domenica 17 settembre 2023

Bruno Moreno polverizza le “invenzioni” teologiche di Mons. Fernández


Victor Manuel Fernandez, Arcivescovo


Di Redazione Blog di Sabino Paciolla, 23 Settembre 2023

Di seguito segnalo all’attenzione e alla riflessione dei lettori di questo blog l’articolo scritto da Bruno 
Moreno e pubblicato su Infocatolica. Visitate il sito e valutate liberamente le varie opzioni offerte e le eventuali richieste. Ecco l’intervista nella traduzione automatica.



Bruno Moreno 

Qualche tempo fa, ho scritto un articolo intitolato “Meglio di Gesù Cristo”, sulla piaga degli ecclesiastici che ritengono chiaramente di essere più misericordiosi, intelligenti e avanzati dello stesso Figlio di Dio incarnato. In genere, ovviamente, non osano dirlo a parole, ma lo dicono nei fatti quando affermano che il Vangelo o la fede e la morale rivelati da Cristo dovrebbero essere cambiati, il che equivale a sostenere di sapere meglio di nostro Signore ciò che gli esseri umani dovrebbero fare, o quando affermano che permettere il divorzio e altre immoralità è molto più misericordioso che essere fedeli a ciò che Gesù Cristo ha insegnato.

In questo contesto, non sorprende che ci siamo ritrovati con un Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede che dà per scontato di essere più saggio di San Tommaso. Prima o poi doveva succedere. Lo dico con tutto il rispetto per la sua dignità episcopale e riconoscendo che, ovviamente, Mons. Fernandez non si esprime in questo modo, né si rende conto di pensarla così, ma i fatti sono fatti e il fatto è che propone esattamente l’opposto di San Tommaso e si aspetta che crediamo a lui piuttosto che al Santo e al Dottore della Chiesa, cosa che si potrebbe spiegare solo se fosse più saggio di lui.

Infatti, Mons. Fernandez ci assicura (qui l’intervista tradotta in italiano, ndr) che i vescovi non dovrebbero mai pretendere di correggere il Papa in materia di fede, perché “se mi si dice che alcuni vescovi hanno un dono speciale dello Spirito Santo per giudicare la dottrina del Santo Padre, entreremo in un circolo vizioso (in cui chiunque può pretendere di avere la vera dottrina) e questo sarebbe eresia e scisma”.

Ma è vero? I vescovi dovrebbero tacere e non criticare mai nulla di ciò che ha detto il Papa, perché farlo significherebbe cadere nell’eresia e nello scisma? Vediamo cosa diceva San Tommaso in proposito (come tutta la Chiesa prima e dopo): “in caso di minaccia alla fede, i superiori devono essere rimproverati anche pubblicamente dai loro sudditi” (S. Th., II-II, 33, 4). L’inferiore non solo può, ma deve rimproverare pubblicamente un superiore se parla contro la fede cattolica. E questo è un principio universale nella Chiesa, per cui non solo i vescovi, ma anche i semplici sacerdoti o addirittura i fedeli possono e devono respingere qualsiasi errore di fede, chiunque lo difenda, anche se si tratta di un papa. Ma è chiaro che Mons. Fernandez deve essere più saggio di San Tommaso e noi dobbiamo ascoltare lui e non il Dottore della Chiesa.

E cosa ha detto San Paolo: “Ma se anche noi, o un angelo dal cielo, vi predicasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo predicato, sia maledetto” (Gal 1,8). Sembra essere molto chiaro: se qualcuno dice qualcosa contro la fede, anche se si tratta di un angelo o di un apostolo o, presumibilmente, di un Papa, non bisogna prestargli la minima attenzione. San Paolo non ha detto: “Beh, se lo dico perché sono un apostolo, allora è vero”. Nessuno, chiunque sia, può affermare qualcosa contro la fede nella Chiesa, e se lo fa, deve essere respinto.

