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Il preoccupante allarme del “Wall Street Journal” su una generazione sempre meno propensa a uscire di casa e mettere su famiglia. E non è solo un problema economico. Anzi
Di Redazione di Tempi, 07 Gennaio 2025
Di per sé non è una novità che le giovani generazioni fatichino a mettere in fila quelle che il quotidiano americano chiama «the milestones of adulthood», le tappe fondamentali dell’età adulta. I tassi di matrimonio e fertilità sono in calo da molto tempo ormai negli Stati Uniti (ma il discorso vale anche per altri paesi del “mondo ricco”), così come le chance per i millennial di diventare proprietari di casa. Adesso però, tra crescenti ostacoli economici alla piena autonomia e comportamenti sociali scelti consapevolmente, scrive Rachel Wolfe, «quello che un tempo i ricercatori consideravano un ritardo inizia a sembrare più uno stato di arresto permanente dello sviluppo».
«Un terzo degli attuali giovani adulti non si sposerà mai, secondo le proiezioni del think tank conservatore Family Studies, rispetto a meno di un quinto dei nati nei decenni precedenti. E secondo il Pew Research Center, la percentuale di adulti senza figli sotto i 50 anni che dichiarano che non avranno mai figli è aumentata di 10 punti tra il 2018 e il 2023, passando dal 37 al 47 per cento».
Dal più tardi al mai
Richard Reeves, presidente dell’American Institute for Boys and Men, dice al Wsj che quello a cui stiamo assistendo è la transizione «dal più tardi al mai», anche perché più le persone rimandano l’ingresso nell’età adulta convenzionalmente intesa, meno probabilità ci sono che questo ingresso avvenga affatto.
Accanto a una fetta sempre più importante di trentenni che rinviano o evitano le pietre miliari (milestones) della maturità per scelta, per molti altri il freno è imposto da prospettive economiche negative. Le cui cause sono note: l’aumento dell’inflazione che affligge l’America, i prezzi delle case in costante impennata, salari insufficienti a far fronte a tutto questo.
Buona parte della generazione dei trentenni, ricorda il Wsj, se la passa effettivamente peggio dei propri genitori a livello economico, e le maggiori difficoltà a raggiungere le tappe fondamentali dell’età adulta sono innegabili. Il mercato del lavoro non offre più le occasioni del passato, specialmente ai giovani uomini, mentre l’ammontare dei debiti accumulati durante gli studi universitari sono più che raddoppiati negli ultimi due decenni, e questo a fronte del fatto che una laurea ormai non è più garanzia di trovare un lavoro ben retribuito. E tra aumento dei tassi di interesse e diminuzione dell’offerta immobiliare, «quest’anno l’età mediana degli acquirenti di una prima casa ha raggiunto il livello record di 38 anni, contro i 35 del 2023 e i 29 del 1981», scrive Rachel Wolfe citando i dati della National Association of Realtors.
Questione di pessimismo
Tuttavia la spiegazione utilizzata convenzionalmente secondo cui il passaggio alla vita adulta sarebbe diventato irrealizzabile per tanti nuovi trentenni americani perché troppo costoso non è sufficiente a giustificare l’ampiezza del fenomeno. Anche perché a dirla tutta, ricorda il Wsj, i salari mediani dei lavoratori a tempo pieno di età compresa tra i 35 e i 44 anni sono aumentati del 16 per cento tra il 2000 e il 2024 (da 58.522 a 67.652 dollari, dati del dipartimento del Lavoro) e la ricchezza complessiva di questa fascia di età è aumentata del 66 per cento tra il 1989 e il 2022, da 62.000 a 103.000 dollari (stima della Federal Reserve di St. Louis).
Ma allora che cosa sta succedendo ai trentenni?
«Per molti versi, gli appartenenti a questa fascia d’età godono di una situazione finanziaria mediamente migliore rispetto a quella dei loro genitori alla stessa età. Il problema è che sembra che non lo sappiano. Secondo la Federal Reserve, l’anno scorso solo il 21 per cento dei trentenni giudicava buono o eccellente lo stato generale dell’economia, e gli economisti ritengono che i giovani adulti siano notevolmente più pessimisti delle generazioni precedenti rispetto al futuro».
Tuttavia la spiegazione utilizzata convenzionalmente secondo cui il passaggio alla vita adulta sarebbe diventato irrealizzabile per tanti nuovi trentenni americani perché troppo costoso non è sufficiente a giustificare l’ampiezza del fenomeno. Anche perché a dirla tutta, ricorda il Wsj, i salari mediani dei lavoratori a tempo pieno di età compresa tra i 35 e i 44 anni sono aumentati del 16 per cento tra il 2000 e il 2024 (da 58.522 a 67.652 dollari, dati del dipartimento del Lavoro) e la ricchezza complessiva di questa fascia di età è aumentata del 66 per cento tra il 1989 e il 2022, da 62.000 a 103.000 dollari (stima della Federal Reserve di St. Louis).
