giovedì 3 novembre 2022

Presentazione de “Il Cammino sinodale tedesco e il progetto di una nuova Chiesa”




Pubblichiamo di seguito la presentazione dell’opera di Diego Benedetto Panetta (Il Cammino sinodale tedesco e il progetto di una nuova Chiesa) scritta dal presidente di Tradizione Famiglia Proprietà – Italia. Il presente studio sarà a breve disponibile. Per prenotare una o più copie cartacee scrivere a info@atfp.it o a Associazione Tradizione Famiglia Proprietà, Via Nizza, 110 – 00198 – Roma.



Di Julio Loredo, 3 NOV 2022

Questo libro tratta del cosiddetto “Cammino sinodale tedesco” (Synodale Weg). La posta in gioco, tuttavia, deborda di molto l’ambito germanico. Per autorevoli osservatori della vita della Chiesa quanto si discute nel Weg influenzerà possentemente il Sinodo Generale convocato da Papa Francesco per gli autunni del 2023 e del 2024, cosi come già ha influenzato le consulte pre-sinodali effettuate in diverse nazioni (1).

Trascurando per ora il fatto statistico del bassissimo riscontro d’interesse trovato nei fedeli di tutto il mondo su “cammini” e/o consulte pre-sinodali, nel nostro studio ci soffermiamo ad analizzare l’importanza dei contenuti trattati e l’intensità dell’impegno profuso dalle autorità ecclesiastiche coinvolte per realizzare quanto auspicato da Francesco già nel 2015, in occasione del discorso per il cinquantesimo anniversario dell’istituzione del Sinodo dei vescovi: “Il cammino della sinodalità è il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio […] è dimensione costitutiva della Chiesa” (2).

Per ora, indipendentemente da altre considerazioni, il Cammino sinodale tedesco, presentandosi come una risposta a questo invito papale, ha occupato la scena come un grande protagonista di questa “dimensione costitutiva della Chiesa del terzo millennio”. L’ombra delle sue audaci proposte si proietta a livello mondiale su tutto il processo sinodale avviato nella Chiesa.

Una implicita riserva di Papa Francesco al Cammino sinodale tedesco si è voluta scorgere su una questione di metodo anziché di contenuto. Secondo uno dei vaticanisti più accreditati, Sandro Magister, a giudizio del Papa nel Weg tedesco “il problema sorge quando la via sinodale nasce dalle élite intellettuali, teologiche, e viene molto influenzata dalle pressioni esterne”, quando invece andrebbe fatta “con i fedeli, con il popolo”. Mostrando come queste “opinioni” del popolo vengono largamente condizionate dall’esterno della Chiesa, dai grandi protagonisti dei modelli culturali imperanti, Magister conclude che “il contagio del ‘cammino sinodale’ della Germania, non arginato dal papa, ha ormai valicato le frontiere e minaccia di condizionare lo stesso sinodo generale sulla sinodalità” (3).

Recentemente, un’altra autorevole firma, Ed Condon, ha scritto su The Pillar qualcosa di ancora più esplicito: “Molti osservatori fanno notare il sostegno pubblico del segretario del Sinodo, il cardinale Mario Grech, alla controversa via sinodale tedesca, (con) una serie di incontri (in) Vaticano, soprattutto dopo che i delegati (del Weg tedesco) hanno votato a favore di formali strutture di governo della Chiesa guidate da laici, della benedizione delle unioni omosessuali nelle chiese e dell’intercomunione con i protestanti. I vescovi tedeschi hanno anche visitato gli uffici di Grech nelle ultime settimane, e ai membri principali della conferenza è stata concessa una serie di udienze private con Papa Francesco, dando l’impressione ad alcuni osservatori vaticani che l’intero processo sinodale globale abbia una sorta di ‘opzione preferenziale’ per i tedeschi” (4).

Se si dovesse avverare una decisiva influenza del Weg tedesco sui prossimi Sinodi sulla Sinodalità che, secondo il Cardinale Grech, “non saranno più un evento ma un processo”, cioè una sorta di sinodo permanente (5), possiamo essere sicuri che si tratterà in realtà di un ambizioso progetto di riforma della Chiesa universale, col rischio di scardinarla dalle fondamenta, o di reinventarla su basi diverse da quelle volute da Nostro Signore e consolidate in duemila anni di storia. Si parla già di una “nuova Chiesa sinodale”.

