martedì 30 luglio 2013

La Liturgia nel pensiero di Benedetto XVI

 





 

 

"La Chiesa nei suoi confronti un debito di gratitudine per la chiarezza di pensiero, l'invito alla bellezza e la promozione della liturgia"

di Giles D. Dimock



Benedetto XVI ama la liturgia, intesa come la dimensione nella quale il nostro essere viene assimilato al Mistero divino della salvezza, e ha promosso tale visione durante il pontificato con i suoi scritti, con la predicazione e il suo magistero. La sua spiritualità sembra avere non solo un'impronta agostiniana, ma mostra anche un'influenza dell'originario movimento liturgico tedesco, favorito in gran parte dai Benedettini verso i quali egli ha sempre avuto una grande devozione. In questo articolo, esamineremo il suo sviluppo liturgico da giovane in Germania fino al suo operato sulla cattedra di Pietro, per il quale siamo tutti grati.


La giovinezza

Il pensiero liturgico di Benedetto XVI si può ritrovare in gran parte nella sua autobiografia "La mia vita", che ne descrive la vita fino alla sua venuta a Roma. Qui leggiamo il grande effetto che la liturgia ebbe su di lui quando era ragazzo nella sua chiesa parrocchiale, soprattutto la spogliazione della chiesa durante il sobrio tempo quaresimale. Fu ancor più introdotto ai santi misteri quando i genitori gli regalarono un messalino per i bambini simile al loro messale tascabile.

Al suo ingresso in seminario, scoprì il nuovo personalismo di Martin Buber insieme all'insegnamento di San Tommaso, la cui "logica cristallina" era "troppo racchiusa in sé, almeno nella rigida neo-scolastica" con cui veniva presentata. All'università, fu influenzato da Michael Schmaus che aveva abbandonato la neo-scolastica per il nuovo movimento liturgico che presentava la fede come un ritorno alle Sacre Scritture e ai Padri della Chiesa. Mi piace inserire qui una nota personale: mi sento in piena sintonia con lui, poiché anch'io lasciai una formazione tomistica estremamente rigida per studiare la liturgia, e più tardi riscoprii la grande sapienza del nostro fratello maggiore, San Tommaso. Era ormai nell'aria la "nuova teologia". Un suo professore era influenzato dalla "teologia del mistero" di Dom Odo Casel, OSB, mentre un altro vedeva nella Messa il momento centrale di ogni giorno, e lo studio della Sacra Scrittura era considerato l'anima della teologia... tutti temi che sarebbero stati ripresi dal Vaticano II.

Tuttavia agli inizi, il giovane Joseph Ratzinger aveva delle riserve: un certo "razionalismo e storicismo unilaterali" del movimento liturgico nel quale alcuni vedevano "valida soltanto una forma della liturgia", cioè quella della Chiesa primitiva. Non così invece per De Lubac, il cui insegnamento sull'unità della Chiesa sostenuta dall'Eucaristia influì profondamente il suo pensiero.


Il Vaticano II

Il racconto di Ratzinger sulla considerazione della liturgia al Vaticano II - al quale partecipò come 'peritus' - è interessante. Egli afferma che lo schema liturgico al Concilio non avrebbe suscitato controversie poiché nessuno si aspettava grandi cambiamenti. Ma avvenne che dalla Francia e dalla Germania ci furono pressioni per riformare la Messa secondo la forma più pura del Rito Romano in conformità alle riforme di Pio XI e Pio XII. Una Messa secondo tali linee fu respinta da un sinodo di Padri conciliari nel 1967, ma ciò nonostante divenne il modello operativo per la nuova Messa. La Sacrosanctum Concilium decretò di mantenere il latino e che i fedeli possano cantare l'Ordinario della Messa in latino, e allo stesso modo i chierici possano pregare l'Ufficio. Ben presto ciò divenne una questione controversa (Vittorio Messori, "Rapporto sulla Chiesa", intervista con il Cardinale Ratzinger).


