martedì 20 aprile 2021

DANTE CENSURATO. A SETTECENTO ANNI DALLA MORTE

 


Per gentile concessione dell'autore, pubblichiamo un'interessante e acuta riflessione su Dante e i nostri tempi 



Franco Biagioni, 19/04/2020

Quest’anno ricorre il settimo centenario della morte del grande poeta, e ci sono e ci saranno eventi celebrativi. Ma Dante, come viene accolto oggi? Viene veramente compreso, e, soprattutto, viene interiorizzata la sua poesia? viene preso sul serio il suo pensiero? Certo a considerare il clima culturale del nostro tempo, uno come Dante appare estraneo. Anche nella scuola ha perduto il posto privilegiato che gli era riservato negli studi classici: molti insegnanti lo presentano stancamente, o riducono al massimo lo spazio a lui riservato: non è più il tempo in cui negli studi liceali era protagonista. 

La cultura attuale non conosce lo spirito, è chiusa al trascendente, nel senso che proprio non ne ha la facoltà: sembra che l’uomo di oggi abbia perduta questa facoltà del trascendente e con essa la sua natura di essere capax Dei: tutto viene ridotto a politica, economia, sociologia, o, al più, psicologia. E senza la facoltà del trascendente non si può capire, e tanto meno apprezzare, Dante. Così si spiega l’oblio di Dante avvenuto in certi periodi storici, come il Rinascimento; si spiega come lo troviamo ridotto, nel Risorgimento, a vate della erigenda Italia, conteso alla Chiesa dalla politica e dalla massoneria, e si spiega anche la dimenticanza dei nostri giorni.


Il viaggio fantastico di Dante è uno squarcio fra cielo e terra, che, se non si è capaci di elevarsi dalla terra, non può essere compreso, né poeticamente fruito. Il mondo che lui concepisce arriva necessariamente fino all’Empireo, e senza la gloria dell’Empireo non può stare in piedi: l’uomo è pellegrino sulla terra, il suo destino non si ferma qui, ma sfocia nella gloria o nella perdizione: qui sulla terra si decide se nell’una o nell’altra: nobili personaggi, che Dante ammira e ama, e da alcuni punti di vista pure apprezza, finiscono all’inferno inchiodati al loro peccato, a nulla valendo la loro nobiltà o le buone opere che possono aver fatto. 

L’uomo non finisce il proprio pellegrinaggio con la morte, anzi, la morte è l’inizio del suo destino definitivo: può godere del Paradiso, può perdersi nell’Inferno, può continuare una vita di espiazione salendo il monte del Purgatorio: ma con la morte il suo destino viene fissato per sempre. La sua visione comprende tutto il concetto cristiano del destino: fino alla resurrezione della carne. E anche la sua concezione del mondo è in assonanza con la considerazione del destino eterno: sulla terra l’autorità dell’Impero e l’autorità della Chiesa hanno il compito di indirizzare l’uomo verso la vita buona, perché arrivi alla salvezza e alla gloria nella vita futura: e Dante condanna aspramente l’autorità quando manca al proprio compito e non agisce in questa prospettiva: l’autorità civile e quella religiosa.

 

Oggi sembra che lo scopo dell’uomo non vada oltre una vita sopportabile su questa terra: non si è buoni per meritare o demeritare, ma per convivere senza far guerre e salvare l’ambiente. E in questa prospettiva Dante non è comprensibile. Inoltre si è perduto il concetto di religione vera, che per Dante era fondamentale: tutte le religioni sono considerate espressioni della buona volontà, dell’amore e di una certa benevolenza: debbono collaborare fra loro per conservare la pace e le condizioni di vita sulla terra, che viene considerata sacra e scritta con la lettera maiuscola: Terra: l’unica cosa sacra che si arriva a concepire.

 

Purtroppo, anche nell’occasione dell’anniversario, accade che invece di celebrare il Poeta si arriva a censurarlo. Per una certa ideologia, piuttosto recente, che non ha grandi radici nel passato, ma che si è già ritagliato un ampio spazio, si dovrebbe persino cancellare Dante dalla storia della letteratura: Dante, secondo questa prospettiva, si inserisce nella linea del suprematismo bianco, è poco inclusivo e infine razzista. E’ chiaro che in questo clima non possono essere comprese le prese di posizione di Dante, e lo si possa accusare di omofobia, di islamofobia, o di antisemitismo. Chiaramente si tratta di un giudizio antistorico, di valutare il Medio evo col metro del ventunesimo secolo, ma tanto vale, viene considerato così. 

In Occidente, e in Europa in particolare, si afferma una sorta di «cultura dell'annullamento», che rifiuta le proprie radici e sembra derivare da una non so quale cattiva coscienza che pure non trova motivazioni ragionevoli, e una sorta di sottomissione ideologica alle altre culture e religioni, in particolare all'Islam. Così a Dante Alighieri, sono state mosse critiche sulla presunta mancanza di rispetto per le altre culture; si è arrivati addirittura a una traduzione fiamminga "islamofila" della Divina Commedia, curata da certo Lies Lavrijsen, diffusa in Belgio ed in Olanda, epurata da qualsiasi riferimento a Maometto. Questo mostra la lontananza di Dante dalla nostra debolezza. Non stupisce, purtroppo, che, in Italia, qualcuno, guardandosi bene dal difendere l'originale del testo sfregiato ed il relativo autore, si sia limitato a commentare come «la posizione di Dante nei confronti della cultura arabo-musulmana» sia «molto complessa», dove “molto complessa” non si sa che voglia dire.

 

Dovremmo invece rivolgersi a lui per corroborare la nostra cultura, che stiamo progressivamente perdendo, per ricercare in lui la fonte di quello che siamo, per ritrovarsi come uomini con una storia e una identità. La poesia di Dante si fonda su un’immaginazione prodigiosa e di perfetta coerenza: il viaggio nei tre regni viene configurato con una precisione descrittiva che stupisce, che dà la sensazione di un evento veramente accaduto; il viaggio è nella Commedia la dimensione materiale del racconto, e ha il significato di un itinerario di purificazione. Su di esso, e senza di esso non sarebbe possibile, si innestano con la massima naturalezza i caratteri dei protagonisti (Dante stesso, Virgilio, Beatrice…) e dei personaggi che via via si incontrano; si innestano le conversazioni che spaziano dalla storia, alla filosofia, alla teologia, in una summa di tutto il sapere del tempo, ma anche di tutto l’essenziale della cultura e della dottrina cristiana. 

Nel poema si sente pulsare la vita, quella vera, vissuta con consapevolezza e con serietà, la vita degli uomini che prendono sul serio il loro destino ineludibile. Il tutto con una sapienza poetica che non ha avuto eguali nella storia della letteratura mondiale: Dante parla a tutti, purché si abbia la serietà di volerlo ascoltare, purché si voglia esser uomini consapevoli del proprio destino. E la sua poesia offrirà a chi vorrà accostarsi con lo spirito giusto, delle gratificazioni inesprimibili. Quante volte si resta stupefatti davanti alla sua forza evocatrice, alla sua capacità di pennellare, con pochi concisi tratti, personaggi e situazioni: e come sono veri quei personaggi e quelle situazioni! lasciamoli parlare alla nostra anima, lasciamo che se ne nutra, che possa godere di una poesia sublime, che non ha uguali in quanto poesia, e che porta dentro di sé un mondo che abbiamo dimenticato, messo da parte, che è il mondo dell’umano che si incontra col divino: è il nostro mondo e lo dobbiamo ritrovare!






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