martedì 7 gennaio 2025

L’“opzione Benedetto” è una valida strategia di riscossa cristiana?




[Sull’argomento il nostro Osservatorio gradirebbe aprire una discussione – S.F.]




Di Guido Vignelli, 7 Gen 2025

Una proposta di resistenza cristiana al laicismo

Com’è noto, nel 2017, il giornalista statunitense Rod Dreher pubblicò un libro che propose la cosiddetta Benedict option, intesa come scelta strategica tesa a preservare la residua civiltà cristiana dalla offensiva di un laicismo sempre più aggressivo e repressivo. Questo libro riscosse un successo mondiale, anche nella sua edizione italiana (L’opzione Benedetto, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsano 2018). Pochi anni dopo, nel blog The American Conservative, l’autore ha rivisto e corretto la sua proposta alla luce delle obiezioni ricevute e delle novità sopraggiunte.


Tuttavia, ci pare opportuno esaminare brevemente quel suo libro perché contiene una buona analisi storica e molte valide indicazioni, raccogliendo suggerimenti provenienti da esperti appartenenti a varie confessioni cristiane. Soprattutto, ci sembra necessario valutare se l’originaria proposta “neo-benedettina” costituisca una valida strategia di resistenza culturale e politica che permetta ai cristiani di salvarsi dalle persecuzioni, nella prospettiva di preparare una riscossa capace di vincere il nemico della civiltà cristiana.

Infatti, a un’attenta analisi, i dubbi al riguardo non mancano.

L’attuale crisi di civiltà è simile a quella dell’antichità?


Il primo dubbio sulla opzione neo-benedettina sorge dal fatto ch’essa presuppone una somiglianza tra la crisi dell’antica civiltà pre-cristiana e quella della moderna civiltà post-cristiana. Pertanto, secondo Dreher, quei fattori che, attorno al V secolo, avviarono la costruzione della civiltà cristiana oggi potrebbero essere ripresi per salvarla dalla estinzione, ovviamente adattandoli alle nostre esigenze.

Tuttavia, questo paragone tra l’epoca alto-medioevale e quella contemporanea non regge all’analisi storica e quindi mette in discussione la premessa che fonda la opzione neo-benedettina.

Ad esempio, la crisi di civiltà vissuta all’epoca del grande santo italiano fu molto meno grave di quella contemporanea. Infatti, la crisi del VI secolo non fu unitaria, perché ebbe aspetti di luogo e di settore tra loro molto diversi; non fu dominante, perché venne contrastata da fattori spirituali ereditati dalla tradizione greco-romana e soprattutto dalla rapida diffusione del Cristianesimo; non fu globale, perché abbatté l’Impero Romano occidentale ma risparmiò quello orientale. Basti ricordare che, mentre san Benedetto fondava il monastero di Montecassino, l’imperatore Giustiniano sopprimeva la pagana Accademia di Atene e varava il Codice giuridico della Cristianità.

Invece, la crisi che oggi noi stiamo subendo ha le gravi caratteristiche di essere unitaria, dominante e globale; pertanto, essa necessita di una soluzione che sia altrettanto unitaria, dominante e globale, ossia una soluzione radicale.

Inoltre, la crisi di civiltà vissuta all’epoca di san Benedetto fu molto diversa da quella contemporanea. Infatti, la neonata Cristianità era fiorente nell’Europa orientale e sopravviveva debolmente nell’Europa occidentale nonostante il crollo di Roma e le invasioni barbariche; la Chiesa era in crescita e stava avviando la conversione dei popoli nordici. Per restaurare la civiltà, ai monaci benedettini bastò restaurare le basi culturali e le strutture politico-giuridiche della società, trasformando i popoli barbari da fattori distruttivi in costruttivi. Infatti, dalla riforma benedettina e da quella carolingia nacquero in Occidente l’Impero franco-germanico e in Oriente i Regni slavi, destinati a durare oltre un millennio.