Il Messale di Paolo VI

La reazione di Ratzinger all'introduzione del Messale di Paolo VI fu in qualche modo negativa, ma non del tutto. La proibizione del Messale di Pio V lo rattristò (in realtà solo un rifacimento del Messale del Rito Romano usato fin dal tempo di San Gregorio Magno). Ritenne che questa fosse una breccia nella prassi, per cui vediamo qui già un'anticipazione del Motu Proprio che avrebbe emanato da Papa. Sosteneva che molto di quanto doveva essere mantenuto fosse stato cancellato e che molti tesori fossero scomparsi nella nuova liturgia creata da una commissione, e spesso celebrata in modo trascurato e priva di qualità artistiche. Per cui chi critica l'attuale liturgia come banale in una comunità autocelebrativa, non necessariamente è integralista. La sua critica riguarda il fatto che "la liturgia non è celebrata in modo che il dato del grande mistero di Dio in mezzo a noi mediante l'azione della Chiesa risplenda". La Chiesa ci dona il rituale, ma non può generare la potenza, l'energia operante in tali riti, è infatti il totalmente Altro che agisce. Noi possiamo partecipare di fatto e realmente e personalmente spesso in profondo silenzio. Partecipiamo al Mistero che rimane incomprensibile.

Nel suo libro "La festa della fede", Joseph Ratzinger afferma di essere riconoscente per il nuovo Messale di Paolo VI in quanto contiene nuove preghiere e prefazi, molti dei quali provenienti da altri riti occidentali: il gallicano, il mozarabico e l'ambrosiano. Considera fuorvianti le preghiere all'offertorio della vecchia Messa, in quanto tendevano a identificare l'offerta del Sacrificio di Cristo con questa parte della Messa, invece che alla consacrazione stessa. Ratzinger criticava soprattutto il modo non tradizionale di interpretare la nuova liturgia, con una ermeneutica di discontinuità piuttosto che di continuità. Si rallegrò perciò dell'indulto di Papa Giovanni Paolo II che egli forse volle proseguire con il suo Motu Proprio.


Il sacrificio

Un grande tema teologico caro a Ratzinger concerne la convinzione che "l'Eucaristia è più di un convito fraterno". Primariamente è il sacrificio della Chiesa in cui il Signore prega con noi e si dona a noi. In "Feast of Faith", il futuro Papa chiarisce che se l'Eucaristia ha "il contesto di una cena", la "Eucharistia è la preghiera di anamnesi o sacrificio verbale nel quale il sacrificio di Cristo si rende presente". Pertanto, non è mai inutile parteciparvi, anche chi non può ricevere la comunione, come i divorziati e i cattolici risposati. Tale sacrificio è una festa in cui trascendiamo noi stessi in qualcosa di più grande... entriamo nella gioia cosmica della Risurrezione, il Mysterium Paschale. Nel suo libro "God is near Us", egli vede l'Eucaristia come la fonte di vita dal fianco aperto di Cristo in sacrificio, pienamente presente a tutti noi sparsi nel mondo e ai santi in cielo.


L'adorazione

Se Cristo è presente in modo reale nell'Eucaristia con il suo corpo risorto, noi rispondiamo non solo ricevendolo, ma pure adorandolo con gesti e posture, con la genuflessione e con il silenzio. La riscoperta dell'aspetto di convito non elimina la necessità dell'adorazione. Si è dimenticato, egli dice, che adorare è intensificare la comunione, tanto è vero che la processione del Corpus Christi è una intensificazione della processione di comunione, un camminare con il Signore. In "Feast of Faith", racconta la storia di questa processione: il Signore come capo di Stato, visita le strade di ogni villaggio, una processione trionfale di Cristo Vincitore nella sua lotta contro la morte. E' una bella pratica anche se non è di origine patristica ma medievale, la Chiesa infatti è sempre viva e sia la Chiesa del Medio Evo che quella dell'era barocca svilupparono una profondità liturgica che deve essere bene esaminata prima di abbandonarla. Nel libro "Spirit of the Liturgy", il nostro autore sottolinea che il dibattito medievale sulla transustanziazione ha dato origine ai tabernacoli di ogni sorta, esposizione, ostensori, processioni: "tutti errori medievali" secondo alcuni, Ratzinger però non è affatto d'accordo. Egli fa risalire la custodia eucaristica alla Chiesa primitiva che la riservava per i malati, e attribuisce all'evangelizzazione francescana e domenicana l'enfasi sull'Eucaristia mediante le colombe eucaristiche, le nicchie per i vasi sacri, e le torri sacramentarie costruite per custodire l'Eucaristia. Afferma che questa devozione medievale fu "un meraviglioso risveglio spirituale" e che "una chiesa senza la presenza eucaristica è morta", il che mi ritrova perfettamente d'accordo. Concludiamo questo paragrafo con la sua osservazione sul fatto che se l'Eucaristia è il centro della vita della Chiesa, ciò presuppone gli altri sacramenti a cui si riferiscono. Presuppone anche preghiera personale, familiare, extra liturgica come la Via Crucis, il Rosario e in particolare la devozione alla Madonna.


