lunedì 1 luglio 2024

La realtà è più forte di chi vuole seppellire il Rito antico


 

Contro la liturgia tradizionale è in atto una guerra ideologica, che in quanto tale è destinata ad arenarsi contro le concrete conversioni e vocazioni. Il tempo è galantuomo perché non è lo spazio dell'ideologia ma della Provvidenza divina.

I FATTI PARLANO



Luisella Scrosati, 28-06-2024

Questa Messa non s'ha da fare, almeno nella mente di un consistente numero di prelati. I quali stanno cercando di circuire papa Francesco, per convincerlo a firmare un nuovo documento che taglierebbe definitivamente le possibilità di sopravvivenza del Rito antico al di fuori dell'apostolato degli Istituti ex-Ecclesia Dei. Se questo documento già esista o meno non è ancora chiaro; sembra invece trovare maggiore conferma il fatto che ad ogni modo la sua pubblicazione non sarebbe dietro l'angolo e nemmeno che sia così scontato che il Papa intenda appoggiare questa causa; forse per la nota antipatia che Francesco nutre per il Cardinale Arthur Roche, forse perché l'emarginazione di cattolici fedeli alla Santa Sede non sarebbe una buona pubblicità del Sinodo all'insegna del todos, todos, todos, forse per non si sa quale altra ragione.

L'esito della recente visita di Mons. Gilles Wach, Priore generale dell'Istituto Cristo Re Sommo Sacerdote, sembra confermare una certa “protezione” del Papa nei confronti degli Istituti ex-Ecclesia Dei, come già accadde per la Fraternità San Pietro, ricevuta all'indomani del motu proprio Traditionis Custodes, e confermata nel proprio apostolato.

Decisamente più in difficoltà appare invece la Socièté des Missionaires de la Miséricorde Divine, Società di Vita apostolica di diritto diocesano (Fréjus-Toulon), molto attiva nell'evangelizzazione, con una particolare attenzione al mondo musulmano, e che oggi conta 34 membri. Gli statuti propri dell'istituto prevedono l'utilizzo dei libri liturgici anteriori alla riforma, ma dopo Traditionis Custodes la loro situazione sembra essere in stallo. Un comunicato del Superiore Generale, l'abbè Jean-Raphaël Dubrule, lamenta che un seminarista è in attesa da due anni degli Ordini maggiori e altri quattro seminaristi sono “fermi” da un anno, nonostante la situazione critica relativa alla diocesi si sia finalmente “sbloccata”.

«A seguito di numerose discussioni con le autorità romane competenti, guidate da Mons. Touvet [vescovo coadiutore di Fréjus-Toulon, n.d.a], che ringrazio vivamente per il suo grande sostegno alla nostra comunità, sembra che la situazione sia bloccata non solo per il rito dell'ordinazione, ma anche per la possibilità per i futuri sacerdoti di poter celebrare secondo il vecchio rito», spiega Dubrule. Le resistenze della Santa Sede mettono in seria difficoltà i membri dell'Istituto, i quali «non sarebbero più nella possibilità di esercitare il loro ministero all'interno della comunità e in conformità con gli statuti».

Sembra che a Roma si sia preoccupati, per non dire terrorizzati, dell'esistenza del Rito antico e che la priorità attuale del Dicastero per il Culto Divino sia quella di farlo sparire dalla faccia della terra. Lo stesso zelo però non sembra caratterizzare l'implementazione della costituzione conciliare Sacrosanctum Concilium, che, pur dando congruo spazio alle lingue nazionali, richiedeva il mantenimento della lingua latina nella liturgia (cf. SC 36, 54); così come, in perfetta continuità con lo sviluppo della tradizione liturgica, riconosceva «il canto gregoriano come canto proprio della liturgia romana», al quale riservare «il posto principale» (SC 116). Latino e gregoriano non più pervenuti nella stragrande maggioranza delle celebrazioni liturgiche, incluse quelle nelle cattedrali.

