lunedì 22 maggio 2023

La fiera dove si vendono «bambini da sogno» è un incubo




L’utero in affitto è solo l’ultimo dei problemi di Wish for a baby. Dallo sperma «esclusivo» agli ovociti «di qualità», dalla «garanzia bebè in braccio» ai gadget a forma di provetta, il business eugenetico che riduce la vita a merce (costosa) e la procreazione a catena di montaggio è uno spettacolo surreale e inquietante




Caterina Giojelli - Leone Grotti, 22/05/2023 

C’erano più giornalisti, contestatori e standisti che utenti all’apertura della fiera Wish for a baby di Milano. Non sappiamo perché diverse testate abbiano parlato di centinaia di persone in cerca di un bambino. Erano una cinquantina al massimo. La portavoce della fiera ha ostinatamente ripetuto ai microfoni che «le cliniche che sono qui non promuovono in alcun modo la maternità surrogata» e negato «che in altre fiere simili che abbiamo fatto in Europa si proponesse la maternità surrogata».


Maternità surrogata sponsorizzata a Milano


Peccato che il programma dell’edizione tedesca di Wish for a baby tenutasi a marzo a Berlino prevedesse la bellezza di venti conferenze a tema surrogata, con decine di esperti tra medici, avvocati, agenzie, cliniche e testimonial arrivati dalla Gran Bretagna e dagli Stati Uniti. Peccato che bastasse sfogliare il materiale informativo distribuito a Milano agli stand per trovare la surrogata annoverata tra i servizi proposti, o chiedere direttamente agli espositori per ottenere i contatti all’estero. Ma se anche l’utero in affitto non fosse stato proposto, assistere alla promozione della catena di montaggio degli esseri umani allestita a Milano non sarebbe stata un’esperienza meno surreale.

Wish for a baby ha aperto le porte sabato, sotto una pioggia battente, nello Spazio antologico degli East End Studios di via Mecenate 84, periferia sud-est della città. Una location post-industriale tutta mattone a vista, putrelle, travi in ferro e faretti assolutamente confacente alle linee di produzione, stoccaggio e assemblaggio del prodotto promosso: non un bambino, ma il bambino dei sogni. È il claim della danese Cryos, che possiede una banca internazionale del seme in Danimarca, una del seme e degli ovuli negli Stati Uniti e una a Cipro, aperta dal 2021: «Ti aiutiamo a trasformare il tuo sogno di avere un bambino in un bambino da sogno».


Scegliere etnia e colore della pelle


Il bambino da sogno nasce su internet, «dovete solo creare un account sul nostro sito e potrete accedere ai profili dei nostri donatori», dicono a Tempi le gentilissime referenti di Cryos rimandandoci al portale che propone il seme di studenti, uomini d’affari, appassionati di musica e sport, tutti «mentalmente stabili, fisicamente sani» e con «un seme di alta qualità» garantito da tutte le certificazioni del caso.

C’è il profilo “base”, con informazioni su etnia, altezza e peso, colore di pelle, occhi e capelli, titolo di studio e storia medica, oppure c’è il profilo “esteso” grazie al quale si può sapere anche il numero di piede, il colore di barba e sopracciglia, che tipo di capelli ha «e soprattutto vedere le foto del donatore da bambino, osservare la sua calligrafia, ascoltare una registrazione della sua voce, scoprire il suo quoziente intellettivo, il suo albero genealogico», continuano.


«Donatore di sperma esclusivo? 100 mila euro»


Quando chiediamo se viene monitorato il numero di bambini nati da ciascun donatore ci viene risposto che è impossibile, ma possiamo prenotarne uno «in esclusiva: significa che le sue donazioni di seme non saranno utilizzate da nessun altro oltre che da voi». È solo «un po’ expensive, 100 mila euro circa». C’è poi la possibilità di sottoporsi a due tipi di matching genetici con i donatori per «ridurre il rischio di avere un figlio malato» e scegliere un donatore dall’identità rilevabile, così da permettere al figlio, una volta compiuti i 18 anni, di richiedere alla clinica informazioni e contatti dell’uomo di cui porta il corredo genetico. «Oggi tanti ragazzi si mettono sulle tracce dei donatori con i test del Dna», sospirano alla Cryos.

Ovviamente il sogno si paga caro: i costi lievitano a seconda del profilo scelto, della motilità del campione acquistato (ossia la qualità del seme che cambia in base al trattamento di fertilità richiesto: sono disponibili cinque “paillettes” diverse, si va dai 100 a 1.000 euro), dei servizi di matching, spedizione, nonché in base alle «regole di ciascun paese», sottolineano.