L'architettura

Il nostro autore ha una prospettiva ben definita sull'architettura sacra. Nel suo "Introduzione allo spirito della Liturgia", cita Bouyer per il concetto che come la sinagoga rifletteva la presenza di Dio a Gerusalemme, così le prime chiese erano volte verso oriente dove sorge il sole, segno di Cristo Sole di giustizia che esce "come sposo dalla stanza nuziale" (Salmo 19). Camminiamo verso Cieli nuovi e terra nuova e verso Cristo luce del mondo. L'immagine di Cristo in questo modo si fonde presto con l'immagine della croce sull'abside orientale della chiesa, secondo Ratzinger. L'altare sotto la croce nell'abside è "il luogo dove si apre il cielo" e dove noi siamo condotti alla gloria eterna. Seguendo Bouyer, sottolinea come nelle prime chiese siriane i fedeli si riunivano dapprima attorno al presbiterio per la Liturgia della Parola, e poi si accostavano all'altare e all'oriente per l'Eucaristia, volti insieme al celebrante nella stessa direzione, "conversi ad Dominum", guardando ad oriente. A Roma, la basilica di San Pietro a causa della topografia della collina vaticana, era volta non a oriente ma ad occidente, e l'altare al centro della navata si volgeva a oriente attraverso le porte principali. Quando San Gregorio Magno fece portare avanti l'altare sulla tomba di San Pietro, pose le basi per il successivo sviluppo della Messa 'versus populum'. Altre chiese a Roma copiarono San Pietro per la sua direzione verso il popolo (ma non si hanno riscontri fuori Roma), e ciò divenne l'ideale del rinnovamento liturgico anche se non fu esplicitamente menzionato nella Sacrosanctum Concilium del Vaticano II. Ratzinger mantiene la forte convinzione che sia più importante il mandato che tutti si volgano ad Dominum, piuttosto che sacerdote e fedeli si pongano l'uno di fronte agli altri. Riorientare tante chiese sarebbe un compito improbo e costoso, per cui egli propone di appendere una croce sospesa sull'altare o di collocarla sull'altare stesso, in modo che tutti sarebbero orientati ad Dominum invece che l'uno verso gli altri. Coloro che hanno partecipato a Messe papali in San Pietro o hanno assistito a quelle celebrate dal Papa nella sua visita in altri Paesi, ricordano che la croce (crocifisso) era sempre sull'altare davanti al Papa, e spesso anche le candele.


La bellezza

Ratzinger è assai attratto dalla bellezza come irradiazione della verità e dichiara in "Feast of Faith" che i cristiani devono fare della chiesa edificio un luogo in cui la bellezza sia di casa, e con drammaticità afferma che senza bellezza il mondo diventa l'ultimo cerchio dell'inferno. I teologi che non "amano l'arte, la poesia, la musica e la natura possono essere pericolosi (perché) la cecità e la sordità verso il bello non sono incidentali, ma si riflettono necessariamente nella teologia". Le immagini sacre sono necessarie e tutte le forme storiche di arte dalla cristianità primitiva al barocco pongono i principi dell'arte sacra nel futuro. Non si deve buttare via tutta l'arte che si è formata da San Gregorio Magno in poi. La solennità e la bellezza sono ricchezze di tutti (compresi i poveri) che le desiderano ardentemente e che sanno perfino privarsi del necessario pur di tributare onore a Dio.


