venerdì 19 novembre 2021

Cinquant’anni di Teologia della Liberazione





di Julio Loredo

La scorsa settimana il Centro Peruano de Estudios Sociales – CEPES – ha organizzato a Lima un convegno dal titolo “Teologia della liberazione: prospettive”, per commemorare il 50° anniversario dell’omonimo libro di Gustavo Gutiérrez, pubblicato nel 1971 dallo stesso CEPES, e che diede origine a questa corrente rivoluzionaria. In America Latina, la ricorrenza è stata oggetto di numerose celebrazioni da parte dei progressisti, anche perché, riemergendo dalle ceneri, la Teologia della liberazione (Tdl) adesso incide non solo sulla linea pastorale di molti episcopati, ma anche su quella politica dei vari governi di estrema sinistra che, purtroppo, si stanno riprendendo il Continente, a cominciare dallo stesso Perù dove adesso governa un marxista dichiarato, sostenuto appunto dalla Tdl.

Preoccupati col COVID, col G20, con la COP26 di Glasgow, con la crisi dei migranti in Polonia e altri argomenti della più alta rilevanza, qui da noi non si è data la dovuta attenzione a questo anniversario. Pochi gli articoli al riguardo, tra cui uno su “La Lettura” domenicale del Corriere della Sera. Anche nell’area conservatrice/tradizionalista – alle prese con le nefaste conseguenze del motu proprio Traditionis custodes – la ricorrenza è stata pressoché ignorata.

Eppure il tema dovrebbe interessare ogni cattolico, non fosse altro perché sulla Cattedra di Pietro siede un Pontefice che non nasconde le sue simpatie per la Tdl, sia nella sua versione socialista classica, sia in quelle più aggiornate. Dovrebbe interessare anche ogni anticomunista, poiché è attraverso la Tdl che la sinistra riesce a coinvolgere molti cattolici nelle cause rivoluzionarie.

Sdoganata dal sacerdote peruviano Gustavo Gutiérrez Merino nel corso di una riunione di clero progressista nel 1968 a Chimbote, Perù, la Teologia della liberazione era già stata proposta nel 1960 dal teologo uruguaiano Juan Luis Segundo, ed era stata il tema di una serie di incontri internazionali – compresso uno all’Avana nel 1965 sotto l’egida di Fidel Castro – dove si discusse su come i cattolici potevano arruolarsi nelle rivoluzioni socialiste/comuniste che allora imperversavano in America Latina.

Si trattava di elaborare una giustificazione teologica per la militanza rivoluzionaria dei cattolici e, nello stesso tempo, formulare un progetto pastorale che permettesse di coinvolgervi il maggior numero di fedeli. Il risultato fu, appunto, la Teologia della liberazione, sorretta dalle cosiddette Comunità ecclesiali di base (CEB), all’interno delle quali si svolgeva un processo di “pressa di coscienza” secondo il metodo della “pedagogia degli oppressi” sviluppata dal marxista brasiliano Paolo Freire. Insomma: un piano minuzioso per la Rivoluzione latinoamericana, e non solo.

Dopo un periodo di grande espansione, sull’onda della II Conferenza generale dell’Episcopato latinoamericano (CELAM), tenutasi a Medellín, Colombia, nel 1968 alla presenza di Papa Paolo VI, il movimento della Tdl iniziò a declinare.

La prima denuncia del libro di Gustavo Gutiérrez, e quindi della corrente della Teologia della liberazione, fu quella di Tradición y Acción por un Perú Mayor (la TFP peruviana), nel 1973. Il sottoscritto, socio fondatore dell’Associazione, prese parte a quella storica campagna, dovendo poi pagare l’amaro prezzo dell’esilio. Infatti, mentre Gutiérrez manteneva un eloquente silenzio di fronte alle nostre critiche, il contrattacco arrivò dai dispositivi controllati dalla dittatura militare, alla quale egli era molto vicino. Dopo una crescente serie di minacce, il presidente Velasco Alvarado si scagliò direttamente contro di noi: “Non tollererò nessuna contro-rivoluzione!”, e giurò di “far cadere tutto il peso della giustizia rivoluzionaria su questi signorotti”. La misura era colma. In pochi giorni tutti i membri dell’Associazione erano all’estero, da dove ci sembrava più efficace continuare la campagna contro il regime marxista.