Ma se abbiamo qualche dubbio, chiediamoci: cosa ha fatto San Paolo? Esattamente quello che ha detto che bisognava fare. Quando il primo Papa sviò i fedeli tornando alle pratiche del giudaismo, San Paolo rimproverò pubblicamente San Pietro: “Ho detto a Cefa in presenza di tutti…” (Gal 2,14). Perché pubblicamente? Perché la sua condotta era stata pubblicamente scandalosa e stava portando i fedeli fuori strada. E non solo rimproverò pubblicamente il Papa, ma raccontò di averlo fatto nella Lettera ai Galati, che è Parola di Dio. San Tommaso lo spiegò dicendo che in questo modo San Pietro dava umilmente l’esempio ai superiori di accettare la correzione dai loro inferiori se si fossero allontanati dalla retta via. O forse dovremmo concludere che il vescovo Fernandez è più obbediente dell’apostolo San Paolo e più umile di San Pietro, oltre a conoscere la Chiesa più della stessa Parola di Dio.

E cosa hanno detto i concili? Il Terzo Concilio di Costantinopoli, ad esempio, condannò Papa Onorio per aver flirtato con le idee degli eretici monoteliti, condanna che fu confermata da Papa San Leone e dal Secondo Concilio di Nicea e dal Quarto Concilio di Costantinopoli. Possibile che non sapessero che un Papa non può essere corretto in materia di fede? Il Concilio Vaticano I, come è noto, ha definito le circostanze in cui il magistero del Santo Padre è infallibile. Non ci vuole molta riflessione per capire che questo implica che esiste un altro magistero papale che non è infallibile e, quindi, può sbagliare se si allontana dalla Tradizione e dalla Scrittura. E, se è sbagliato, non dovrebbe essere rifiutato come ci ha ricordato San Paolo nel paragrafo precedente? Beh, suppongo che il vescovo Fernandez ne sappia di più di quattro concili ecumenici.

Il Concilio Vaticano I, tra l’altro, confuta un’altra teoria del vescovo Fernandez espressa nella stessa intervista, in cui ci assicura che: “Quando parliamo di obbedienza al magistero, questa è intesa in almeno due sensi, che sono inseparabili e ugualmente importanti. Uno è il senso più statico, di un “deposito della fede” che dobbiamo custodire e conservare intatto. Ma, d’altra parte, c’è un carisma particolare per questa salvaguardia, un carisma unico, che il Signore ha dato solo a Pietro e ai suoi successori. In questo caso non si tratta di un deposito, ma di un dono vivo e attivo, che agisce nella persona del Santo Padre. Io non ho questo carisma, né lei, né il cardinale Burke. Oggi lo ha solo Papa Francesco”.

Questo doppio carisma è qualcosa di completamente estraneo a quanto definito dal Concilio Vaticano I, che peraltro lo ha espressamente negato: “Così lo Spirito Santo è stato promesso ai successori di Pietro, non perché con la sua rivelazione facciano conoscere qualche nuova dottrina, ma perché, con la sua assistenza, conservino santa ed espongano fedelmente la rivelazione trasmessa dagli Apostoli, cioè il deposito della fede” (Concilio Vaticano I, Costituzione dogmatica Pastor Aeternus, 18 luglio 1870). Qual è dunque il carisma di Pietro? Quello di santificare ed esporre fedelmente il deposito della fede. Quest’altro carisma di cui parla Mons. Fernandez, che “non è un deposito” e che “agisce nella persona del Santo Padre” sembra, quindi, un’invenzione, cioè una di quelle nuove dottrine che il Concilio ha espressamente respinto.