La musica

Musicista egli stesso, Benedetto XVI si è molto impegnato ad incoraggiare la buona musica sacra, dedicando perfino un libro all'argomento "A new song for the Lord". Suo fratello Georg sacerdote era direttore della corale della grande cattedrale di Regensburg, il cui nome è sinonimo della grande tradizione del bel canto e della eccellente polifonia. Benedetto pensa che in nome della partecipazione popolare, abbiamo dato alla gente "musica di servizio", vale a dire banale e monotona, al suo minimo denominatore comune. La liturgia semplice non deve essere banale, perché la vera semplicità viene solo da una ricchezza spirituale, culturale e storica. La Chiesa deve suscitare la voce del cosmo, magnificarne la gloria facendo sì che esso diventi anche glorioso, bello, abitabile e amato. Egli cita San Tommaso d'Aquino nella II-IIae della Summa q 91, a I, resp. 1 poiché il gaudio nel Signore, la gioia condivisa per essere alla Sua presenza, è l'effetto della nostra lode che ci fa ascendere a Dio per essere condotti a un senso di riverenza, essendo "l'orazione vocale necessaria non per Dio, ma per l'orante". L'uomo vuole cantare, afferma Sant'Agostino, perché "amare è cantare", ma anche l'ascolto è una forma di partecipazione: "ascoltare la grande musica è partecipazione interiore così come ascoltare il coro che canta grandi brani di musica corale rallegra il cuore ed eleva lo spirito", e l'assemblea può unirsi alla bella e semplice musica.


L'esortazione apostolica Sacramentum Caritatis

Nell'Esortazione Apostolica sull'Eucaristia 'Sacramentum Caritatis' (pubblicata dopo il Sinodo dei Vescovi sull'Eucaristia dell'ottobre 2005), Benedetto XVI, nel suo primo magistero pontificio sulla liturgia, articola - secondo il suo modo originale - la classica fede cattolica sulla Eucaristia come mistero e sacrificio. Viene trattata la relazione della SS.ma Trinità con questo mistero e in particolare lo Spirito Santo, la relazione della Chiesa con l'Eucaristia, e il rapporto con gli altri sacramenti. Infine si rapporta l'Eucaristia alla escatologia e alla Beata Vergine Maria.

E' da sottolineare la sua interpretazione dell'ars celebrandi dell'Eucaristia e l'enfasi che pone al rito stesso, ricordando che questo è il modo migliore per garantire una actuosa participatio (SC 38). Ci sollecita inoltre al rispetto dei libri liturgici, ai colori liturgici dei paramenti, all'arredo e al luogo sacro per l'arte, le parole, i movimenti del corpo e i silenzi che nella liturgia "hanno una varietà di registri di comunicazione che consentono di mirare al coinvolgimento di tutto l'essere umano" (SC 40). Pone in luce l'architettura della chiesa e la sua disposizione per la celebrazione dei sacri misteri, e proponendo la collocazione del tabernacolo, che deve essere segnalato da una lampada e facilmente visibile da tutti nella chiesa. Si possono usare vecchi altari maggiori oppure un altare centrale nel presbiterio, purché non vi stia davanti la cattedra del celebrante. Si possono usare cappelle per la custodia eucaristica, secondo il giudizio dell'Ordinario (SC 69). La musica liturgica deve essere bella nel rispetto del grande patrimonio ecclesiale. Tratta anche la struttura della Messa, la liturgia della Parola e l'omelia. Sottolinea l'esigenza di una buona predicazione basata sui testi del Lezionario, senza temere di usare le quattro colonne del Catechismo: il Credo, i Sacramenti, i 10 Comandamenti, e la Preghiera (SC 46). Nella liturgia eucaristica, invita a sapersi controllare nello scambiarsi il segno della pace (in un'altra occasione, ha proposto di spostare il segno della pace al termine della Liturgia della Parola 'cfr. S. Giustino'). Ricorda la partecipazione attiva interiore (SC 52)e l'adorazione eucaristica (SC 66-68). Solleva la questione di grandi concelebrazioni che possono distogliere dall'attenzione, l'unità del sacerdozio e l'obbligo di studiare il latino per quelli che si preparano al sacerdozio in modo da poter celebrare e cantare in latino (SC 62).


Il motu proprio Summorum Pontificum

Papa Benedetto XVI ci ha dunque offerto una splendida teologia dell'Eucaristia nella Sacramentum Caritatis e ha altresì indicato una nuova direzione alla vita liturgica della Chiesa con il suo Motu Proprio che ha reso disponibile la Messa in latino di San Pio V.