Né pare che tale zelo sia attivo nel perseguire i continui e sempre più diffusi abusi liturgici, alcuni dei quali al limite dell'immaginabile, che stanno allontanando i fedeli cattolici, giustamente disgustati, dalla liturgia. Non è un mistero che se un sacerdote celebra con il volto truccato da clown nessuno lo tocca, mentre se lo stesso sacerdote celebrasse con il Rito antico verrebbe spedito sull'Isola di Gorgona. Perché a noi non sta a cuore solo il Rito antico; sta altrettanto a cuore che le ben più numerose persone che frequentano il Rito riformato possano fare esperienza della bellezza della liturgia e non rimanere intossicate dalle molto clericali creatività liturgiche. Perché la realtà dice che esistono gli uni ed esistono gli altri. Ed un vero pastore deve prendersi cura di entrambi. Senza riduzionismi ideologici.

E veniamo così al nocciolo della questione: è sempre più chiaro che il Dicastero nominalmente guidato da Roche, ma realmente diretto da Mons. Viola, è malato di ideologia. Perché non vuole vedere i gravi malanni di cui soffre oggi la liturgia romana, mentre si ostina a perseguitare un Rito che la Chiesa ha approvato per secoli e che oggi continua ad attirare e nutrire decine di migliaia di fedeli in tutto il mondo e centinaia di vocazioni sacerdotali e religiose. E la realtà non può essere cancellata con un decreto. Come scriveva Dostoevskij ne I Fratelli Karamazov, «i fatti parlano! Gridano!». Parlano di un popolo giovane, in continua crescita, che è lieto di abbeverarsi a queste fonti, senza utilizzare questa liturgia in modo altrettanto ideologico contro il Concilio, contro questo o contro quello. Gridano del bisogno delle famiglie di una liturgia e di una pedagogia della fede ancorata all'esperienza secolare della Chiesa, senza per questo impedire ad altri di seguire altre strade.

Anche le ideologie gridano, ma semplicemente perché non vogliono lasciare spazio alla parola che proviene dalla realtà. Per caso Mons. Viola, il cardinale Roche o il cardinale Parolin si sono mai presi la briga di parlare con queste persone? Di cercare di capire che cosa le muove? O si accontentano di un certo “grillo parlante” che non fa altro che disprezzare, senza nemmeno sapere di chi sta parlando?

Uscirà questo temuto documento o non uscirà? Impedirà completamente il Rito antico o conserverà delle riserve indiane? Qualunque cosa accada, esso assesterà un colpo, ma non vincerà la guerra. Perché la realtà, con la sua invincibile testardaggine, ha saputo seppellire regimi ideologici ben peggiori. È solo questione di tempo e il tempo è galantuomo non per virtù propria, ma perché è lo spazio della Provvidenza divina. Che non è ideologica.

Per questo, nonostante tutto spinga nella direzione contraria, rilanciamo di nuovo la proposta ideata da Padre Louis-Marie de Blignières di una circoscrizione ecclesiastica, che permetta ai fedeli di poter ricevere i sacramenti e vivere la vita liturgica secondo il Rito antico, rimanendo in pace all'interno della Chiesa. E la rilanciamo soprattutto all'attenzione dei vescovi, perché sostengano la linea di un sano realismo. E di una vera accoglienza che, se non viene vissuta con quelli di casa, come può pretendere di aprirsi verso quelli di fuori? Perché se è vero che l'ideologia viene alla fine sempre sepolta dalla realtà, è altrettanto vero che nel mentre essa miete innumerevoli vittime. E lo vediamo giorno dopo giorno nelle tante anime che, continuamente colpite nella loro sensibilità liturgica, finiscono per cercare soluzioni che non sono in comunione con la Chiesa. La “proposta de Blignières” non è un'idea geniale e non è nemmeno un astuto escamotage: è un'idea realistica. Essa semplicemente chiede al diritto della Chiesa di avvalersi di una figura giuridica già esistente, per dilatare i propri spazi e racchiudere tra le sue braccia migliaia di suoi giovani (e meno giovani) figli.

«Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pane, gli darà una pietra? O se gli chiede un pesce, gli darà al posto del pesce una serpe? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione?» (Lc 11, 11-12). E a un figlio che chiede i sacramenti secondo un Rito che appartiene alla Chiesa?






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