Dal conciliarismo alla sinodalità permanente: la “lunga marcia” di un processo

I promotori del modello “sinodale” di Chiesa non partono tanto da disquisizioni

teologiche quanto dal desiderio, direi la bramosia, di adattare la Chiesa alla modernità, come un’irrifiutabile esigenza dello “spirito del tempo”. Troviamo in loro, per prima cosa, un profondo anelito per uno stato di cose più ugualitario e permissivista. In opposizione al doppio principio di gerarchia e di autorità, due nozioni concepite come valori metafisici esprimono bene lo spirito di questa riforma: uguaglianza assoluta e liberta illimitata.

Il naturale bisogno di spiegare tale anelito ha dato origine a tendenze ideologiche, a scuole teologiche e, poi, a movimenti di riforma. In altre parole,

si è passati dalle tendenze alle idee, e poi ai fatti. Tale anelito non e nuovo. Già all’inizio del secolo XV, col pretesto di accomodare la Chiesa alla nuova mentalità nata con l’Umanesimo, sorse la corrente detta “conciliarista”, che intendeva ridurre il potere gerarchico del Papa in favore di un’assemblea conciliare. La Chiesa avrebbe dovuto strutturarsi, come espressione della volontà dei fedeli, in “sinodi” locali e regionali, largamente autonomi, ognuno con la sua lingua e i suoi costumi.

Questi sinodi si sarebbero dovuti poi riunire periodicamente in un “Concilio generale” o “Santo Sinodo”, detentore della massima autorità nella Chiesa. Il Papa, ridotto a un primum inter pares, avrebbe dovuto a sua volta sottomettersi alle decisioni dei concili, mediante il voto paritario dei partecipanti. Il conciliarismo contribuì possentemente all’indebolimento della Chiesa, fomentando abitudini di autonomia che prefiguravano quelle “chiese nazionali” create poi dalla Rivoluzione protestante all’insegna del Los von Rom!. Siamo all’inizio di quel processo di distruzione della Chiesa e della Cristianità denominato in seguito “Rivoluzione”. Questo processo andò avanti, con manifestazioni sempre più radicali dei suoi postulati ugualitari e libertari, attraverso tappe ben definite, magistralmente studiate da Plinio Correa de Oliveira in «Rivoluzione e Contro-Rivoluzione» (6): pseudo Riforma protestante (1517), Rivoluzione francese (1789), Comunismo (1917), Rivoluzione culturale (1968). Parimenti andò avanti anche la bramosia di taluni cattolici di adattare la Chiesa alla Rivoluzione, vista come l’ineluttabile vincitrice del futuro.

A cavallo fra Settecento e Ottocento, a proposito di accomodare la Chiesa ai nuovi tempi inaugurati dalla Rivoluzione francese, sorse la corrente poi nota come “Cattolicesimo liberale” che, intrisa di egualitarismo, proclamava una democrazia livellatrice nella società e nella Chiesa. “Il futuro della società moderna dipende da due questioni: correggere la democrazia con più libertà, e conciliare il cattolicesimo con la democrazia liberale. (…) Noi accettiamo, noi invochiamo i principi e le libertà proclamati nel 1789”, tuonava Charles de Montalembert (7). Secondo loro, l’uguaglianza e la libertà dei tempi moderni richiedevano una Chiesa senza gerarchie e senza autorità dottrinale. “Noi adoriamo Dio come autore sovrano della Rivoluzione che ci libera. (…) Il vero regime del cattolicesimo è quello della libertà universale. [Nella Chiesa] siamo tutti uguali”, affermava nel 1791 Claude Fauchet, vescovo “costituzionale” di Calvados (8).

La strada era ormai tracciata. Agli inizi del Novecento queste idee eterodosse sfociarono nel Modernismo (definito da san Pio X “sintesi di tutte le eresie”) la cui idea di Chiesa era cosi fluida che nemmeno contemplava una struttura visibile, e tantomeno un Magistero. Nel delirio modernista, la Chiesa e un mero prodotto della coscienza collettiva, vale a dire l’associazione di singole coscienze che mettono in comune le proprie esperienze religiose. Insomma, un’emanazione vitale della collettività dei cristiani, e non un’istituzione. “La visione di Gesù non comprendeva la fondazione di una Chiesa”, scrisse Alfred Loisy, l’esponente più in vista della corrente (9).