E cosa ci dice la storia della Chiesa? Quando Papa Giovanni XXII affermò che le anime dei giusti avrebbero visto Dio solo dopo il Giudizio Universale, cioè un’eresia, i teologi di Parigi, i suoi stessi cardinali e diversi principi cattolici gli si rivoltarono contro e lo minacciarono addirittura di metterlo al rogo, finché il Papa non ritrattò i suoi errori prima di morire. Il suo successore, Benedetto XII, definì come dogma di fede la dottrina che il suo predecessore aveva negato, in modo che non ci fossero dubbi. Possibile che non sapessero che non si può correggere un papa? Papa Adriano VI insegnò che un papa poteva sbagliare in materia di fede e persino insegnare l’eresia. Innocenzo III disse che la fede è una cosa così importante che, come papa, poteva essere giudicato solo se se ne fosse allontanato. Li ascolteremo? Certo che no, dovremo piuttosto credere che il vescovo Fernandez conosce la storia della Chiesa più della Chiesa stessa e la teologia più di Benedetto XII o Adriano VI.

E cosa hanno fatto e detto i santi? Gli esempi non mancano. Santa Caterina da Siena, con grande affetto, rimproverava terribilmente il Papa dell’epoca. San Roberto Bellarmino, Dottore della Chiesa, nel De Romano Pontifice, parlava della possibilità che un Papa cadesse in eresia (citando il caso di Giovanni XXII come eresia materiale) e considerava l’opinione contraria come una semplice “pia credenza”. Sant’Alfonso Liguori disse che, se il Papa fosse caduto in eresia, sarebbe stato privato del pontificato. E i teologi? Molti dei migliori teologi hanno insegnato che il Papa può cadere in eresia, almeno materialmente, ma anche in molti casi formalmente. Ad esempio, il cardinale Cajetan, Melchior Cano, Francisco Suarez, Domingo Bañez, Billuart, Juan de Torquemada, Billot, Ballerini o Juan de Santo Tomas, solo per citarne alcuni. Le loro opinioni su come risolvere il problema erano molto diverse, ma il riconoscimento che il problema poteva effettivamente verificarsi era comune tra i teologi e tutti sostenevano che l’eresia doveva essere combattuta anche se affermata da un papa, perché questo è ciò che la Chiesa ha sempre insegnato in materia. Il Decreto di Graziano, nel XII secolo, affermava che il papa non è giudicabile da nessuno, “a meno che non si discosti dalla fede”. Comunque, suppongo che possiamo gettare gli scritti dei santi e dei teologi nel cestino della carta straccia ora che il vescovo Fernandez ha spiegato le cose molto meglio.

Tutto questo (e molti altri esempi che si potrebbero fare), naturalmente, non decide la questione se correggere o meno un determinato Papa, che è una questione prudenziale e in cui è saggio essere molto umili e cauti, ma dimostra senza ombra di dubbio che l’idea che i vescovi non debbano mai correggere il Papa in materia di fede è completamente estranea all’insegnamento della Chiesa nel corso dei secoli.

Sarebbe ingiusto concentrarsi troppo sul povero vescovo Fernandez, che è semplicemente figlio di un’epoca in cui la scarsa formazione è comune e si trova in una posizione che non gli compete, perché il problema, come abbiamo detto, è molto più diffuso. Tendo a pensare che i cattolici del futuro si meraviglieranno al pensiero di noi e diranno che viviamo in un’epoca straordinaria, in cui non solo abbiamo chierici più misericordiosi di Gesù Cristo stesso, ma anche più saggi di San Tommaso, più obbedienti di San Paolo e più santi di San Roberto Bellarmino o di Sant’Alfonso Liguori e che conoscono la fede meglio dei Concili Ecumenici che l’hanno definita o della stessa Parola di Dio. Una vera meraviglia.

Che cosa dobbiamo fare in un’epoca come questa? Quello che i cattolici hanno sempre fatto: amare la Chiesa, pregare intensamente per il Papa e i vescovi, essere fedeli alla Tradizione ricevuta e alla fede della Chiesa, rifiutare con umiltà ma con fermezza tutto ciò che vi si oppone e confidare in Cristo, che è l’unico Signore della storia.



Nessun commento:

Posta un commento