Invece, l’attuale crisi di civiltà è causata da fattori non tanto esterni quanto interni, perché i nuovi barbari distruttori sono sorti dal declino spirituale e culturale della Cristianità. Inoltre, ormai la dirigenza della Chiesa Cattolica è in piena crisi d’identità e mette in discussione la propria credibilità, ad esempio pretendendo non di convertire i nuovi barbari ma di convertirsi a loro. Pertanto, oggi bisogna non tanto restaurare un edificio danneggiato quanto ricostruirlo dalle fondamenta sia naturali che soprannaturali, sia politiche che religiose.

È sufficiente isolarsi dal mondo per arginare la crisi?


Questo fraintendimento dell’attuale grave situazione della civiltà cristiana suscita un secondo dubbio sulla validità della opzione neo-benedettina.

Infatti, secondo Dreher, l’attuale processo di secolarizzazione è ormai inarrestabile; pertanto, i fedeli sono destinati a ridursi a una minoranza marginale e ininfluente, incapace di convertire il mondo d’oggi e di costruire una civiltà cristiana integrale come quella dei loro antenati (p. 323).

Di conseguenza, l’opzione Benedetto propone di «costruire un’arca in cui rifugiarsi» per sopravvivere al nuovo diluvio (p. 29), ossia tessere una rete di comunità che permetta ai pochi fedeli rimasti di preservare verità e virtù dalla corruzione dominante, restando immuni dalle seduzioni del secolo. Questa opzione di mera resistenza passiva costituisce una “ritirata strategica” che si limita a ridurre i danni e rallentare il declino della civiltà, salvando ciò che resta e rinunciando a riconquistare ciò ch’è stato perduto.

Tuttavia, bisogna obiettare che l’attuale sistema di potere si sta organizzando in modo capillare per impedire ogni tipo di efficace resistenza passiva. Pertanto, la strategia neo-benedettina può funzionare solo se rimane locale e momentanea, ma fallirebbe se diventasse globale e definitiva impedendo di passare dalla resistenza alla riscossa mirante a vincere il nemico.

Ormai, il finale scontro globale tra Chiesa e anti-Chiesa è inevitabile; ai cristiani rimane solo la drammatica alternativa tra una resa incondizionata che conduca alla loro scomparsa lenta e indolore e una riscossa efficace che prepari la loro vittoria sul nemico.

È sufficiente “ritirarsi nel privato” per vincere il pubblico degrado?


Questa inevitabilità dello scontro globale tra la residua Cristianità e i suoi agguerriti nemici suscita un terzo dubbio sulla validità strategica della opzione neo-benedettina.

Infatti, Dreher è convinto che ormai sia inutile impegnarsi nella vita pubblica tentando di preservare quel poco di sano che resta nelle istituzioni politiche (p. 29); pertanto, l’opzione Benedetto propone come soluzione quella di “ritirarsi nel privato”. Si tratta di costituire “isole di santità” (p. 85), un arcipelago di piccole comunità libere e autonome che raccolgano famiglie, gruppi e associazioni capaci di educare nuove generazioni di cristiani, ad esempio costituendo “scuole parentali” e imprese di sopravvivenza economica e di assistenza sociale.

Per salvarsi dalla crisi, basta che i cristiani organizzino comunità di “privato sociale” o “avamposti periferici” che, isolandosi dal mondo e rendendosi autonomi dal sistema dominante, possano preservare ristretti “spazi di libertà” che permettano di compiere una missione educativa, caritatevole e assistenziale (pp. 123-125).

Tuttavia, la storia dimostra che le comunità dissidenti non possono resistere a lungo, se vengono attaccate da poteri politici capaci di fare “terra bruciata” attorno ad esse. A maggior ragione, le comunità cristiane non possono restare a lungo fedeli al Vangelo, senza una organizzazione politica che le favorisca e le protegga; interventi soprannaturali in loro difesa sono certamente possibili ma non programmabili.