Il progetto riformista del Modernismo – sempre col pretesto di adattare la Chiesa ai tempi che correvano – fu ripreso negli anni Trenta dalla cosiddetta Nouvelle Théologie, che elaboro il concetto di Chiesa “popolo di Dio” nel senso odierno. L’espressione e perfettamente legittima. Pero, in un ambiente surriscaldato dal progressismo e desideroso di adattare la Chiesa alle tendenze rivoluzionarie del momento, essa assunse lineamenti non consoni al Magistero. Abbandonando la concezione teologica di “popolo”, cioè l’insieme dei battezzati che per la grazia santificante diventano cittadini del Regno dei Cieli, si adottarono concezioni sociologiche, derivanti sia dalla dottrina democratica (il popolo sovrano) sia dalla dottrina marxista (il popolo proletario). Applicando tali concezioni alla Chiesa, ne risulto un’ecclesiologia ugualitaria del tutto estranea alla Tradizione. “La mia visione di Chiesa mette in discussione il sistema piramidale, gerarchico e giuridico stabilito dalla Contro-Riforma — affermava Yves Congar — la mia ecclesiologia è quella del «popolo di Dio»” (10) .

1943: il grido d’allarme di Plinio Corrêa de Oliveira

Riguardo al Modernismo, la Nouvelle Théologie poté contare su un vantaggio fondamentale: mentre i modernisti avevano sempre costituito un élite intellettuale, con poca presa sulla massa dei fedeli, la Nouvelle Théologie riuscì invece a infiltrare vasti settori dei movimenti laicali, specialmente l’Azione Cattolica. “La nuova Azione Cattolica nata negli anni Venti e Trenta capovolse il metodo [teologico]. Noi fummo intimamente legati a questa rivoluzione”, si vantava nel 1975 P. Marie-Dominique Chenu (11).

L’11 marzo 1940 Plinio Correa de Oliveira fu nominato presidente della Giunta arcidiocesana dell’Azione Cattolica di San Paolo. Da questo osservatorio privilegiato, egli venne a conoscenza diretta dei mali che iniziavano a infettare il laicato. Inizio quindi a denunciarli dalle pagine del Legionário, settimanale cattolico da lui diretto. Il male, pero, era penetrato troppo profondamente, non di rado con l’appoggio di alte autorità ecclesiastiche. Decise quindi di scrivere un libro offrendo un’accurata diagnosi dei mali che affliggevano la Chiesa.

Con la prefazione del Nunzio apostolico in Brasile, mons. (poi cardinale) Benedetto Aloisi Masella, fu pubblicato nel 1943 «In Difesa dell’Azione Cattolica». L’opera costituì la prima confutazione di ampio respiro degli errori progressisti serpeggianti all’interno dell’Azione Cattolica in Brasile e, di riflesso, nel mondo.

Dopo aver analizzato la natura dell’Azione Cattolica e il rapporto tra i laici e la gerarchia, il pensatore brasiliano affronta le deviazioni riguardanti la liturgia, la spiritualità e i metodi di apostolato. Tali errori avevano come comune denominatore il voler diminuire, fino a quasi annullarla, la struttura gerarchica della Chiesa. Il glorioso Corpo Mistico di Cristo, avvertiva il leader cattolico, correva il rischio di trasformarsi in una rete di “confraternite massoniche” (12) costituite da laici, che avrebbero assunto poteri fino a quel momento appartenenti ai sacerdoti e ai vescovi.

In appendice, come chiave di lettura, Plinio Correa de Oliveira trascrisse la Lettera apostolica Notre Charge Apostolique, in cui san Pio X condanna Le Sillon precisamente per le sue dottrine democratiche ugualitarie. Tali dottrine, glossa il pensatore brasiliano, “sono sovversive e rivoluzionarie” (13). Lo spirito ugualitario si palesava anche nel modo di concepire la liturgia. già allora, infatti, proprio all’interno dei circoli dell’Azione Cattolica, iniziarono pratiche che prefiguravano la riforma liturgica del 1969 e i suoi abusi. Questi errori, chiamati allora “liturgicismo”, furono oggetto di un’accurata analisi da parte di Plinio Correa de Oliveira, che così si dimostro pure pioniere nella denuncia delle derive modernistiche in campo liturgico. Secondo il pensatore brasiliano, “siamo in presenza non di errori sparsi, ma di tutto un sistema dottrinale basato su errori fondamentali, e molto coerente nel professarli in tutte le loro conseguenze” (14). Questo sistema non era altro che il vecchio Modernismo, ripresentato sotto nuove forme, ma pur sempre distruttivo di ogni elemento gerarchico nella Chiesa.

