Papa Benedetto XVI, nel suo discorso di commiato al Clero romano, dedicato al senso del Concilio Vaticano II, attribuiva certe deviazioni nella Riforma liturgica postconciliare all'azione “virulenta” di una corrente di pensiero, che ha preso il sopravvento anche in campo cattolico. Ai seguaci -spiega il Papa- non interessava la Liturgia come atto di fede, come realtà “sacra”, ma come luogo dove la Comunità fa “delle cose comprensibili; intelleggibili”. C'era la tendenza a pensare e a dire: 'la sacralità è una cosa pagana, eventualmente dell'Antico Testamento. Nel Nuovo Testamento, invece, vale solo il fatto che Cristo è morto fuori dalle porte della Città Santa; fuori dal Tempio: nel mondo profano'. La sacralità, quindi, è da considerarsi terminata, superata. Profanità anche del Culto, dunque, che è atto dell'insieme; partecipazione comunitaria. E 'partecipazione' vuol dire: 'attività'; 'fare delle cose'” (BENEDETTO XVI, Conversazione con il Clero di Roma–14.2.2013. Cfr. L. BOUYER, Cattolicesimo in decomposizione, Brescia 1969. J. RATZINGER, Introduzione allo spirito della Liturgia, Torino 2001).
La corrente ideologica, disapprovata da Benedetto XVI, è in contrasto con i reperti storici-archeologici-liturgici del Cristianesimo primitivo, generali e costanti. Fin dai primi tempi, nel luogo di preghiera della Chiesa cristiana si nota una distinzione tra la parte riservata al Popolo, Navata, e la parte che custodisce l'Altare, detta Santuario, venerata come riproduzione terrestre del Santuario del Cielo, non meno delTabernacolo di Mosè e del Tempio di Salomone (Es 25, 8-9. 40; 26, 31-37; 30, 1-9. Lev 16, 12-13. Sap 9, 8. 1Re 6-9, 1-9).
La distinzione è segnata da una cancellata-balaustra, intesa come simbolo della mistica linea di confine tra cielo e terra. La Chiesa crede di attraversarla realmente ogni volta che, nella Liturgia, celebra l'unico, perfetto, Sacrificio della Croce, presentato da Cristo “oltre il secondo velo del Tempio”, “una volta per sempre” (Mt 27, 51. Ebr 9, 1-14).
Si realizza, così, un'ineffabile comunicazione tra altare terrestre e altare celeste. La Tradizione apostolica è esplicita: “Supplices te rogamus, omnipotens Deus: iube haec perferri per manus sancti Angeli tui in sublime altare tuum, in conspectu divinae Maiestatis tuae: ut quotquot ex hac altaris participatione, sacrosanctum Filii tui Corpus et Sanguinem sumpserimus, omni benedictione coelesti, et gratia repleamur. Per eundem Christum Dominum nostrum. Amen (Supplici Ti preghiamo, Dio onnipotente: ordina che queste Offerte siano portate per mano del tuo Angelo santo sul tuo altare sublime del cielo, al cospetto della tua Divina Maestà, così che quanti dalla partecipazione a questo altare, riceveremo il sacrosanto Corpo e Sangue del Figlio tuo, siamo ricolmati di ogni grazia e benedizione celeste. P.C.N.S. Amen)” (CANONE ROMANO. Ebr 6, 19-20; 8, 5-6. Apoc 6, 9; 8, 3).
L'Iconoclastia (Sec. VIII) incrementò, per reazione, la consuetudine di appendereicone e tende all'architrave di collegamento tra le colonne della balaustra, la quale è così diventata una parete ricoperta di icone (Iconostasi), disposte su uno o più livelli o registri; uno, di solito, in Grecia, Anatolia, Macedonia, Italia, Grado, Venezia-Friuli, senza differenze; cinque o sei, nei Paesi slavi (Cfr. B. BAGATTI, Alle origini della Chiesa, vol. II, Città del Vaticano 1982, 20-21, 125, 178. L. BOUYER, Architecture et liturgie, Paris 1967).
“Ci sarà l'Iconostasi?”, questa la prima, spontanea domanda di una devota al suo Parroco ortodosso, missionario in Italia, sul punto di aprire al culto una chiesa, già cattolica. Per l'Ortodosso, una chiesa senza iconostasi non è una chiesa, come, un tempo, una chiesa senza balaustra per un Cattolico.
Agli occhi del fedele ortodosso, l'iconostasi non è parete di separazione, ma di congiunzione; non schermo opaco, che impedisce di vedere ciò che avviene all'altare, ma diaframma trasparente, che permette di vedere meglio la realtà più profonda e più vera di quanto si compie: il Mistero, reso presente dalla Liturgia, infinitamente superiore al visibile e al comprensibile. A nessuno verrebbe mai in mente di eliminarla come una barriera discriminatoria e classista, per consentire ai fedeli di osservare meglio quello che fanno i Sacerdoti dietro (lo fece il Patriarca di Venezia Angelo Roncalli (1953-1958), che, malgrado i suoi vent'anni di Nunziatura in Bulgaria, Turchia e Grecia (1925-1944), tolse i pannelli della balaustra-iconostasi di San Marco).
Col recinto simbolico della balaustra la Chiesa segnala il luogo dove avvengono “i divini, sacri, immacolati, immortali, celesti, vivificanti e tremendi Misteri” (LIT. di S. G. CRISOSTOMO).
L'Iconostasi, sviluppo naturale della balaustra, è il mega-video-schermo, sul quale la Chiesa proietta la sua coscienza dello stesso Mistero. Riassunto dei momenti e dei personaggi fondamentali. Vera e propria 'Summa theologica visiva'.
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