L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE AL VAGLIO DEL REALISMO GNOSEOLOGICO
L’intelligenza artificiale (IA) rappresenta una delle più grandi sfide del nostro tempo, un’innovazione che promette di rivoluzionare la società e il modo in cui l’uomo interagisce con la realtà. Tuttavia, dietro i suoi apparenti benefici, si celano pericoli profondi, che toccano non solo l’ambito pratico, ma anche la dimensione etica e metafisica dell’essere umano. La filosofia medioevale, in particolare il pensiero di San Tommaso d’Aquino (1225-1274), ci offre una prospettiva utile per comprendere i limiti dell’IA. Egli affermava che l’intelletto umano possiede due capacità fondamentali: l’intellectus, che coglie immediatamente i principi primi della realtà, e il ratio, che li sviluppa attraverso la riflessione logica.
L’IA, per quanto avanzata, non possiede nulla di simile all’intellectus, poiché non intuisce la Verità, ma rielabora dati secondo schemi predefiniti. Detto diversamente, non possiede né coscienza né capacità di vera comprensione, ma solo di calcolo. Questa distinzione è essenziale per evidenziare la prima criticità dell’IA: la sua apparente razionalità non è vera intelligenza. Essa opera con modelli probabilistici, senza alcuna comprensione del bene e del male, della giustizia o della verità. Questo la rende pericolosa quando viene impiegata in ambiti decisionali cruciali, come la giustizia, la sanità o la sicurezza, poiché le sue risposte non nascono da un giudizio sulla realtá, ma da una fredda elaborazione statistica. Un altro rischio riguarda la perdita dell’autonomia umana.
L’IA rischia, infatti, di imporsi come una forza indipendente, in grado di condizionare la vita delle persone senza che esse ne comprendano il funzionamento. Gli algoritmi che regolano i social media, la finanza o il mercato del lavoro influenzano le nostre scelte in modo sottile, riducendo progressivamente la nostra libertà di giudizio. Ancora più inquietante è la prospettiva di un’umanità che si affida sempre più alle macchine per pensare al proprio posto. Secondo Sant’Agostino (354 d.C. – 430 d.C.), l’anima umana è capace di elevarsi alla conoscenza divina attraverso la contemplazione e la ricerca della Verità.
Tuttavia, se l’uomo delega il suo pensiero all’IA, rischia di perdere questa tensione verso l’alto, scivolando in una condizione di passività e conformismo. Invece di cercare il vero, egli potrebbe accontentarsi delle risposte rapide e preconfezionate offerte dalle macchine, dimenticando la profondità della riflessione filosofica e spirituale. Per correggere queste storture, occorre anzitutto recuperare una visione antropologica solida, che riaffermi la superiorità dell’intelligenza umana su quella artificiale.
L’IA deve essere considerata uno strumento, non un fine, e la sua progettazione deve essere guidata da principi etici chiari, che impediscano il suo utilizzo in modi disumanizzanti. Inoltre, è fondamentale tornare al realismo gnoseologico proprio del pensiero classico, affinché le nuove generazioni sviluppino una consapevolezza profonda idonea a dare un giudizio su quanto accade. Solo così potremo evitare che l’IA, invece di servire l’uomo, finisca per dominarlo.
Nessun commento:
Posta un commento