1969: la denuncia della “Chiesa nuova”

Il Concilio Vaticano II (1962-1965) e stato da molti – sia “progressisti” che “tradizionalisti” – paragonato agli Stati Generali che diedero il via alla Rivoluzione francese. Infatti, il nuovo rapporto che il Concilio volle inaugurare fra Chiesa e mondo moderno apri il vaso di Pandora delle riforme, avviando un processo che, nella pratica, quando non anche nella dottrina, ha assunto sempre più il volto di una Rivoluzione francese permanente. Mentre alcuni leggono il Concilio attraverso un’ermeneutica girondina moderata, altri ne propongono una lettura di tipo giacobina radicale, e non mancano quelli che corrono verso un babuvismo estremo. Proprio come nel 1789.

Allarmato con la deriva che stavano prendendo gli avvenimenti nella Chiesa – da lui previsti trent’anni prima – Plinio Correa de Oliveira pubblico nel 1969 un’ampia e articolata denuncia: “Gruppi occulti tramano la sovversione nella Chiesa” (15). Secondo il pensatore brasiliano, il filo rosso del movimento sovversivo e l’insubordinazione e la disalienazione, intendendo con questo la “liberazione” della Chiesa da ogni e qualsiasi norma dottrinale o struttura organizzativa. La disalienazione, spiega Plinio Correa de Oliveira, implica “la ribellione contro ogni superiorità e ogni disuguaglianza”. Affermando che “il supremo obiettivo è una Chiesa non alienante né alienata”, il pensatore brasiliano passa in rivista i diversi campi dove si si vorrebbe attuare tale disalienazione:

1a disalienazione della Chiesa: in relazione a Dio. La nuova Chiesa propone un Dio che non e trascendente ma immanente. Un Dio impersonale, come un elemento diffusamente sparso in tutta la natura.

2a disalienazione della Chiesa: in relazione al soprannaturale e al sacro. Le cose della Chiesa – sacramenti, sacerdozio, ecc. – non vanno ritenute “sacre”. La sacralita deve morire con la fine delle alienazioni.

3a disalienazione della Chiesa: in relazione alla fede, alla morale, al Magistero e all’azione evangelizzatrice. La nuova Chiesa non si pretende Maestra. Né tratta i fedeli come discepoli, perché ciò sarebbe alienante. Ognuno riceve carismi dallo Spirito Santo, che parla direttamente all’anima.

4a disalienazione della Chiesa: in relazione alla Gerarchia ecclesiastica. Per disalienare la Chiesa dalla Gerarchia, occorre democratizzarla.

5a disalienazione della Chiesa: in relazione al Potere Pubblico. La Chiesa nuova dichiara di non avere bisogno del Potere pubblico, né di volere con esso relazioni da Potere a Potere.

Alla fine del processo si arriverebbe a una “Chiesa nuova, panteista, demitificata, desacralizzata, disalienata, ugualitaria e messa al servizio della Rivoluzione”.

Il Cammino sinodale tedesco

Il “Cammino sinodale tedesco” assume e porta avanti il vecchio sogno conciliarista. “Francesco ora affronta l’opera maggiore del suo pontificato: quella del passaggio da una Chiesa gerarchica a una Chiesa ‘sinodale’, vale a dire democratica e decentralizzata – scrive il vaticanista Jean-Marie Guénois – Questo implica un cambiamento profondo della cultura ecclesiale, volto a porre fine al ‘clericalismo’, il potere dei sacerdoti e dei vescovi, nella Chiesa” (16).

Sulla stessa lunghezza d’onda il vaticanista Andrea Gagliarducci: “Papa Francesco vuole che tutti siano messi sullo stesso piano, che i sacerdoti non si sentano al di sopra dei laici e che i vescovi non abbiano più potere dei sacerdoti. Così facendo, però, decostruisce un mondo, svuota i simboli di significato” (17).

Sintetizzando il senso delle riforme volute dal cammino sinodale, il filosofo Stefano Fontana afferma: “Si vuole introdurre nella Chiesa la democrazia liberale moderna” (18).

