giovedì 2 dicembre 2021

Polonia, Cile, Francia, Usa: il diritto all’aborto non è un finale già scritto







Media e Ong ce l'hanno venduto come un tema già chiuso, ma è l'esatto contrario. L'enfant, il senza voce per eccellenza, continua a scuotere le coscienze (anche delle società occidentali)




Leone Grotti02/12/2021

Dopo oltre 40 anni di aborto legale in Italia, l’interruzione di gravidanza, da eccezionale che era, appare ormai come qualcosa di normale e acquisito. Ogni volta che un personaggio pubblicoAlfonso Signorini è solo l’ultimo di una lunga seriesi dichiara contrario alla pratica, scoppia un finimondo. Come se nessuno potesse permettersi anche solo di mettere in dubbio che il feto è solo “un grumo di cellule”, come se “il corpo è mio e lo gestisco io” fosse un versetto del Vangelo.


Il Cile boccia la legalizzazione dell’aborto


Ma per quanto i giornali amino dare voce e spazio a una sola parte, quella secondo cui l’aborto è un diritto umano, e i grandi organismi internazionali, dall’Onu all’Unione Europea, abbiano posto una pietra tombale sul dibattito, scattando sull’attenti ogni volta che qualcuno osa mettere in dubbio la libertà della donna, la gente non si è mai messa il cuore in pace. Il feto è l’enfant (senza voce) per eccellenza e sull’equilibrio da trovare, per difenderne il diritto alla vita in modo non punitivo verso le donne, il mondo intero ancora dibatte animatamente. L’aborto, insomma, non è un problema chiuso. Anzi.

Basta scorrere le notizie di questa settimana. Ieri, nonostante un’incessante propaganda abortista, il Congresso del Cile ha bocciato una legge che avrebbe depenalizzato l’aborto compiuto fino al secondo mese. La proposta è stata bocciata 65 voti a 62: sono stati determinanti almeno cinque deputati del centrosinistra, che si sono schierati a sorpresa con i conservatori.


Dibattiti in Francia, Polonia e Usa

L’esatto opposto è avvenuto in Francia, dove per «rafforzare il diritto all’aborto» l’Assemblea nazionale ha permesso alle donne di abortire fino alla quattordicesima settimana, invece che alla dodicesima come previsto dall’attuale legge. I deputati di centrodestra sono riusciti per un soffio ad evitare che venisse addirittura cancellata la possibilità per i medici di fare obiezione di coscienza.

È tornata a far discutere anche la Polonia, che ha recentemente approvato importanti restrizioni alla possibilità di abortire e dove oggi alla Camera continuerà la discussione iniziata ieri su un nuovo disegno di legge, di iniziativa popolare, che ha come obiettivo quello di definire l’aborto un omicidio. Le Ong si stracciano le vesti gridando al golpe umanitario, incolpando il partito al governo, senza considerare che la proposta è partita dal basso, dalla popolazione polacca.

Infine, non si possono non citare gli Stati Uniti, dove ieri la Corte Suprema ha ascoltato gli argomenti orali del caso del secolo Dobbs v. Jackson Women’s Health Organization – che potrebbe portare alla fine dell’aborto come diritto costituzionale, restituendo agli Stati, cioè ai cittadini, la possibilità di decidere se permetterlo o meno.


Il diritto all’aborto non è un finale già scritto


L’aborto come diritto umano che riduce il feto a un ammasso di cellule è una favola, antiscientifica, a cui crede nel mondo un’estrema minoranza. Se in molti paesi dell’Africa e dell’Asia l’interruzione di gravidanza è ancora un tabù innominabile, anche in molti tra gli Stati più avanzati dal punto di vista dei diritti individuali il dogma della libertà assoluta nei confronti dei bambini non nati vacilla. In altri, invece, si rafforza.

È comunque la dimostrazione che il discorso non è chiuso e che l’aborto come diritto non è un destino ineluttabile delle società più avanzate. Il senza voce per eccellenza continua a far sussurrare, in alcuni casi, e gridare, in altri, le coscienze di tutto il mondo.

@LeoneGrotti

Foto Ansa







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