venerdì 28 aprile 2023

Che ne è stato dei principi non negoziabili, nella Chiesa?







Lucia Comelli, 27 APR 2023

Mi sono rifatta, per l’ennesima volta, questa domanda in occasione delle recentissime elezioni locali che nella mia città hanno visto prevalere, anche con l’appoggio di diversi cattolici praticanti, la Sinistra. La mia scelta di votare in senso opposto è stata confermata l’altra sera dal bellissimo incontro online con don Samuele Cecotti, che ha parlato proprio di tali principi.[1]

In una società occidentale relativista e quindi sempre più lontana dalla fede cristiana, nel 2002 il cardinale Joseph Ratzinger – allora prefetto della Congregazione per la dottrina della fede – consapevole della difficoltà di portare una proposta cattolica in sede politica scrisse una Nota[2] approvata da papa Giovanni Paolo II, in cui sottolineava il carattere centrale nella dialettica politica democratica dei cosiddetti principi non negoziabili[3]. Tali valori, che si radicano nel diritto naturale classicamente inteso, rappresentano secondo l’autore i principi architettonici dell’intera costruzione della polis e pertanto le coordinate essenziali dell’azione di un cattolico o, semplicemente, di una persona di buona volontà nella vita politica: per questo non sono ‘negoziabili’, cioè non possono essere oggetto di contrattazione o compromesso, né su essi è lecito tacere a chi voglia agire in politica per la tutela e la promozione della dignità della persona. Ratzinger, divenuto papa con il nome di Benedetto XVI, ha fatto riferimento successivamente più volte nei suoi insegnamenti a tali principi, così come, durante il suo pontificato, hanno fatto la CEI e altre conferenze episcopali nel mondo. Questi ammaestramenti hanno suscitato una vasta eco, ad esempio negli Stati Uniti, dove si è verificata negli ultimi due decenni una forte polarizzazione sui temi etici: se il Partito Democratico si è radicalmente laicizzato, per cui i cattolici liberal, a partire dallo stesso Presidente, Joe Biden, sono favorevoli all’aborto, all’eutanasia e al ‘matrimonio’ omosessuale, il partito repubblicano ha invece accentuato la propria adesione ai valori naturali.

Nell’elencazione di questi principi ci sono, nel magistero di papa Benedetto XVI alcune differenze tra un documento e l’altro, che – a seconda della finalità – possono approfondire aspetti diversi, ma in tutti ricorrono tre principi, una sorta di suprema sintesi della legge naturale (criterio ultimo dell’agire politico, giuridico, e morale, di chi ritiene che la realtà sia ordinata e abbia un senso) che oggi sono particolarmente a rischio – ha detto Papa Ratzinger il 30 marzo 2006 ai partecipanti al convegno promosso dal Partito popolare europeo[4] :la tutela della vita in tutte le sue fasi, dal primo momento del concepimento fino alla morte naturale;
il riconoscimento e promozione della struttura naturale della famiglia, quale unione fra un uomo e una donna basata sul matrimonio, e sua difesa dai tentativi di renderla giuridicamente equivalente a forme radicalmente diverse di unione che, in realtà, la danneggiano e contribuiscono alla sua destabilizzazione, oscurando il suo carattere particolare e il suo insostituibile ruolo sociale;
la tutela del diritto dei genitori di educare i propri figli.

Questi principi non sono verità di fede, anche se ricevono ulteriore luce e conferma dalla fede. Essi sono iscritti nella natura umana stessa e quindi sono comuni a tutta l’umanità. L’azione della Chiesa nel promuoverli non ha dunque carattere confessionale, ma è rivolta a tutte le persone, prescindendo dalla loro affiliazione religiosa.

Diversamente dalla tendenza oggi imperante nello stesso clero di annacquare, se non tradire, il messaggio evangelico per piacere al mondo, Benedetto XVI aggiungeva che la promozione di tali valori da parte della Chiesa: è tanto più necessaria quanto più questi principi vengono negati o mal compresi perché ciò costituisce un’offesa contro la verità della persona umana, una ferita grave inflitta alla giustizia stessa».