L’elezione di Giovanni Paolo II nel 1978 iniziò a cambiare il clima. Alla III Conferenza generale del CELAM, tenutasi a Puebla, Messico, nel 1979, Papa Wojtyla condannò le “riletture rivoluzionarie del Vangelo”. Smantellando poi il nucleo della Tdl, dichiarò: “È un errore affermare che la liberazione politica, economica e sociale coincide con la salvezza in Gesù Cristo; che il Regnum Dei si identifica con il Regnum hominis”.

Il 6 agosto 1984, a firma del cardinale Joseph Ratzinger e con l’approvazione di Giovanni Paolo II, la Congregazione per la Dottrina della Fede pubblicò l’Istruzione «Libertatis Nuntius, su alcuni aspetti della teologia della liberazione», da più parti ritenuta una vera e propria condanna della Tdl, anche se in realtà lo era solo a metà. Parallelamente, il Pontefice iniziò a nominare vescovi moderati, non allineati alla Tdl, spostando così il baricentro degli episcopati latinoamericani.

Le successive condanne pontificie, la crescente disaffezione del popolo latinoamericano, risvegliato dalle molte campagne delle TFP, e finalmente la caduta del comunismo sovietico – la praxis rivoluzionaria che aveva mantenuto vivo il movimento – segnarono per la Tdl l’inizio di un lungo periodo di declino. L’elezione di Jorge Mario Bergoglio al soglio pontificio nel 2013, però, ha cambiato radicalmente le carte in tavolo. Già all’indomani della sua elezione, si cominciò a parlare a Roma di una “nuova primavera” per la Tdl.

La parola magica era “sdoganamento”. “La Chiesa sdogana la teologia della liberazione – commentava il vaticanista, poi capo delle comunicazioni del Vaticano, Andrea Tornielli – Tra Vaticano e Teologia della Liberazione scoppia la pace. Dopo le condanne degli anni Ottanta, gli eccessi e le incomprensioni, la Tdl ottiene piena cittadinanza nella Chiesa”. Padre Gutiérrez fu ricevuto ben due volte da Papa Francesco, e poté presentare un suo ultimo libro in Vaticano. E anche le CEB entrarono in un nuovo periodo. “Con Papa Francesco il momento torna a essere propizio per le CEB”, commentò Alver Metalli su “Vatican Insider”. Fiutando il nuovo clima, dopo anni di relativo letargo, oltre settecento tra teologi e attivisti della liberazione si riunirono a São Leopoldo, Brasile, nel Congreso Continental de Teologia. Il tema: “Un nuovo inizio”.

Da allora, il pontificato di Papa Francesco si è contraddistinto per l’invariabile appoggio al movimento della Teologia della liberazione, sia nelle sue forme socialiste classiche, sia in quelle più aggiornate come la Teologia ecologica e la Teologia indigena. Per ben tre volte (due in presenza e una virtualmente) Francesco ha ospitato in Vaticano l’incontro internazionale dei cosiddetti Movimenti popolari, dominati dalla sinistra marxista, con sponde perfino nell’eversione.

Poi c’è stato in Vaticano il Sinodo panamazzonico (il famigerato “Sinodo della Pachamama”) che ha congregato nel cuore della Cristianità le correnti estreme della Teologia ecologista e indigenista. Il tutto sorretto dottrinalmente dall’enciclica Laudato Sii, ispirata e forse in parte anche scritta da Leonardo Boff, uno dei fondatori della Tdl, riciclatosi da rosso marxista in verde ambientalista.

Quali sono i fondamenti dottrinali della Tdl? Qual è, per esempio, la sua ecclesiologia? Perché utilizza il marxismo come strumento di analisi? Quali sono le sue conseguenze politiche? Non molti italiani conoscono questa realtà.

Avendo studiato la Tdl per quasi mezzo secolo, ho pensato che forse avrei potuto dare un contributo all’attuale dibattito sull’argomento. Ecco che nel 2014 ho pubblicato con la Cantagalli il libro «Teologia della liberazione. Un salvagente di piombo per i poveri». È un contributo che si vuole modesto e senza pretese, di uno che, per molti anni, ha seguito da vicino la situazione latinoamericana, nella quale si inserisce il fenomeno della Tdl, e che adesso vorrebbe condividere con altri le proprie esperienze e riflessioni.

Se siete interessati, potete richiedere il libro a questo link: https://www.atfp.it/richieste-materiale?view=rokquickcart







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