Ma allora che cosa sta succedendo ai trentenni?
«Per molti versi, gli appartenenti a questa fascia d’età godono di una situazione finanziaria mediamente migliore rispetto a quella dei loro genitori alla stessa età. Il problema è che sembra che non lo sappiano. Secondo la Federal Reserve, l’anno scorso solo il 21 per cento dei trentenni giudicava buono o eccellente lo stato generale dell’economia, e gli economisti ritengono che i giovani adulti siano notevolmente più pessimisti delle generazioni precedenti rispetto al futuro».
Sogni infranti e pretese esagerate
Interrogata dall’autrice dell’indagine, Carol Graham, economista del Brookings Institute specializzata in “benessere”, dice che questo pessimismo deriva – come immaginabile – dal bombardamento di allarmi su cambiamento climatico, la polarizzazione politica, i pericoli derivanti dalle nuove tecnologie come l’intelligenza artificiale eccetera. E del resto un sondaggio commissionato nel luglio scorso dallo stesso Wall Street Journal conferma che i giovani statunitensi credono molto meno rispetto agli over 50 alla possibilità che un giorno il “sogno americano” si realizzerà davvero anche per loro.
Ma anche accontentarsi di concludere che si è infranto il sogno americano appare un po’ semplicistico, prosegue Rachel Wolfe: «Almeno in parte, a frenare la crescita di una intera generazione di giovani è piuttosto la dismisura dei sogni che coltivano riguardo alla realizzazione delle proprie vite». Conferma Melissa Kearney, ricercatrice alla University of Maryland sui temi della famiglia: «Oggi le nostre aspettative sono molto più alte. Le generazioni che ci hanno preceduto non pretendevano di avere case grandi con una camera da letto per ogni figlio e vacanze multiple».
Sempre più single e senza figli
Stando alle ricerche di Luke Pardue, analista economico dell’Aspen Economic Strategy Group, poco più della metà degli americani di età compresa fra 30 e 40 anni risultavano sposati nel 2023. Si tratta di una percentuale ben minore rispetto ai due terzi del 1990, ossia proprio quando molti dei trentenni di oggi nascevano. Non meno impressionante il dato secondo cui la percentuale di donne in questa fascia di età che hanno già messo al mondo almeno un figlio sarebbe crollata di 7 punti tra il 2012 e il 2022, precipitando da 78 a 71 per cento in soli dieci anni. Scrive Rachel Wolfe:
«“In parte si tratta di aspettative sociali, in parte di un cambiamento delle priorità e in parte di oggettive questioni economiche”, spiega Kearney della University of Maryland, che ha rilevato come la medesima dinamica sia in atto nei paesi ad alto reddito di tutto il mondo. “Ma tutti insieme questi fattori sembrano spingere nella stessa direzione, e cioè verso un aumento dei tassi di quanti restano single e senza figli”».
Stando alle ricerche di Luke Pardue, analista economico dell’Aspen Economic Strategy Group, poco più della metà degli americani di età compresa fra 30 e 40 anni risultavano sposati nel 2023. Si tratta di una percentuale ben minore rispetto ai due terzi del 1990, ossia proprio quando molti dei trentenni di oggi nascevano. Non meno impressionante il dato secondo cui la percentuale di donne in questa fascia di età che hanno già messo al mondo almeno un figlio sarebbe crollata di 7 punti tra il 2012 e il 2022, precipitando da 78 a 71 per cento in soli dieci anni. Scrive Rachel Wolfe:
«“In parte si tratta di aspettative sociali, in parte di un cambiamento delle priorità e in parte di oggettive questioni economiche”, spiega Kearney della University of Maryland, che ha rilevato come la medesima dinamica sia in atto nei paesi ad alto reddito di tutto il mondo. “Ma tutti insieme questi fattori sembrano spingere nella stessa direzione, e cioè verso un aumento dei tassi di quanti restano single e senza figli”».
Spettatori della propria vita
Secondo la già citata analisi di Pardue, basata sulle rilevazioni dei censimenti ufficiali, quasi il 9 per cento delle persone della fascia di età fra 30 e 40 anni negli Stati Uniti vive ancora con i propri genitori, contro il 6 per cento del 1990. Insomma anche il solo “lasciare il nido domestico”, da sempre ritenuta irrinunciabile pietra miliare del percorso verso la maturità, tende sempre più a diventare una tappa irraggiungibile.
