
Arriva in Italia il primo episodio della trilogia La Messa di sempre. Titolo che collega passato e futuro, perché quella Messa non si è estinta, anzi viene riscoperta dalle nuove generazioni e parla anche ai lontani, come spiegano alla Bussola i curatori dell'edizione italiana, realizzata da Amicitia Liturgica, e mons. Nicola Bux.
Documentario
Quella Messa non è finita. E non accenna a finire nonostante i periodici tentativi di dichiarare estinto un rito bollato come “preconciliare”, ma che invece si ostina a risorgere specialmente tra i giovani. Tanto che la definizione di “Messa di sempre” (uno dei mille modi con cui è chiamata la liturgia tradizionale, tridentina, gregoriana e così via) oltre alla continuità con il passato sembra indicare un trend futuro: di sempre, cioè di ieri, di oggi e di domani.
Stefano Chiappalone, 03-04-2025
La Messa di sempre è appunto il titolo con cui arriva sul grande schermo, anche per il pubblico italiano (grazie all’opera di Amicitia Liturgica e al contributo di numerosi benefattori), Mass of the Ages, una trilogia che racconta cos’è la liturgia tradizionale, perché è cambiata e soprattutto perché non è mai sparita, anzi manifesta uno slancio missionario che ne fa uno strumento efficace per la nuova evangelizzazione. Appuntamento questa sera, 3 aprile, alle 20:45 a Romano di Lombardia (BG) per la presentazione e la prima visione del primo episodio (Alla scoperta della Messa tradizionale), con l’intervento di mons. Nicola Bux, don Marco Begato e Julio Loredo (Multisala Starplex).
A La Bussola i curatori di Amicitia Liturgica spiegano innanzitutto il perché dell’iniziativa e del notevole impegno che comporta:
Questa trilogia si caratterizza per la freschezza di immagini, di testimonianze e interviste, che ne fa uno strumento attuale oggi, nel 2025. La Messa tradizionale offre una spinta per la nuova evangelizzazione e un documentario che ne parla a 360 gradi può essere un aiuto anche per i lontani, anche per chi non sa cosa sia la Messa in generale.
Come si articola la trilogia?
La prima parte è la presentazione della Santa Messa; il secondo episodio ripercorre cosa è accaduto negli anni del Vaticano II, quindi un confronto con la nuova Messa; infine il terzo testimonia i benefici che accompagnano la diffusione della Messa tradizionale nel mondo.
Da dove nasce l’idea di una edizione italiana?
L’inglese è la lingua più parlata, ma nella Chiesa la lingua ufficiale, de facto, è l’italiano, visto che molti preti o vescovi hanno studiato a Roma. Anche la produzione americana è stata contenta di collaborare vista la maggiore diffusione dell’italiano a livello ecclesiale. E poi noi italiani siamo un po’ restii a vedere un film in lingua originale con i sottotitoli.
Rispetto alla liturgia ordinaria che è più “parlata”, nella liturgia tradizionale parlano soprattutto le immagini, i gesti, l’orientamento, ecc. Immagino che questo renda più facile portare sullo schermo la Messa tradizionale...
Come si articola la trilogia?
La prima parte è la presentazione della Santa Messa; il secondo episodio ripercorre cosa è accaduto negli anni del Vaticano II, quindi un confronto con la nuova Messa; infine il terzo testimonia i benefici che accompagnano la diffusione della Messa tradizionale nel mondo.
Da dove nasce l’idea di una edizione italiana?
L’inglese è la lingua più parlata, ma nella Chiesa la lingua ufficiale, de facto, è l’italiano, visto che molti preti o vescovi hanno studiato a Roma. Anche la produzione americana è stata contenta di collaborare vista la maggiore diffusione dell’italiano a livello ecclesiale. E poi noi italiani siamo un po’ restii a vedere un film in lingua originale con i sottotitoli.