Portato alle sue ultime conseguenze logiche, il Cammino sinodale implicherebbe la distruzione di Santa Romana Chiesa. Non sono io a dirlo, bensì il cardinale Gerhard Müller, già Prefetto della Congregazione per la dottrina della Fede: “Stanno sognando un’altra chiesa che non ha nulla a che fare con la fede cattolica… e vogliono abusare di questo processo, per spostare la Chiesa cattolica, non solo in un’altra direzione, ma verso la (sua) distruzione” (19).

Il Cammino sinodale tedesco si inserisce pienamente nel processo rivoluzionario ugualitario e libertario che ebbe inizio nel secolo XV. Proprio in questo risiedono la sua forza e la sua pericolosità. Non si tratta di una chimera rimuginata da qualche teologo teutonico, bensì di un progetto che raccoglie e canalizza tendenze molto radicate nell’uomo moderno, alimentate poi dalla potentissima macchina propagandistica della Rivoluzione.

Se a ciò aggiungiamo i segni di incoraggiamento a questo processo che arrivano dalle sfere ecclesiastiche, capiamo che siamo di fronte alla “tempesta perfetta”. Figlia della gesta di Plinio Correa de Oliveira, l’Associazione Tradizione Famiglia Proprietà mancherebbe gravemente ai suoi doveri se, in questo drammatico frangente, non innalzasse la sua voce in difesa della Sposa di Cristo. Una voce intrisa di venerazione per la Cattedra di Pietro, ma anche ferma nell’indicare le insidie che incombono.

È perciò che offriamo ai nostri cari lettori l’importante studio del dott. Diego Benedetto Panetta sul Cammino sinodale tedesco, strettamente basato su fonti originali. Per chi vuole restare fedele alla Chiesa di sempre, questo studio costituisce un’ammonizione e una convocazione alla lotta dottrinale, proprio nell’ottantesimo anniversario del primo grido di allarme che Plinio Correa de Oliveira lancio con In difesa dell’Azione Cattolica.

Julio Loredo

(Fonte TFP.org)


Note

1. Sandro Magister, Il sinodo tedesco contagia l’intera Chiesa, senza che il papa lo freni.

2. Discorso del Santo Padre per la commemorazione del 50° anniversario dell’istituzione del Sinodo dei Vescovi, 17 ottobre 2015.

3. Sandro Magister, Il sinodo tedesco contagia l’intera Chiesa, senza che il papa lo freni. Grassetti nostri.

4. Ed. Condon, Is Pope Francis’ synodal extension a plan, or a punt?. Grassetti nostri.

5. Stefano Fontana, Il Sinodo permanente, stortura che accresce i timori.

6. Cfr. Plinio Correa de Oliveira, Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, Roma, Luci sull’Est, 1998.

7. Charles de Montalembert, L’Église libre dans l’État libre, in Emmanuel Barbier, Histoire du Catholicisme Libérale et du Catholicisme Social en France, Yves Cadoret, Bordeaux, 1924, vol. I, pp. 33-34.

8. Claude Fauchet, Sermon sur l’accord de la réligion et de la liberté, Parigi, 14 febbraio 1791, in Migne, Collection intégrale et universelle des orateurs sacres, Paris 1855, vol. 66, col. 159-174.

9. Alfred Loisy, L’évangile et l’église, p. 182, cit. inMarcel Chossat, in DAFC, vol. III, col. 629, s.v. “Modernisme”.

10. Yves Congar, in Jean Puyo, Une vie pour la verité. Jean Puyo interrogue le Père Congar, Le Centurion, Paris 1975, p. 102.

11. Cit. in Jacques Duquesne, Un théologien en liberté. Jacques Duquesne interrogue le Père Chenu, Le Centurion, Paris 1975, pp. 58-59.

12. Plinio Correa deOliveira, Emdefesa da Ação Católica,AveMaria, San Paolo, 1943, p. 77.

13. Ibid., p. 361.

14. Ibid., p. 101.

15. “Grupos ocultos tramam a subversao na Igreja”, Catolicismo, aprile-maggio 1969.

16. Vik van Brantegem, Le Figaro: «Papa Francesco crea dei cardinali per garantire la sua continuità».

17. Andrea Gagliarducci, Pope Francis, the crisis of unity.

18. Stefano Fontana, I tre buchi neri del Sinodo che mettono in pericolo la Chiesa.

19. National Catholic Register, Cardinal Müller on Synod on Synodality: ‘A Hostile Takeover of the Church of Jesus Christ … We Must Resist’.






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