A dimostrazione di questo il Wall Street Journal porta una serie di storie esemplari. Come quella di Renata Leo, che a 31 anni vive ancora nella sua cameretta da adolescente, in casa con mamma e papà. Una scelta dettata da precarietà e difficoltà economiche di vario tipo, ma pur sempre una scelta. Lei stessa stessa, interpellata dal quotidiano, parla del «privilegio di poter attendere un lavoro che le piace anziché doverne accettare uno purchessia» e ammette che «più a lungo se ne sta a guardare, come se fosse spettatrice della sua stessa vita, e più sente venir meno la speranza di riuscire mai a spiccare il volo». «Mi sento ancora come una ragazzina», confessa.
«Voglio crescere»
E se da un lato c’è ovviamente chi rivendica con convinzione la decisione di non mettere su famiglia e di vivere ancora come ai tempi del college in appartamenti condivisi con vari coinquilini («I figli diventano inevitabilmente la priorità principale, mentre io sto ancora cercando di capire qual è la mia priorità», racconta Semira Fuller, manager 39enne di Los Angeles che incassa 100 mila dollari l’anno di stipendio e vive ancora con una “roommate”), dall’altro lato c’è chi invece in situazioni simili ci si sente come condannato. Il Wsj racconta il caso di Cody Harding, 38 anni, coinquilino di un appartamento a Brooklyn con altri tre giovani adulti come lui.
«Harding spera ancora di sposarsi e di avere dei figli, ma ha smesso di farsi illusioni davanti a una mentalità comune che a lui sembra privilegiare le avventure a breve termine rispetto agli impegni a lungo termine. Preferisce inoltre restare single che compromettersi con la persona sbagliata. La maggior parte dei suoi amici si trova nella stessa condizione di adolescenza sospesa, dice, il che a volte dà la sensazione che il tempo si sia fermato. “Ve bene cercare di reinventare come dovrebbe essere una vita moderna, ma sono un po’ amareggiato da tutto ciò che in essa manca”, spiega Harding. “Sono stufo di andare alle feste. L’ho già fatto. Voglio crescere”».
Secondo la già citata analisi di Pardue, basata sulle rilevazioni dei censimenti ufficiali, quasi il 9 per cento delle persone della fascia di età fra 30 e 40 anni negli Stati Uniti vive ancora con i propri genitori, contro il 6 per cento del 1990. Insomma anche il solo “lasciare il nido domestico”, da sempre ritenuta irrinunciabile pietra miliare del percorso verso la maturità, tende sempre più a diventare una tappa irraggiungibile.
A dimostrazione di questo il Wall Street Journal porta una serie di storie esemplari. Come quella di Renata Leo, che a 31 anni vive ancora nella sua cameretta da adolescente, in casa con mamma e papà. Una scelta dettata da precarietà e difficoltà economiche di vario tipo, ma pur sempre una scelta. Lei stessa stessa, interpellata dal quotidiano, parla del «privilegio di poter attendere un lavoro che le piace anziché doverne accettare uno purchessia» e ammette che «più a lungo se ne sta a guardare, come se fosse spettatrice della sua stessa vita, e più sente venir meno la speranza di riuscire mai a spiccare il volo». «Mi sento ancora come una ragazzina», confessa.
«Voglio crescere»
E se da un lato c’è ovviamente chi rivendica con convinzione la decisione di non mettere su famiglia e di vivere ancora come ai tempi del college in appartamenti condivisi con vari coinquilini («I figli diventano inevitabilmente la priorità principale, mentre io sto ancora cercando di capire qual è la mia priorità», racconta Semira Fuller, manager 39enne di Los Angeles che incassa 100 mila dollari l’anno di stipendio e vive ancora con una “roommate”), dall’altro lato c’è chi invece in situazioni simili ci si sente come condannato. Il Wsj racconta il caso di Cody Harding, 38 anni, coinquilino di un appartamento a Brooklyn con altri tre giovani adulti come lui.
«Harding spera ancora di sposarsi e di avere dei figli, ma ha smesso di farsi illusioni davanti a una mentalità comune che a lui sembra privilegiare le avventure a breve termine rispetto agli impegni a lungo termine. Preferisce inoltre restare single che compromettersi con la persona sbagliata. La maggior parte dei suoi amici si trova nella stessa condizione di adolescenza sospesa, dice, il che a volte dà la sensazione che il tempo si sia fermato. “Ve bene cercare di reinventare come dovrebbe essere una vita moderna, ma sono un po’ amareggiato da tutto ciò che in essa manca”, spiega Harding. “Sono stufo di andare alle feste. L’ho già fatto. Voglio crescere”».
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