Rispetto alla liturgia ordinaria che è più “parlata”, nella liturgia tradizionale parlano soprattutto le immagini, i gesti, l’orientamento, ecc. Immagino che questo renda più facile portare sullo schermo la Messa tradizionale...
Possiamo paragonarla a una sinfonia rispetto al semplice assolo di un solista. Una sinfonia di movimenti, di voci, di canto, di silenzio, in cui ciascuno (e ciascun elemento) fa la sua parte e non tutti devono far tutto (come nel corpo, dove la mano non pretende di fare il piede o viceversa). E trasmette una bellezza che rimanda a Qualcun altro, non si chiude nel cerchio dei partecipanti, anzi lascia trasparire una realtà molto più grande, che allarga la Chiesa militante, presente alla celebrazione, alla Chiesa trionfante del paradiso.
È una testimonianza che invita a mettersi in discussione, superando i preconcetti che spesso impediscono di accostarsi al rito antico: molti sacerdoti testimoniano che con questa Messa la loro vita è cambiata. “Nessuno me ne aveva mai parlato”, confidano, “e da quando la celebro ho iniziato a vivere spiritualmente qualcosa di nuovo, una più profonda intimità con Dio”.
È una testimonianza che invita a mettersi in discussione, superando i preconcetti che spesso impediscono di accostarsi al rito antico: molti sacerdoti testimoniano che con questa Messa la loro vita è cambiata. “Nessuno me ne aveva mai parlato”, confidano, “e da quando la celebro ho iniziato a vivere spiritualmente qualcosa di nuovo, una più profonda intimità con Dio”.

Chiediamo anche a mons. Nicola Bux di spiegarci il "paradosso" (ma solo per chi non la conosce) della dimensione missionaria della liturgia tradizionale: vale ancora oggi, nel terzo millennio?
Il fatto che questa liturgia attiri tanti lontani, in particolare giovani, indica che ha una potenza comunicativa del fatto cristiano maggiore della forma ordinaria. Essa ha un'impatto di annuncio dell'essenziale, cioè che Dio è venuto nel mondo e si è fatto carne. E la liturgia non è altro che riproposizione costante di questa verità. Allora la realtà non corrisponde alla ricorrente accusa di rubricismo?
L’affluenza soprattutto delle giovani generazioni smentisce questa narrazione, perché i giovani neanche sanno cos'è il rubricismo. È lo stesso che dire "nostalgici". Quando papa Francesco, per esempio, dice di non capire questi giovani, non si rende conto di dove va la storia. Il problema è che nella Chiesa è venuto meno il principio di realtà, caro a San Tommaso e anche a tanti che oggi ne parlano. Ma la realtà bisogna riconoscerla, come ha fatto Ratzinger che, da cardinale, girando per il mondo si è accorto che questa Messa non solo non era scomparsa, ma addirittura riprendeva vigore, continuava e si diffondeva e l’ha guardata senza pregiudizi, da uomo realista qual era. E la realtà è che chi pensava che l'antico rito sarebbe scomparso d'incanto si è dovuto ricredere.
Nel contesto attuale qual è il contributo del documentario La Messa di sempre? Perché può far bene anche a chi non frequenta la liturgia tradizionale?
Esso può contribuire a quella riforma della riforma di cui parlava Ratzinger, perché la correzione dei difetti o delle incompiutezze del nuovo rito non avviene innanzitutto a tavolino, ma nei fatti, con il bisogno di sacro. Che vuol dire che l’uomo ha bisogno di Dio, di avvertire la Sua presenza. Se il nuovo rito è carente sotto questo profilo (anche se personalmente faccio esperienza che lo si possa celebrare con dignità e devozione), il "buon contagio" sul nuovo rito parte dall'antico. Poi come sempre avvenuto nella storia della Chiesa, un giorno l'autorità dirà: “la ricreazione è finita, si torna all'ordine” – e rito è sinonimo di ordine (ordo) –, così avverrà la riforma della riforma preconizzata da Benedetto XVI.
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