Già nel XVI secolo, un grande convertitore come san Francesco Saverio ammonì i missionari che una comunità cristiana nata in terra pagana può sopravvivere e convertire solo se si dota, oltre che di una formazione culturale, anche di una protezione politica e militare. A maggior ragione, ciò vale per una comunità cristiana che vive in un mondo dominato da potenti forze anticristiane decise a perseguitarla e a sopprimerla.

Oggi l’offensiva laicista è talmente radicale e globale da poter reprimere “isole benedettine” di resistenza passiva; oggi essa lo fa ponendo ostacoli legali, burocratici, economici e fiscali, domani lo farà suscitando persecuzioni mass-mediatiche, giudiziarie e malavitose. Quelle isole finiranno sommerse dal maremoto sollevato dalla imposizione dei “nuovi diritti civili” e dalla esecuzione di “transizioni globali” occasionate da (vere o presunte) emergenze economiche o ecologiche o sanitarie.

Per la verità, lo stesso Dreher ipotizza “un nuovo genere di politica cristiana” (cap. IV) e ammette la necessità d’instaurare un “ordine educativo” che sia sicuro, stabile e duraturo (p. 85). Ma ciò presuppone ch’esso sia favorito e protetto da legami, poteri e istituzioni politici; pertanto, eludere l’esigenza della battaglia pubblica al fine di “ritirarsi nel privato” costituisce un tentativo di suicidio non giustificabile da motivazioni soprannaturali. Sebbene oggi la battaglia sia soprattutto spirituale e culturale, non è realistico escludere quella politica e giuridica permettendo che il nemico diventi padrone assoluto della vita pubblica per mobilitarla contro la Chiesa.

Conclusione: un minimalismo volenteroso ma inadeguato


In conclusione, ci sembra che la soluzione minimalista della crisi proposta dalla opzione Benedetto sia perlomeno parziale e momentanea, quindi del tutto inadeguata alla gravità e alla vastità dell’attuale pericolo; pertanto, essa non può costituire una realistica ed efficace strategia per una riscossa cristiana capace di vincere il nemico.

I fedeli rimasti devono impegnarsi affinché l’autorità religiosa e quella politica facciano valere i diritti di Cristo Re sulla intera vita civile; essi devono unirsi e organizzarsi per agire sia alla base che al vertice della società; devono affrontare il nemico tentando di colpirlo al cuore, anche se ciò costituisca un rischio per la misera ed effimera sopravvivenza d’ipotetiche isole rimaste fedeli. Lo stesso Dreher ammette che «ci si difende attaccando, espandendo il Regno di Dio» (p. 111).

Insomma, se oggi ritornasse tra noi, san Benedetto elaborerebbe e avvierebbe una strategia che non si limiti a una resistenza capace di rallentare e ridurre l’offensiva rivoluzionaria, ma che osi organizzare un’audace riscossa capace di colpire e vincere quella offensiva, al fine di restaurare la civiltà cristiana nelle sue fondamenta non solo religiose e culturali ma anche morali e politiche.

Ovviamente, non si potrà ottenere tutto e subito; la guarigione dalla crisi sarà difficile, dolorosa e graduale, quindi forse anche lenta; in una prima fase, bisognerà accontentarsi di arginare il male frenandone l’avanzata e riducendone i danni. Ma potremo ottenere questo primo risultato solo contrastando il male alla radice e rovesciandolo dalle fondamenta, sia ideologiche che pratiche.

Questo risultato può sembrare impossibile, ma la speranza cristiana c’insegna che Dio è onnipotente e la Chiesa è invincibile; fare coscienziosamente oggi tutto ciò che è concretamente possibile è il modo per ottenere domani quello che ieri sembrava impossibile.



(Foto: Di Elekes Andor – Opera propria, CC BY-SA 4.0, wikipedia)








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