infatti, per la prima volta il CCNE si dichiara favorevole alla legalizzazione dell’aiuto attivo a morire per le persone coscienti e consenzienti, colpite da una malattia incurabile, che provoca sofferenze intollerabili e il cui pronostico di vita è accertato a medio termine (cioè sei mesi-un anno[1]).

Un argomento fallace


Immediatamente, il quadro delle argomentazioni si stabilizza. È interessante rilevarne una che provocherà vera confusione tra i Francesi. È quello che la ministra Agnès Firmin Le Bodo, incaricata per la consultazione delle associazioni, aveva addotto a Jean-Marie Le Méné, in occasione di un’intervista : «Approfitti di questa legge sull’eutanasia, per potenziare le cure palliative». Un argomento ripreso più volte dai media. È anche il postulato ripreso dal CCNE nel suo parere. Su venti raccomandazioni, la metà riguarda lo sviluppo delle cure palliative e il loro miglior accesso per arrivare poi all’idea di legalizzare l’eutanasia. I partigiani dell’Associazione per il diritto di morire nella dignità si spingono fino ad affermare che l’eutanasia dovrebbe essere definita “cura palliativa“, come avviene in Belgio.

Eppure cure palliative ed eutanasia non hanno nulla in comune. Ancor meglio, sono antinomiche. Le testimonianze del personale curante e degli assistenti in queste unità bastano ampiamente per capire che si fa di tutto per curare il paziente nella sua globalità, garantirgli un minimo di confort, fare dei suoi ultimi giorni momenti positivi con i parenti. La capacità inventiva e di adattabilità del personale curante nei confronti di ogni paziente è permanente. È essenziale il fattore tempo. È flagrante lo sfasamento con un’iniezione letale che provoca la morte fulminea.

Ma, anche senza evocare il fondo della contraddizione tra cure palliative ed eutanasia, vale la pena di farsi delle domande su un metodo che mira alla legalizzazione dell’eutanasia per sviluppare le cure palliative… Per essere più accessibili, le cure palliative non hanno bisogno del diritto alla morte… In realtà sono un mezzo per arrivare a far accettare l’idea dell’aiuto attivo a morire. Le persone che si dicono preoccupate per lo sviluppo delle cure palliative tengono un atteggiamento umano rassicurante, diventando così più ascoltabili quando promuovono l’eutanasia.

Un tallone d’Achille?


Si palesa e merita di essere brevemente analizzato un altro argomento a “difesa“. Il dibattito sulla legalizzazione dell’eutanasia «non deve spingere le persone fragili a pensare che sono un peso o, ancora peggio, non deve condurre la società a pensarlo. I limiti sono fissati» spiega ai media, appena può, Jean-Christophe Combe, ministro della Solidarietà, dell’Autonomia e delle Persone disabili. Agnès Firmin Le Bodo, in risposta a Jean-Marie Le Méné, ha reagito con forza ribadendo il fatto che non c’è nessuna intenzione di colpire le persone disabili attraverso questa legge. L’insistenza degli interventi di Jean-Christophe Combe è la prova che l’argomento è reale. Il CCNE l’ha suggerito nel suo parere, sottolineando che bisognerà produrre «ulteriori riflessioni» quanto alla richiesta di eutanasia formulata da minori o da «persone che soffrono di turbe psichiche o cognitive che alterano ma non impediscono la [loro] capacità di esprimere un parere» o, ancora, quanto all’eutanasia delle persone «incapaci di esprimere la propria volontà, dipendenti da cure che le tengono in vita» [in quest’ultimo caso si pensi, per esempio, a Vincent Lambert considerato «mantenuto in vita» perché gli venivano amministrate alimentazione e idratazione artificiali]. In altre parole, si sa, le persone disabili o i grandi disabili ne faranno le spese molto più rapidamente di quanto si possa immaginare. È ciò che esprimono bene gli otto membri del CCNE, nella riserva che hanno redatto: “Che messaggio rivolgerebbe tale evoluzione legislativa alle persone gravemente malate, disabili o anziane? Non rischia di essere percepita come il segno che alcune vite non meritano di essere vissute? Ci preoccupa il fatto che questa legge possa suscitare un sentimento di colpa, cioè un complesso nei confronti della vita.“. Anche la Fondazione Jérôme Lejeune formula tale preoccupazione, poiché sa che le prime vittime delle leggi che attaccano la vita umana, sono le persone disabili. La forte posizione difensiva del governo su questo punto può solo spingerci ad rafforzare la vigilanza a favore delle persone vulnerabili.

Lucie Pacherie

Fondazione Jérôme Lejeune,

Responsabile della campagna “Tout mais pas ça“

[Traduzione dal francese di Orietta Tunesi dell’articolo di Lucie Pacherie, Euthanasie, suicide assisté : tuot ma pas ca !, « Liberté Politique », n. 94, Décembre 2022, pp. 65-70]


[1] Parere N° 139 del Comitato consultivo nazionale di etica.






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