Stesso discorso (ma prezzi in aumento, ci rimandano sempre al sito) per le donatrici dagli ovuli di «altissima qualità» custoditi a Cipro, donne a cui viene garantita una remunerazione, «non parliamo di stipendio eh, ma di un rimborso per il tempo dedicato alla procedura». Ci salutano ricordandoci di prenotare seme e ovuli per fratelli e sorelle, regalandoci una tazza e degli spermatozoi calamita da attaccare al frigo. Di lì a poco avrebbero consegnato indicazioni e contatti a un’esponente della Rete per l’inviolabilità del corpo femminile per avviare la maternità surrogata in Georgia.


O «sano» o niente


Il bambino da sogno non può essere ”difettoso”: il medico del Barcelona Ivf continua a ripetere in conferenza: «Noi vogliamo un bambino sano», «vogliamo selezionare un embrione sano», «ovociti di qualità», «gravidanze di qualità». Scongiurare la possibilità di creare un «bambino malato», ovvero un prodotto guasto, è l’obiettivo di tutti a Wish for a baby, in ogni segmento della catena di montaggio. La referente di Ivf Couriers, che fornisce trasferimenti internazionali di embrioni, sperma, ovuli in tutto il mondo, ci assicura che con 15 mila euro la qualità del trasporto fino alla Grecia, meta ambita, è garantita: «Facciamo tutto a mano, non siamo mica FedEx».


Il loro portale si apre con una cicogna in volo che invece di un fagotto ha annodato al becco un contenitore di azoto liquido diretto alle più blasonate cliniche di Pma o maternità surrogata del mondo. Lo stesso contenitore d’acciaio che la signora smonta davanti a noi per mostrarci dove alloggerà senza sbalzi di temperatura il nostro «prezioso materiale genetico» fino a destinazione: penseranno loro a tutto, dai permessi alla burocrazia.


La “Garanzia bebè in braccio”

«Ci impegniamo a garantire la gravidanza e la nascita in due anni», ci dice sorridente la referente della Phi Fertility, l’unità interna di riproduzione assistita dell’ospedale “Vithas Perpetuo Socorso International Hospital” di Alicante (la Spagna è il paese più rappresentato tra i 15 stand della fiera), che domenica ha animato la conferenza dal titolo “Ovodonazione e garanzia di gravidanza con bebè in braccio”. E proprio “Garanzia bebè in braccio” si chiama il pacchetto offerto a circa 17 mila euro (ma il prezzo è destinato a lievitare a seconda dei trattamenti) alle donne sotto i 48 anni che prevede un rimborso del 100 per cento in caso di insuccesso.

«Due anni è un tempo adeguato per effettuare tutti i transfer necessari, ma per esperienza posso dire che ne basta uno solo. E senza stress: scegliamo noi la donatrice più simile alla mamma. Taglio degli occhi, colore di capelli, carnagione, altezza, forma del viso… Cerchiamo una “sorella” più che una donatrice. Tutto l’impegno che vi viene richiesto è di venire ad Alicante una settimana per il transfer».


Si tratta solo, lato donna, di sincronizzare i cicli ovarici con la donatrice e preparare l’endometrio con estrogeni e progesterone, lato uomo di «fare il suo “lavoro”, basta una mezz’oretta». Dopo di che, una volta prelevati gli ovociti della donatrice, si procederà alla tecnica di Pma più adatta in funzione del seme maschile con l’impianto di 1 o 2 embrioni. Quelli avanzati così come i gameti verranno “vitrificati” e conservati ad Alicante per un «utilizzo futuro» a un costo di «450 euro al mese circa», tanto «la perdita di qualità è quasi irrisoria, direi dell’1-2 per cento».


«Purtroppo il sesso non si può scegliere»


La clinica è convenzionata con un hotel vicino, «vista mare», e offre alle coppie di donne il metodo Ropa (una diventa la donatrice di ovuli, l’altra la surrogata dell’embrione) e agli etero gameti certificati: le donatrici sono tutte donne tra i 18 e i 35 anni, godono di ottima salute e il prezzo dei loro ovociti varia da 5 ai 15 mila euro. A indirizzare gli italiani al Phi Fertility di Alicante è in genere il dottor Salvatore Gizzo, specialista di Padova, ma la clinica lavora a pieno ritmo con tutta Europa per offrire il massimo risultato con le migliori garanzie. L’unica incognita del percorso resta «il sesso del nascituro», spiega la donna trovando per nulla stravagante la nostra richiesta di poter scegliere anche quello. «Purtroppo non si può fare».


«We make the families! You make the memories!» è la promessa del Garavelas Medical Group, partner di Iolife-Iaso, avanzatissimo colosso di Atene specializzato in Fivet, riproduzione assistita e nel fornire cure e alternative all’infertilità. Tra queste troviamo nel catalogo portato in fiera la maternità surrogata, legale e regolata dal codice civile in Grecia e consentita su autorizzazione giudiziaria in base a documentazione medica che provi l’incapacità della richiedente di condurre la gestazione.