Questa dottrina vincola in primis i politici cattolici, sia livello legislativo che di governo, ma anche i giudici e ogni credente o persona che voglia agire rettamente. Eppure, non c’è legislazione occidentale che oggi non intacchi questi principi della morale naturale. Lo Stato, ad esempio, ha sempre più assorbito la funzione educativa e in diverse legislazioni occidentali i genitori rischiano di subire un’azione penale o addirittura di perdere la tutela dei figli se si oppongono all’indottrinamento ‘gender’ propinato dalle scuole o all’idea che tutte le pratiche sessuali si equivalgano … Anche in Italia, accade che studenti minorenni vengano inseriti nella Carriera Alias dalle scuole arbitrariamente (non esiste una legge dello Stato che lo consenta), senza nemmeno un certificato che attesti la presenza effettiva di una disforia di genere e persino – se hanno compiuto 16 anni – senza avvisare preventivamente i genitori. Questo, malgrado le stesse nuovissime Linee Guida sul trattamento delle disforie di genere nei minori del Regno Unito evidenzino i rischi della cosiddetta transizione sociale. Possiamo pertanto affermare che la dottrina dei principi non negoziabili, per quanto minimalista dal punto di vista morale, ponga chi la sostiene in una posizione conflittuale nei confronti del sistema vigente e quindi richieda il coraggio di una testimonianza controcorrente. Già negli anni del pontificato di Papa Benedetto XVI, anche all’interno della Chiesa stessa, cioè nei seminari, nelle facoltà teologiche e negli ordini religiosi essa è stata ampiamente contestata e disapplicata negli ambienti progressisti: cioè in quelli – e sono la maggior parte – che si ispirano al pensiero di Karl Rahner e al nuovo paradigma teologico ‘della svolta antropologica’ da lui costruito. Gesuita tedesco, di gran lunga il pensatore più prolifico e influente a partire dagli anni Sessanta del secolo scorso, Rahner ha predicato il dovere della Chiesa, non di evangelizzare il mondo, ma di convertirsi ad esso. Infatti, la teologia deve mantenersi ‘al passo con i tempi’, assimilando l’interpretazione della verità, storica e dunque variabile, acquisita dal genere umano in una determinata epoca. La realtà non ha strutture ontologiche, non rivela un ordine finalistico cui attingere per avere delle indicazioni di ordine morale, i concetto di natura e sovra natura sono obsoleti, molti dei racconti biblici (relativi ad esempio ai miracoli) vanno demitizzati, le verità sono sempre provvisorie e parziali: se la coscienza dell’umanità su alcuni punti cambia, anche la dottrina deve cambiare « il magistero non dovrà più definire dottrine, ma aprire processi pastorali, da cui emergerà storicamente la nuova dottrina ».[5] La dottrina dei principi non negoziabili con il pontificato di papa Francesco, che ha sostenuto pubblicamente di non aver mai capito tale espressione, è stata abbandonata dalla gerarchia cattolica, pur essendo in continuità con l’intera tradizione (Padri della Chiesa, testi liturgici…). La Chiesa, infatti, da sempre ha sostenuto l’esistenza di atti intrinsecamente cattivi, mai leciti, neppure per perseguire un fine buono o stretti dalla necessità, tanto che compierli o promuoverli politicamente esclude automaticamente un fedele, che non si penta, dalla comunione ecclesiale, precludendogli così l’accesso all’Eucarestia.[6] Su tali valori fondamentali i prelati, dunque, per lo più tacciono o magari rilasciano dichiarazioni sconcertanti come quella, recentissima, di mons. Paglia, Presidente della Pontificia Accademia per la Vita, che – a proposito della sentenza della Corte costituzionale sul suicidio assistito – ha detto: «Personalmente non praticherei l’assistenza al suicidio, ma comprendo che una mediazione giuridica possa costituire il maggior bene comune concretamente possibile nelle condizioni in cui viviamo».

Intanto, in consonanza con la mentalità corrente, si diffondono nella Chiesa assoluti morali inediti: l’attenzione all’ambiente, il risparmio energetico, l’accoglienza (indiscriminata?) dei migranti … Eppure, anche per una semplice fedele come me, i principi inviolabili della morale naturale – già intuiti dalle migliori menti dell’antichità (si pensi al Giuramento di Ippocrate, che ha vietato per molti secoli ai medici, anche qualora fosse stato loro richiesto, di spegnere la vita umana) – e della Dottrina sociale della Chiesa (quali i principi della sussidiarietà e della solidarietà, la difesa della proprietà privata, a garanzia della libertà della persona e della famiglia, il diritto ad un giusto salario … in gran parte recepiti dalla nostra Costituzione, proprio perché ampiamente condivisi) rimangono vincolanti e prioritari.

