martedì 23 aprile 2024

Quel legame tra la scomparsa dell’autorità e l’abolizione del castigo eterno




23 APR 2024

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by Aldo Maria Valli

Famiglia, scuola, religione, politica, vita sociale, cultura. Qualunque sia l’ambito sotto osservazione, emerge un dato saliente: la scomparsa dell’autorità. Un fenomeno che Hannah Arendt studiò e mise in relazione profonda e diretta con ciò che per lei caratterizza veramente la modernità: la scomparsa dell’idea di castigo eterno.

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di Robert Lazu Kmita

“L’autorità è scomparsa dal mondo moderno”. L’autrice di questa affermazione è la filosofa tedesco-americana Hannah Arendt, una delle menti più brillanti del pensiero filosofico e politico del XX secolo.

Di fronte all’orribile prospettiva dello sterminio della propria nazione per mano di Adolf Hitler e dei suoi scagnozzi, l’allieva di Martin Heidegger e Karl Jaspers dedicò la parte più significativa della sua opera a spiegare l’emergere di quel mostro impensabile che fu il totalitarismo.

Per chiarire come siano stati possibili abomini politici come il bolscevismo e il nazismo, la Arendt propone una spiegazione specifica nel suo articolo L’autorità nel XX secolo, pubblicato nel 1956:

L’ascesa dei movimenti fascisti, comunisti e totalitari e lo sviluppo dei due regimi totalitari, quello di Stalin dopo il 1929 e quello di Hitler dopo il 1938, avvennero sullo sfondo di un crollo più o meno generale, più o meno drammatico, di tutte le autorità tradizionali. In nessun caso questo crollo fu il risultato diretto dei regimi o dei movimenti stessi, ma sembrò che il totalitarismo, sotto forma sia di regimi che di movimenti, fosse il più adatto a trarre vantaggio da un’atmosfera politica e sociale generale in cui la validità dell’autorità stessa era radicalmente messa in dubbio.

Questa la convinzione, esposta in modo più dettagliato, anche nella monografia Le origini del totalitarismo. Per dimostrarlo, l’autrice parte dalle fondamenta della società umana di ogni epoca: la famiglia e la scuola, istituzioni che vengono minate dal crollo di quel potere invisibile che ne è alla base: l’autorità. Ancora più concretamente, la Arendt afferma che, nel contesto della cultura moderna, osserviamo impotenti “la graduale disgregazione dell’unica forma di autorità che esiste in tutte le società storicamente conosciute, l’autorità dei genitori sui figli, degli insegnanti sugli allievi e, in generale, degli anziani sui giovani”. E non si tratta di un fenomeno accidentale e parziale. No, si tratta di una distruzione totale di qualsiasi tipo di autorità che inizia con l’autorità dei genitori sui figli e che alla fine porta “persino all’abbandono di ovvie necessità naturali”.

Analizzando il contesto americano, verso il quale manifestò un costante scetticismo che fu accolto con alcune reazioni critiche (tra cui l’etichetta di “antifemminista”), la Arendt mostrò che anche il cosiddetto “neoconservatorismo”, molto dinamico sia a livello culturale che educativo, “fa appello a uno stato d’animo e a un’inquietudine che sono risultati diretti dell’eliminazione dell’autorità dal rapporto tra giovani e anziani, insegnante e allievo, genitori e figli”. La conclusione sorprendente che l’autrice trae in tutta la sua opera è che il mondo moderno ha rovinato qualsiasi istituzione basata sull’autorità.

Arendt osserva che l’erosione dell’autorità ha le sue radici nella storia stessa della modernità. Così, nel saggio del 1956 già citato, si chiede retoricamente: “Chi può negare… che la scomparsa di praticamente tutte le autorità tradizionalmente stabilite sia stata una delle caratteristiche più spettacolari del mondo moderno?”. Se seguiamo il filo storico di quegli eventi che la Arendt considera responsabili della nascita della modernità, tra cui la riforma protestante e la filosofia errata di autori come Thomas Hobbes, non possiamo fare a meno di notare che tutti poggiavano su premesse profondamente anti-tradizionali. La Arendt non si tira indietro nella sua critica a queste rivoluzioni:

Fu un errore di Lutero pensare che la sua sfida all’autorità temporale della Chiesa e il suo appello al giudizio individuale non guidato avrebbero lasciato intatte la tradizione e la religione. Così come fu un errore di Hobbes e dei teorici politici del XVII secolo sperare che l’autorità e la religione potessero essere salvate senza la tradizione. Così come, infine, fu l’errore degli umanisti pensare che sarebbe stato possibile rimanere all’interno di una tradizione ininterrotta della civiltà occidentale senza religione e senza autorità.

Naturalmente, la scomparsa dell’autorità non è un fenomeno che si è verificato da un giorno all’altro. Al contrario, si tratta di un lungo processo storico che si dipana attraverso una serie di eventi importanti. Per comprendere la natura e le conseguenze di questo processo, dobbiamo prima capire il punto chiave della prospettiva di Arendt.