Benedetto XVI nel documento sottolinea il ruolo dei Papi nell'assicurare rituali degni da offrire alla suprema Maestà e le Chiese particolari concorrono con la Chiesa universale non solo nella dottrina ma anche nei segni sacramentali e nelle consuetudini universalmente accettate dalla tradizione apostolica, che devono essere osservati non soltanto per evitare gli errori ma pure per trasmettere l'integrità della fede, perché lex orandi statuit lex credendi (San Prospero di Aquitania). Elogia poi San Gregorio Magno che contribuì a codificare il Rito Romano e inviò il grande Ordine di San Benedetto in tutta Europa. E rende omaggio al santo domenicano, Papa Pio V, per il rinnovamento di quel medesimo rito al tempo del Concilio di Trento.

Menziona la radicale riforma del Messale Romano di Papa Paolo VI e la sua traduzione in vernacolare, come pure la terza edizione tipica di Papa Giovanni Paolo II. Tuttavia, nota che "non sono pochi" gli affezionati al vecchio rito e quello stesso Papa lo aveva permesso a certe condizioni nel 1984 (Quattuor Adhinc Annis) e successivamente i vescovi esortarono ad essere generosi nel permetterlo ai devoti del vecchio rito nel 1988 (Ecclesia Dei). Considerando come ci fosse ancora necessità, dopo aver consultato il Concistoro dei Cardinali nel 2000, Papa Benedetto pubblicò il Motu Proprio Summorum Pontificum il 7 luglio 2007, con il quale autorizza i sacerdoti a celebrare la Messa del Messale del Beato Giovanni XXIII. Le disposizioni sono le seguenti:

Nella lettera accompagnatoria il Papa esprime il timore di alcuni secondo i quali questa concessione sarebbe un voltare le spalle al Vaticano II. Afferma che la forma ordinaria per i cattolici continuerà ad essere il rito corrente. Alcuni ritengono che questo porterà disunione nella Chiesa. Il Papa chiarisce che l'uso del vecchio rito richiede formazione liturgica, conoscenza del Messale e del latino, cosa non possibile per tutti. Un uso che sarà perciò limitato. Osserva che il duplice uso del Rito Romano sarà mutualmente arricchente, con nuovi santi e prefazi per il vecchio Messale e maggiore riverenza per la Messa nel nuovo Messale. Esprime la speranza che ciò porti una più grande unità nella Chiesa, soprattutto da parte dei dissidenti a destra, come è già avvenuto.

Il Papa ritorna sulla continuità della tradizione della Chiesa, che aveva già ricordato negli auguri natalizi alla Curia nel 2005. Non sorprende la continuità nel suo approccio con la liturgia. Il nuovo Maestro delle celebrazioni pontificie, Mons. Guido Marini, ha estratto ricchezze della tradizione che erano state dimenticate e di cui oggi ci possiamo riappropriare. Nelle Messe papali vengono indossate magnifiche casule, e in altri momenti permane il più fluente gotico. Vecchi troni e altri paramenti pontifici vengono rispolverati, non per un ritorno al trionfalismo ma come oggetti che manifestano la bellezza al servizio della liturgia. La ristrutturazione della Congregazione per il Culto Divino ha assegnato ora un ufficio per promuovere l'arte, l'architettura e la musica liturgica. Il direttore di questo nuovo ufficio è l'abate Michael Zelinski, OSB, esperto in canto gregoriano. Sono da attendersi cose egregie in futuro.

Abbiamo dunque percorso il pensiero liturgico di Joseph Ratzinger nel suo sviluppo dall'adolescenza alle esperienze da seminarista e da perito al Vaticano II, da professore universitario, Arcivescovo di Monaco, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, e infine da Papa, e tutto con una costante coerenza di principio. Vedremo come la sua teologia e l'indirizzo pastorale toccherà la liturgia della Chiesa e il suo desiderio di continuità, ma credo che prometta bene e certamente costituisce la sua eredità alla Chiesa del futuro. Abbiamo un gran debito di gratitudine a Papa Benedetto per la chiarezza di pensiero, l'invito alla bellezza e la promozione della liturgia, e ora egli prega per noi.




The Institute for Sacred Architecture, vol 23 - spring 2013

www.sacredarchitecture.org/articles/the_liturgy_in_the_thought_of_benedict_xvi/

trad. it. di d. G. Rizzieri

http://www.diocesiportosantarufina.it/home/news_det.php?neid=2622

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