In conclusione, per non essere travolta dalla confusione imperante nella società e in tanta parte della stessa Chiesa, cerco – con l’aiuto di Dio – di legarmi sempre più strettamente a Cristo e di approfondire e rimanere fedele a quello che è certo, in quanto conforme alla retta ragione e da sempre insegnato nella Chiesa – la Rivelazione, infatti, non cambia[7]– testimoniandolo, per come posso, con la vita e le parole.

Lucia Comelli

http://www.sabinopaciolla.com


Note:

[1] L’incontro, organizzato alle 21.00 dello scorso venerdì dall’Osservatorio Card.Van Thuân sulla Dottrina sociale della Chiesa e dalla rivista online La Nuova Bussola Quotidiana, fa parte di un ciclo di sei lezioni dedicate al magistero sociale di Benedetto XVI. L’articolo presente si serve ampiamente dell’insegnamento di don Cecotti, vicepresidente dell’Osservatorio.

[2] La categoria della “non negoziabilità” è emersa per la prima volta nel Magistero della Chiesa nella Nota dottrinale circa alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica emanata il 24 novembre del 2002 dalla suddetta Congregazione. Nel paragrafo 3 della Nota si ribadisce che «non è compito della Chiesa formulare soluzioni concrete – e meno ancora soluzioni uniche – per questioni temporali che Dio ha lasciato al libero e responsabile giudizio di ciascuno». Se però, aggiunge la Nota, il cristiano è tenuto ad «ammettere la legittima molteplicità e diversità delle opzioni temporali», egli è ugualmente chiamato «a dissentire da una concezione del pluralismo in chiave di relativismo morale, nociva per la stessa vita democratica, la quale ha bisogno di fondamenti veri e solidi, vale a dire, di principi etici che per la loro natura e per il loro ruolo di fondamento della vita sociale non sono negoziabili»

[3] L’espressione non negoziabili, coniata da Ratzinger, si riallaccia alla tradizionale fede cristiana nell’esistenza di verità morali assolute, valide ovunque e in ogni luogo, che a nessuna coscienza è lecito mai trasgredire (questa convinzione è centrale anche nel giusnaturalismo, che ha ispirato la Dichiarazione universale dei diritti umani e i preamboli di tante Costituzioni, nonché i Principi fondamentali di quella italiana).

[4] Tutti i testi citati si trovano in forma integrale online (cfr.www.vatican.va).

[5] Stefano Fontana, Ateismo cattolico? Quando le idee sono fuorvianti per la fede, Fede&Cultura 2022, p. 81. Rahner ha portato le categorie della filosofia moderna e contemporanea (in particolar modo da Kant ad Heidegger), una filosofia dell’immanenza, all’interno della teologia cattolica, con esiti devastanti per la fede.

[6] «Il culto gradito a Dio, infatti, non è mai atto meramente privato […]: esso richiede la pubblica testimonianza della propria fede. Ciò vale ovviamente per tutti i battezzati, ma con particolare urgenza nei confronti di coloro che, per la posizione sociale o politica che occupano, devono prendere decisioni a proposito di valori fondamentali, come il rispetto e la difesa della vita umana, dal concepimento fino alla morte naturale, la famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna, la libertà di educazione dei figli e la promozione del bene comune in tutte le sue forme. Tali valori non sono negoziabili. Pertanto, i politici e i legislatori cattolici, consapevoli della loro grave responsabilità sociale, devono sentirsi particolarmente interpellati dalla loro coscienza, rettamente formata, a presentare e sostenere leggi ispirate ai valori fondati nella natura umana. Ciò ha peraltro un nesso obiettivo con l’Eucaristia. (Cfr. 1 Cor 11,27-29). I Vescovi sono tenuti a richiamare costantemente tali valori; ciò fa parte della loro responsabilità nei confronti del gregge loro affidato». Cfr. Benedetto XVI, Coerenza eucaristica, Sacramentum Caritatis (83).

[7] «Mi meraviglio che, così in fretta […] voi passiate a un altro Vangelo. Però non ce n’è un altro, se non che vi sono alcuni che vi turbano e vogliono sovvertire il Vangelo di Cristo. Ma se anche noi stessi, oppure un angelo dal cielo vi annunciasse un Vangelo diverso da quello che vi abbiamo annunciato, sia anàtema! Infatti, è forse il consenso degli uomini che cerco, oppure quello di Dio? O cerco di piacere agli uomini? Se cercassi ancora di piacere agli uomini, non sarei servitore di Cristo!» San Paolo, Lettera ai Galati (1, 6-10).







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