Va detto che, al netto del depliant, di surrogata il dottor Garavelas non vuole parlare: «In Italia non si può fare, in Grecia la Costituzione riconosce invece il diritto di avere un figlio». Il tema anzi risulta piuttosto vintage rispetto agli avveniristici screening genetici («in Italia non siete molto avanti in termini di procreazione medicalmente assistita») e servizi proposti da Iaso quali “My life live” per seguire dal vivo lo sviluppo degli embrioni in laboratorio, che verranno poi valutati e selezionati in base al sistema di intelligenza artificiale Erica, il più avanzato al mondo.


Bambini trattati come merce


È in questo stand – dove ci ripetono con onestà che le previsioni di successo (35 per cento con l’omologa, 80 per cento con eterologa dopo i 40 anni, non esattamente un bebè in braccio) non sono promesse e che ogni corpo ha una storia a sé – che ci viene ricordato: «La gravidanza è una magia. Sono due corpi estranei che invece di combattersi diventano una sola cosa». Ma come fa questa disarmante verità a convivere con la riduzione della procreazione a sistema di assemblaggio, che può arrivare a mercificare la donna con l’utero in affitto, ma che in ogni caso mercifica il bambino?


A Wish for a baby non è a tema il sogno di avere un bambino, ma la realizzazione del bambino dei sogni. Che non deve avere il corredo genetico dei genitori, ma il miglior corredo genetico. Che non può essere in alcun modo malato ma solo perfettamente sano. Difficile sentirsi genitori davanti a persone che non parlano di bambini, ma solo di sperma, ovuli, donatori, tra gadget a forma di ovocita e spermatozoi, antistress a forma di cuore, caramelle rosa e azzurre in provetta, tazzine del caffè con scritto “sperm & egg bank”, standisti che sparano percentuali di successo completamente diverse sulle stesse fasce di età o sull’utilizzo di embrioni freschi o congelati (alla faccia della scienza e degli “esperti”).

Infatti di aspiranti genitori ne abbiamo incontrati ben pochi. Chi mai andrebbe ad affrontare il suo desiderio di genitorialità o i suoi problemi di infertilità in una fiera internazionale piuttosto che in uno studio medico? Nessuno. A meno che l’aspirante genitore cerchi in quella fiera qualcosa che un normale studio, ginecologo o clinica non può dargli in Italia.


Wish for a baby è stato un flop

C’erano davvero più giornalisti, contestatori e standisti che utenti all’apertura della fiera Wish for a baby di Milano. C’erano le femministe radicali di RadFem Italia e la Rete per l’inviolabilità del corpo femminile. C’erano attiviste vestite da ancelle come nel romanzo distopico di Margaret Atwood e associazioni in difesa della famiglia; c’era il presidio della Lega organizzato da Deborah Giovanati e un gruppo di parlamentari e consiglieri comunali di Fratelli d’Italia guidati dalla deputata Grazia Di Maggio che sono andati al frontale con le referenti di Cryos sulla commercializzazione di gameti vietata in Italia dalla legge 40.


C’era la vicepresidente dem del Consiglio comunale di Milano Roberta Osculati e decine di agenti in borghese fuori dalla “fabbrica” dei bambini, dove tutti manifestavano perché «la vita umana non è merce», mentre al suo interno si contavano appena quindici minuscoli stand e spazi conferenza praticamente deserti.


L’utero in affitto è l’ultimo dei problemi

Alla fine della “fiera dei miracoli” non resta che l’invito a “partecipare al concorso” ad estrazione per vincere consulenze con gli specialisti presenti, sedute di agopuntura o osteopatia, sconti sui trattamenti o integratori a base di avocado, e molte domande. Wish for a baby serve davvero a soddisfare il desiderio, che da queste parti è sinonimo di diritto, di genitori sfortunati o mira a crearlo per far girare il business della produzione artificiale e vagamente eugenetica di figli “di qualità” per i pochi facoltosi che possono permetterseli?

Vale la pena scartare migliaia e migliaia di embrioni per averne qualcuno “perfetto”? Ha senso continuare a raccontare la favola delle “donatrici” di ovociti, quando l’unico modo per attirarle è pagarle profumatamente? Soprattutto, vogliamo davvero trasformare i bambini in merce costosa, condannata a non avere difetti per poter venire al mondo? Proporre l’utero in affitto in Italia è un reato, ma questo è davvero l’ultimo dei problemi di Wish for a baby.






Nessun commento:

Posta un commento