giovedì 6 aprile 2023

GIOVEDI’ SANTO: Gesù, prima di morire per noi, ci ha lasciato due doni preziosi. Vediamo quali sono…





di Maria Bigazzi

Siamo giunti all’inizio del Triduo Santo, entriamo nel cuore della Passione di Gesù, rivivendo gli avvenimenti che hanno caratterizzato gli ultimi giorni della Sua vita.

Il Giovedì Santo è il giorno in cui ricordiamo l’istituzione della santa Eucaristia e del Sacerdozio, due eventi di importanza assoluta.

Celebrando la Pasqua con i suoi discepoli, Gesù che è il grande Sacerdote della nuova legge, trasformò il banchetto rituale dei Giudei nel santo banchetto in cui Lui stesso si diede in nutrimento a coloro che doveva riscattare con la sua Passione e morte.

Ci ricorda l’evangelista Giovanni che Gesù, sapendo che era venuta l’ora di passare da questo mondo al Padre, “dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine” (Gv 13,1).

Nell’Eucaristia, Gesù ci ha dato tutto se stesso, rimanendo esposto agli insulti, alle irriverenze e alle profanazioni, pur di non privarci della Sua presenza sui nostri altari.

Comprendiamo bene allora quanto sia immenso l’Amore di Dio, che, prima che il Suo Figlio Unigenito venisse immolato sull’altare della Croce, ha voluto che Egli istituisse il Sacramento dell’Amore, dove rimane realmente presente in Corpo, Sangue, Anima e Divinità sotto le specie del pane e del vino, per dare gloria al suo eterno Padre attraverso la memoria della sua Passione e per darci il Pane della vita eterna.

L’Eucaristia è frutto dell’immenso Amore di Gesù per noi, per il quale Egli non ha esitato a donarsi completamente a noi fino a farsi nostro cibo.

Per mezzo di Essa noi ci uniamo a Gesù, ma anche a tutte le membra del suo Corpo mistico, “poiché c’è un solo pane”, scrive san Paolo, “noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamo nell’unico pane” (1Cor 10,17).

Nella santa Comunione si realizza pienamente la parola di Gesù. Infatti, per essere “perfetti nell’unità”, Gesù deve essere in noi e il Padre in Lui, perché come il Padre è nel Figlio, e il Figlio è nel Padre, così anche noi diventiamo una cosa sola nel Padre e nel Figlio (Gv 17,21).

Ma per unirci a Gesù è necessario purificare la nostra anima mediante il sacramento della penitenza, per presentarci a Lui “santi e immacolati” (Ef 1,14), tenendo a mente le parole di Gesù: “Se non ti laverò, non avrai parte con me” (Gv 13,8).

Mediante questo divin Sacramento, Pane degli angeli che ci viene dato per fortificare e nutrire le nostre anime, ma anche Pane dei forti, nutrimento degli eroi, conforto degli agonizzanti e sostegno dei martiri; noi riceviamo forza, nutrimento e vita.

Accostandosi santamente alla Comunione, infatti, l’anima riceve i frutti che le permettono di compiere una trasformazione graduale interiore che assimila la nostra persona a Gesù Ostia, con l’acquisto delle sue virtù e con la perfezione che configura la nostra vita in modo sempre più santo.

Si tratta del frutto completo della Santa Messa, della santa Comunione e dell’Adorazione Eucaristica. Il nutrirsi santamente e quotidianamente dell’Eucaristia, porta l’anima a conformarsi con Gesù, dandole un’impronta “eucaristica”. Come ricorda l’Apostolo: “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” (Gal 2,20).

Infatti “il Corpo e il Sangue di Cristo sono dati a noi affinché noi stessi, veniamo trasformati a nostra volta. Noi stessi dobbiamo diventare Corpo di Cristo, consanguinei di Lui”. (Benedetto XVI, Omelia in occasione della XX giornata della gioventù, Colonia, domenica 21 agosto 2005).

Ma per ricevere Gesù nella santa Eucaristia, abbiamo bisogno di colui che Gesù scelse per essere suo ministro “tra le genti”: il sacerdote.

Egli, infatti, è “l’uomo di Dio”, “costituito per il bene degli uomini nelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati” (Eb 5,1).

L’anima del sacerdote viene configurata a Gesù per mezzo dello Spirito Santo che impersona Gesù in lui, di modo che egli all’altare operi “nella stessa persona di Gesù”, come insegna san Cipriano e la teologia cattolica.

Il Sacerdote viene scelto direttamente da Dio, separato dagli altri, segnato con un carattere che durerà in eterno e investito dei divini poteri del Sacerdozio ministeriale. Egli impersona Gesù negli atti più importanti della Redenzione universale, partecipando alla Sua stessa vocazione e missione. Per questo deve riprodurre nella sua vita, l’intera vita di Cristo, ossia una vita verginale, povera e crocifissa.

Per comprendere maggiormente il valore del sacerdote, è utile ricordare l’espressione del santo Curato d’Ars, il quale afferma che egli è l’unico che possiede la chiave dei tesori celesti. Nelle sue “sante e venerabili” mani infatti, si incarna ogni giorno il Figlio di Dio, come si incarnò nel seno della Vergine Maria.

Quanta grazia per noi uomini nel giorno del Giovedì Santo! Innalziamo un inno di lode a Dio per ringraziarlo del Suo infinito Amore e per i Suoi grandi doni, affidandoci alla Vergine Maria, che sola ci può ottenere la grazia di una santa preparazione a ricevere degnamente Gesù, Suo “fiore verginale”, insegnandoci a rispettare e a servire i nostri sacerdoti che ci portano Gesù Eucaristico.





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