martedì 24 gennaio 2023

Il sistema internazionale dei diritti umani: corruzione e influenza







di Louis-Marie Bonneau, 24 GEN 2023

Mentre il Centro europeo per il diritto e la giustizia (ECLJ) denuncia il finanziamento occulto di parecchi esperti dell’ONU, Fondazioni neoliberali, imprese multinazionali, grandi università e anche alcuni Stati finanziano le istituzioni internazionali per i diritti umani e ne condizionano ideologicamente l’operato. Lo scopo è di imporre una certa visione dei diritti umani, conforme ad una società aperta, frammentata e post-tradizionale.

Il sistema internazionale dei diritti umani è condizionato da un fenomeno di “cattura” e di “privatizzazione”, due parole che possono essere riassunte nel termine “influenza”. Quando si parla di “sistema internazionale dei diritti umani” s’intendono le corti internazionali incaricate di far rispettare le convenzioni che tutelano tali diritti (Corte europea dei Diritti umani e Corte interamericana dei Diritti umani, per esempio) come pure le organizzazioni internazionali specializzate in questo ambito (l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti umani, Il Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione, ONU Donne, il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo…). Questo fenomeno di “cattura” si esprime in varie forme: finanziamento delle istituzioni, partecipazione istituzionale ai loro lavori, intervento nella procedura di nomina dei membri e creazione di una bolla ideologica stagna intorno ad essi.

Influenzare i diritti umani: un investimento redditizio


Le relazioni finanziarie delle varie istituzioni citate mostrano che esse sono parzialmente finanziate da donatori volontari privati. Molto spesso i principali contribuenti sono le fondazioni neoliberali Open Society, Ford, Oak, Gates e MacArthur. Anche talune imprese come Microsoft, Google o Facebook finanziano il sistema dei diritti umani. Tuttavia non sono le uniche, in quanto anche grandi università del sistema anglo-sassone (esse stesse spesso finanziate dalle suddette fondazioni neoliberali) forniscono un sostegno. Taluni Stati sono pure particolarmente attivi, come i Paesi Bassi o la Norvegia, sovvenzionando le istituzioni ben oltre i contributi di stato ordinari. Ci si può quindi chiedere cosa spinge questi vari attori a finanziare il sistema internazionale dei diritti umani.

Per i neoliberali, la democrazia e i diritti umani sono un espediente per veicolare la loro ideologia nel mondo intero. Le corti specializzate e le istituzioni internazionali incaricate di tutelare tali diritti diventano così enti strategici mediante la loro influenza e il potere sugli Stati. Questo è tanto più vero in quanto le ONG godono di facilitazioni d’intervento e i fondi neoliberali riempiono, a loro vantaggio, il vuoto economico causato dalla mancanza di contributi di Stato ordinari. Ecco dunque un’opportunità per queste grandi fondazioni di portare avanti la loro visione dei diritti umani, cioè il progetto di creare una società aperta all’egemonia del mercato e più in particolare alla crescita dei profitti privati. La segmentazione della società in gruppi minoritari è un metodo per “liquefarla” e renderla permeabile all’imposizione di un mercato globale aperto e senza ostacoli alla libera circolazione dei beni e delle persone. L’interesse economico di questi gruppi è di spingere gli Stati verso società multietniche governate da “Stati internazionali”.

Una nuova morale: l’ideale della “Società aperta”


A proposito di questi finanziamenti, un ex esperto dell’ONU intervistato dall’ECLJ, parla di “corruzione silenziosa”. Anzitutto bisogna ben capire cosa s’intende per “corruzione”. Oltre all’aspetto finanziario che, come abbiamo visto, oggi discredita il Parlamento europeo, la corruzione svela soprattutto l’indebolimento intellettuale, morale e ideologico delle persone che agiscono all’interno dei meccanismi dei diritti umani (giudici, esperti dell’ONU…) veicolando l’imposizione, da parte di agenti esterni, di un programma e di temi precisi. La spiegazione di tale dinamica si può ravvisare sia nel fatto che tali attori dei diritti umani non sono sempre attrezzati per rilevare e contrastare l’influenza che potrebbero subire, sia nel fatto che essi stessi aderiscono ai messaggi di coloro che li influenzano, che comunque detengono l’egemonia economica e culturale necessaria al loro predominio su questo sistema.

Per i neoliberali, la posta in gioco è infatti dissolvere le “società chiuse” tradizionali sovrane, servendosi del contenzioso internazionale e dell’influenza di coloro che sono punti di riferimento in quest’ambito: per esempio, gli esperti dell’ONU o i giudici della CEDU. L’obiettivo è raggiungere la “società aperta”, ideale di ciò che Marcel De Corte chiamava la “dis-società”. Questo avviene grazie all’omogeneizzazione culturale tra gli Stati e dunque attraverso una battaglia contro le specificità, le tradizioni e i retaggi storici e religiosi. L’ex esperto dell’ONU per la salute esprimeva bene questa idea in una delle sue relazioni: «La xenofobia, i “valori familiari tradizionali” e altre forme di discriminazione minano la coesione sociale, a scapito di tutti». Nel corso del suo mandato aveva ricevuto finanziamenti diretti dalla Open Society di almeno 425.000$. Se ne può dedurre l’osservazione che nei Paesi di tradizione cristiana, le controversie portate davanti alle corti europee sono orientate all’emancipaziuone religiosa, al “diritto all’aborto”, all’eutanasia e ai diritti delle minoranze sessuali. Questa strategia ha una logica economica poiché, come spiega il Dr Gaëtan Cliquennois, ricercatore presso il CNRS (ndt Centre National de la Recherche Scientifique), «la mondializzazione economica poggia sulla mondializzazione culturale»[1].

Un ordine morale binario


Spesso abbiamo l’impressione di assistere all’imposizione di un ordine morale binario. Nelle nostre società secolarizzate, sta apparendo un nuovo clero simbolico. Si tratta dei “profeti dei diritti umani”. Questo nuovo clero impone implicitamente una morale che deve guidare l’azione politica. E, ancora prima di imporla, l’annuncia. È ciò che Charles Péguy scriveva: «Tutto comincia in mistica e finisce in politica». Nella società dell’ateismo radicale, la mistica del progresso insegna all’uomo che deve essere misura di ogni cosa, che l’autonomia della sua volontà è fondamento del reale. Pur non essendo vera, questa idea è redditizia e taluni “filantropi” l’hanno ben compreso.

di Louis-Marie Bonneau

Ricercatore associato presso il Centro europeo per il diritto e la giustizia (ECLJ)

Pubblicato su “L’Homme Nouveau”, Parigi, n. 1774, 31 dicembre 2022, pp. 12-13

Traduzione dal francese di Orietta Tunesi.


[1] Cf. Gaëtan Cliquennois, European Human Right Justice and Privatisation – The Growing Influence of Foreign Private Funds, Cambridge University Press, pag. 257.










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