L’autorità è necessariamente legata ad altri due valori cardine: la religione e la tradizione. Questa “trinità” rappresenta l’eredità che la Chiesa cattolica romana ha ricevuto dalla tradizione romana: “Grazie al fatto che la fondazione della città di Roma si è ripetuta nella fondazione della Chiesa cattolica, anche se, naturalmente, con un contenuto radicalmente diverso, la trinità romana di religione, autorità e tradizione ha potuto essere ripresa dall’era cristiana”.

Questa assimilazione della sostanza stessa dell’autorità romana da parte della Chiesa cattolica la spinge a dire che “finora un’istituzione autenticamente autoritaria è riuscita a sopravvivere all’assalto dell’età moderna, la Chiesa cattolica”. Ma il punto principale è che il fondamento più forte per la manifestazione e la conservazione dell’autorità è la religione.

Senza giri di parole, con un linguaggio concettuale preciso, l’autrice critica l’errore dei pensatori liberali (e oggi anche dei “conservatori”) che confondono, da un lato, il governo tirannico con il governo autoritario e, dall’altro, l’uso legittimo della forza con qualsiasi forma di violenza. Con precisione, spiega la differenza essenziale tra questi elementi:

La differenza tra tirannia e governo autoritario è sempre stata che il tiranno governa secondo la propria volontà e il proprio interesse, mentre anche il governo autoritario più draconiano è vincolato dalle leggi. I suoi atti sono controllati da un codice che o non è stato creato dall’uomo, come nel caso della legge di natura o dei Comandamenti di Dio o delle idee platoniche, o almeno non da coloro che sono effettivamente al potere. La fonte dell’autorità nel governo autoritario è sempre una forza esterna e superiore al suo stesso potere; è sempre questa fonte, questa forza esterna che trascende il regno politico, da cui le autorità traggono la loro “autorità”, cioè la loro legittimità, e contro cui il loro potere può essere controllato.

Ecco la radice della differenza tra un leader autoritario e un tiranno. Il primo, che governa sotto la guida di un potere basato su un insieme di principi “trascendenti”, è quindi in possesso di una legittimità che il secondo, che agisce seguendo solo la propria volontà e i propri interessi personali (o familiari), non avrà mai. In una parola, la fonte di ogni forma legittima di autorità è sempre superiore alla volontà individuale di chi la esercita.

Ma cosa spinge un leader a seguire una costellazione trascendente di valori (come i dieci comandamenti)? La risposta proposta da Hannah Arendt è a dir poco sorprendente: la paura del castigo eterno, ovvero dell’inferno. Questo è il fondamento ultimo e assoluto del principio tradizionale e religioso dell’autorità. Senza questa paura “metafisica”, basata sull’esistenza dell’inferno descritta da Platone nella Politeia (solitamente ed erroneamente tradotto come La Repubblica), o dal Vangelo di san Luca nella parabola del ricco e di Lazzaro, la scomparsa dell’autorità è inevitabile. Così è stato possibile far emergere i terrificanti regimi dittatoriali del XX secolo. È stato possibile sterminare milioni di persone senza che nessuno o qualcosa potesse impedire questi atti di genocidio. Come scrive la Arendt, “la paura dell’inferno non è più tra i motivi che potrebbero impedire o stimolare le azioni di una maggioranza”. Quasi a voler sottolineare l’eccezionale importanza di questa idea, l’autrice scrive ancora:

Comunque sia, il fatto è che la conseguenza più significativa della secolarizzazione dell’età moderna potrebbe essere l’eliminazione dalla vita pubblica, insieme alla religione, dell’unico elemento politico della religione tradizionale, la paura dell’inferno. Noi che abbiamo dovuto assistere a come, durante l’era di Hitler e Stalin, una criminalità del tutto nuova e senza precedenti, quasi incontrastata nei rispettivi Paesi, abbia invaso il regno della politica, dovremmo essere gli ultimi a sottovalutare la sua influenza “persuasiva” sul funzionamento della coscienza.

In effetti, di fronte alle più terribili manifestazioni del potere arbitrario durante tutta l’epoca del cosiddetto “mito del progresso”, nessuno dei pensatori che hanno cercato di proporre spiegazioni pertinenti ha potuto evitare la religione. Questo perché nulla è più evidente, nel contesto della vita politica, delle conseguenze disastrose della secolarizzazione, compresa la separazione tra Chiesa e Stato. La scomparsa della paura dell’inferno, ci dice Arendt, porta direttamente all’istituzionalizzazione dell’immoralità e alla trasformazione della volontà deviata di un Hitler o di uno Stalin in politica di Stato, da eseguire con automi che li seguono ciecamente lungo il sentiero della distruzione.

I testi di Hannah Arendt sono caratterizzati da una comprensione profondamente metafisica, e persino teologica, della storia. La discesa della modernità si spiega in ultima analisi solo con il suo allontanamento dall’ideale cristiano di autorità. Da queste prospettive deriva una conclusione semplice ma profonda: senza il ripristino delle convinzioni immutabili, eterne e rivelate della tradizione giudaico-cristiana nell’anima dei cittadini, nessuna leadership politica esistente sarà in grado di risolvere saggiamente crisi come quella che attualmente affligge l’Occidente.

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Traduzione e riduzione dell’articolo Hannah Arendt and the Disappearance of Authority

europeanconservative.com



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