sabato 2 settembre 2023

Debelliamo l’uomo per salvare l’ambiente?


Greta Thunberg, Oljehamnen, Svezia, 24 luglio 2023 (Ansa)

Tentar (un giudizio) non nuoce

Che cosa c’è al centro dell’universo? L’uomo o la natura? S'avanza sempre più un'ideologia che, per preservare la natura, sacrifica gli uomini






Raffaele Cattaneo02/09/2023

Papa Francesco nel recente discorso durante l’udienza concessa a una delegazione di avvocati di paesi membri del Consiglio d’Europa firmatari dell’Appello di Vienna ha annunciato a sorpresa che sta scrivendo una seconda parte della Laudato si’ per aggiornarla ai problemi attuali. Attenendoci alla edizione del 2015, il Santo Padre aveva posto la questione: Persona e ambiente, Antropocene o Biocene?

Non possiamo negare che il documento Vaticano ha prodotto una crescente sensibilità riguardo all’ambiente e alla cura della natura, maturando una sincera e dolorosa preoccupazione per ciò che sta accadendo al nostro pianeta. Questo fatto rappresenta un dato certamente positivo, da cui possiamo essere confortati.

Uomo distruttore


Nello stesso modo non possiamo negare che in questa generale crescente consapevolezza, hanno fatto anche breccia le voci di chi denuncia che l’ambiente in cui viviamo sia stato irrimediabilmente deturpato e che la causa di tutto questo sia l’uomo. È la posizione mainstream, che si è venuta affermando negli ultimi anni soprattutto grazie al movimento di opinione globale dei Fridays for Future e della sua leader Greta Thunberg, sull’onda di messaggi del tipo: «Ci avete rubato il futuro», «Non c’è un pianeta B», «La nostra casa brucia».

Si tratta di una rappresentazione della realtà che usa pressoché esclusivamente messaggi allarmistici e negativi, che fa leva su elementi emozionali, che basa il proprio ampio consenso su una visione, in ultima istanza, negativa e nichilista, in cui l’uomo è considerato il distruttore dell’ambiente.

Biocentrismo


Per molto tempo la discussione a livello filosofico ed anche etico è stata fra antropocentrismo e biocentrismo: che cosa c’è al centro dell’universo? L’uomo o la natura? Qual è il paradigma concettuale e la prospettiva di pensiero corretta da cui analizzare la realtà e in particolare la crisi ecologica? L’Antropocentrismo sostiene che al centro c’è la persona umana, che ha un valore superiore a quello di tutti gli altri esseri viventi. È la visione che deriva, tra l’altro, dalle grandi religioni monoteiste e che ha prevalso nella storia per molto tempo.

Il Biocentrismo, al contrario, sostiene che al centro ci debba essere il cosmo stesso, in una relazione di pari dignità ontologica fra tutti gli esseri viventi, nella quale gli esseri umani sono solo una delle tante forme di vita, al pari di animali, vegetali, funghi, batteri, e tutti hanno una identica centralità in una sorta di “ontologia della rete”, nella quale ciò che conta sono le interazioni, la co-evoluzione, le relazioni tra le specie.

Fino alla estrema conclusione, teorizzata nel libro Biocentrismo di Robert Lanza, di una nuova teoria del tutto in cui è la fisica quantistica a giustificare l’immortalità dell’anima.

Basta antropocentrsimo


La questione è tutt’altro che astratta: il ministero della Pubblica Istruzione italiano ha dato disposizioni, già nel 1989, affinché venisse creata nelle scuole «una nuova sensibilità verso i problemi dell’ambiente per diffondere una cultura che trasformi la visione antropocentrica del rapporto uomo natura». Le implicazioni etiche di tale cambiamento di prospettiva mi paiono evidenti: semplificando molto potremmo dire che, se al centro c’è l’uomo, sarà eticamente corretto ciò che serve all’uomo, anche se dovesse danneggiare la natura. Al contrario, se al centro c’è la natura, sarà eticamente corretto il comportamento umano che serve e tutela la natura, anche se dovesse danneggiare l’uomo.

Messa così, il biocentrismo potrebbe sembrare ad alcuni persino un passo avanti rispetto all’antropocentrismo: l’uomo si rende conto che non può essere il dominatore assoluto dell’universo e cerca di costruire un’etica che lo tenga maggiormente in equilibrio con tutto. Così, infatti, lo rappresentano i suoi sostenitori.

Natura senza l’uomo


La questione oggi però, a mio parere, è arrivata a un punto ancora più spinto, sul quale dobbiamo interrogarci a fondo: la perdita della centralità dell’uomo ha portato al superamento della dialettica fra antropocentrismo e biocentrismo, verso l’affermazione dell’Antropocene. Pertanto l’uomo sarebbe diventato il distruttore del pianeta che abita, non più il suo centro.


