di padre Enrico Zoffoli
Dopo quasi un secolo, il decreto Lamentabili (3.7.1907) e l'enciclica Pascendi dominici gregis (8.9.1907) di san Pio X, sono ancora attuali.
Penso che oggi, nei diversi strati del mondo cattolico, non serpeggi aberrazione che,almeno in germe, non sia contenuta negli scritti dei fautori del modernismo (da F. Schleiermacher, A. Ritschl, A. Sabatier a L. Laberthonniér, A. Loisy, G. Tyrrell, E. Buonaiuti, A. Fogazzaro, ecc.) e non abbia avuto nei documenti pontifici la sua denunzia più chiara, completa, sistematica.
Così, citandoli e commentandoli un po' tutti, osservo:
- Se la verità non è più immutabile dell'uomo stesso, perché in lui, con lui e per lui si evolve, come sostengono teologi improvvisati, travolti dalla corrente immanentistica della filosofia moderna, la Chiesa - che da sempre insegna tutto il contrario - presentandosi come Maestra di una dottrina assolutamente vera, sarebbe responsabile della più turpe impostura della storia umana...
- Se la storicità e l'inerranza della S. Scrittura sono discutibili, per cui la sua interpretazione è relativa all'intelligenza, alla sensibilità e alla cultura umana, mutabili da un'epoca all'altra - come certi esegeti cattolici suppongono -, al magistero della Chiesa viene a mancare una delle fonti principali che lo rendono credibile.
- Se dogmi, sacramenti, gerarchia sono il prodotto dello sviluppo del «piccolo germe latente nel Vangelo» dovuto a cause esterne, il Cristianesimo, quale si è venuto realizzando nella storia ultramillenaria della Chiesa, è soltanto un'invenzione umanapiù o meno rispettabile. Non altro.
- Se è impossibile conoscere verità assolute, ogni religione è relativamente vera, per cui nessuna è oggettivamente preferibile alle altre. Segue che l'attività missionaria non solo è superflua - potendo tutte condurre alla salvezza -, ma anche offensiva della coscienza umana, lesiva della libertà a cui ogni persona ha diritto, non rispettosa delle tradizioni e della cultura dei singoli popoli.
- Se si accetta il relativismo gnoseologico, nessun argomento può dimostrare l'esistenza di Dio a livello rigorosamente razionale; per cui il suo rifiuto è comprensibile al pari della fede in Lui, del quale perciò tutto può essere affermato enegato.
- Se la Rivelazione non è altro che la coscienza dei rapporti dell'uomo con Dio, i dogmi proposti dalla Chiesa non sono caduti dal cielo, essendo un'interpretazione dei fatti religiosi elaborata lentamente dalla cultura umana attraverso i secoli, risultandone formule di fede sempre mutevoli quanto la cultura stessa.
- Se la divinità di Cristo è un dogma che la coscienza religiosa dei credenti ha dedotto dalla nozione di «Messia», i fedeli non sanno più a chi rivolgersi, non essendoci nessuno che - come Lui - abbia «parole di vita eterna».
- Se il biblico peccato originale dei progenitori è soltanto una fiaba, e quello personaleè impossibile per quel relativismo etico che nella coscienza individuale riconosce l'unica norma dell'agire umano - come si ripete insistentemente in alcuni ambienti cattolici - l'opera espiatrice di Cristo perde ogni senso.
- Se, appunto per questo, la sua morte non è stata un «sacrificio», la «Croce» resta«scandalo per i Giudei e stoltezza per i Pagani». Perciò, la partecipazione al suo «mistero», che motiva e caratterizza l'ascetismo cristiano, deve cedere all'umanesimo come celebrazione dei valori temporali, ricerca e godimento del piacere, impegno e solidarietà sociale, conquista del mondo affidata alla scienza e alla tecnica, destinate al pieno dominio dell'uomo sulla natura.
- Se la Risurrezione di Cristo non è propriamente un fatto storico, non dimostrato né dimostrabile, ma una verità scaturita dalla fede e dall'entusiasmo della Chiesa primitiva, convinta dell'immortalità del Maestro presso Dio, viene meno il miracolo ritenuto la più valida dimostrazione della sua opera messianica, della sua mediazione redentrice.
- Respinta la divinità di Cristo e la realtà del suo sacrificio di espiazione, è vano credere che il culto debba consistere principalmente nel celebrarlo: la Messa può avere un senso e un valore solo se intesa come banchetto fraterno, espressione di un amore universale, possibile a tutti i cultori della Trascendenza. Nell'unico pane dellacomunione eucaristica il falso ecumenismo non potrebbe avere un simbolo più efficace.
- Se l'Eucarestia è soltanto una mensa e, per essere commensali, basta credere e amarsi a vicenda, la funzione del sacerdozio non comporta alcun potere e dignità che renda chi ne è investito superiore agli altri fedeli.
- Eliminato il sacerdozio ministeriale, la gerarchia ecclesiastica non ha alcun fondamento, per cui la Chiesa sarebbe retta democraticamente come ogni società civile: alla «potestas regiminis» supplirebbe il potere della grazia, il fascino del carisma, la voce della coscienza, nella piena eguaglianza di tutti i credenti.
- Gerarchia, sacerdozio ministeriale, sacrificio dell'altare, transustanziazione, culto eucaristico: tutto, essendo strettamente collegato, subisce la medesima sorte per quella eliminazione del «sacro» detta secolarizzazione del Cristianesimo. «Partita dal mondo protestante (...), il suo contraccolpo sul mondo cattolico è oggi estremamente violento: sta infatti nascendo tra i cattolici e si sta vigorosamente sviluppando una forte corrente secolarizzante» (G. De Rosa, La secolarizzazione del Cristianesimo, in La Civiltà Cattolica, 1970, II, p. 216).
- Vivere, come se Dio non ci fosse o fosse morto, significa affermare l'uomo, affidare a lui tutti i compiti, attendersi da lui la soluzione di tutti i problemi: non occorre altro per escludere la divinità di Cristo, la necessità della sua opera redentrice. È appunto lasecolarizzazione riflessa in una cristologia neo-ariana, che a sua volta porta alladeclericalizzazione del prete, alla soppressione del celibato, alla svalutazione dell'ascesi, all'esaltazione del laicato, all'esclusivo o prevalente impegno nel sociale...
- Agnosticismo, positivismo, materialismo hanno invaso talmente la cultura in Occidente, che per l'uomo moderno è ingenuo parlare ancora di paradiso e inferno. IlCatechismo olandese ritiene che, con la morte, «l'uomo ritorna alla terra, come una foglia d'autunno, come un animale (...). La morte è radicale. Non muoiono solo le braccia, le gambe, il busto, la testa. No. Muore tutto l'uomo terrestre. Su questo punto hanno ragione coloro che non possono ammettere la sopravvivenza: la morte è la fine di tutto l'uomo, quale lo conosciamo...» (Il Nuovo Catechismo Olandese, ed. L.D.C., Torino-Leumann, 1969, p. 569).
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