Non voglio negare che l’azione dell’uomo sia stata, in molti casi, negativa o fortemente negativa, ma mi domando: può essere questo il fondamento di un’etica ambientale che ci permetta di affrontare in modo adeguato e generando comportamenti buoni il tema che abbiamo di fronte? In questa visione l’uomo ultimamente viene considerato come una sorta di virus che distrugge il pianeta. Però se l’uomo è il virus, la scelta etica conseguente sarebbe quella di spazzarlo via, di debellarlo.

Dietro a queste riflessioni c’è un pensiero che, in ultima istanza, non può che portare alla conclusione secondo cui dovremmo fare a meno dell’uomo per salvaguardare la natura. Non solo è la fine dell’antropocentrismo, ma anche del biocentrismo: al centro non c’è più l’uomo, e neppure la natura con tutti gli esseri viventi in equilibrio fra di loro, ma la natura contro o senza l’uomo! È questa un’esagerazione dialettica?

Ha ancora senso fare figli?


Mi hanno fatto molto riflettere alcuni fatti concretissimi: all’interno del movimento Fridays for Future è nato un gruppo di ragazze poco più che diciottenni che, pur desiderando la maternità, hanno scelto di non mettere al mondo dei figli. Questo movimento si chiama Birth Strike, è stato fondato dalla attivista britannica Blythe Pepino, autrice di un pamphlet dal titolo Contro i figli, la cui tesi è che non avere figli è una delle misure più efficaci per limitare le emissioni di gas serra, e conta già centinaia di aderenti.


Analogamente, hanno preso vita altri movimenti simili, come Ginks: che sta per “Green inclinations, no kids”, o si sono orientati verso ragioni ambientaliste movimenti già esistenti come Childfree. In rete si trovano molti racconti a riguardo. Alexandria Ocasio-Cortez, una dei nuovi leader del Partito democratico americano, sul suo profilo Instagram, che conta tre milioni di followers, ha scritto recentemente: «There’s scientific consensus that the lives of children are going to be very difficult» come risultato del cambiamento climatico. «It does lead young people to have a legitimate question: Is it OK to still have children?».

Ideologia insostenibile

Dunque, il problema se in un mondo così abbia ancora senso mettere al mondo dei figli è già diventata una autorevole opzione politica. Per citare un esempio più vicino, il Comune di Cremona, in un opuscolo diffuso due o tre anni fa per la promozione degli atteggiamenti responsabili da intraprendere per mitigare i cambiamenti climatici, ha inserito, accanto al no alla carne rossa, ad auto e aerei, anche il “fare meno figli”. Episodio che ha scatenato evidentemente forti discussioni e forti critiche. Il sindaco si è scusato, ma il pensiero ovviamente qualcuno lo ha avuto, segno che ha trovato legittimazione anche qui.


Quindi, in conclusione, se si perde ciò che fonda le ragioni di un ruolo particolare dell’uomo dentro l’universo, si finisce col costruire un comportamento, e quindi un’etica ambientale, ultimamente contro l’uomo. Il cristianesimo e prima ancora l’ebraismo fondano la centralità dell’uomo nell’universo sul suo essere «A immagine e somiglianza di Dio». Ma anche per chi non è credente l’interrogativo si pone. Su che cosa possiamo fondare solidamente una nuova centralità dell’uomo in relazione positiva con l’ambiente e la natura? L’ambiente e la natura, infatti, quando vengono assunti a valori assoluti, cioè – etimologicamente – sciolti da qualsiasi legame con altri valori che possano equilibrarli, diventano purtroppo facilmente oggetto di una ideologia insostenibile.

Ecologia e antropologia

Una ideologia secondo la quale – in un modo che, se ci pensiamo bene, suonerebbe persino ridicolo se non fosse tragico –, l’uomo dovrebbe scegliere volontariamente di anticipare la propria autoestinzione, smettendo di fare figli, per timore che un ambiente degradato potrebbe rendergli la vita più difficile.

Mi chiedo e vi chiedo: è questa l’etica condivisa che ci serve? Io credo proprio di no! Questo approccio nasconde un’idea che trovo profondamente dannosa. Un pensiero nichilista, ultimamente contro l’uomo. Qui si annida a mio parere un grave rischio etico dell’ambientalismo attuale. Resto in attesa della nuova “appendice” della, Laudato si’ in cui papa Francesco aveva già ampiamente esplicitato come non possa esistere un’ecologia senza un’adeguata antropologia, per capire come l’avrà deciso di affrontare questa delicata tematica.





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