lunedì 23 settembre 2024

Con nient’altro che preghiera e digiuno



Nella traduzione  a cura di Chiesa e post-concilio da New Liturgical Moviment. La colletta della 17a domenica dopo la Pentecoste è uno dei casi più evidenti di preghiera ritenuta inadatta dai riformatori post-conciliari per le orecchie degli uomini moderni, che durante la preghiera non devono mai essere messi a confronto con idee "negative" [qui - qui] . Nonostante la sua antichità e l'universalità del suo posto all'interno del rito romano, essa è stata completamente rimossa dal Messale, insieme ai giorni delle tempora (vedi), alla maggior parte dei riferimenti al digiuno e a tutti i riferimenti al diavolo et alia... Voglio ricordare quanto affermato da Michael Davies: "Le omissioni, il “taciuto”, in liturgia è sempre grave, perché rinunciare ad affermare con completezza e chiarezza tutte le verità di fede implicate, può portare a un vuoto di dottrina nei sacerdoti e nei fedeli che nel futuro apre il campo all'eresia: in parole semplici oggi sei cattolico con una messa eccessivamente semplificata, domani senza saperlo ti ritrovi protestante perché la forma della tua preghiera non ha nutrito più la tua fede". Alcuni precedenti sui tagli e gli annacquamenti qui - qui - qui; sulle tendenze qui - qui.



23 settembre 2024


Gregory DiPippo

A causa della data mobile della Pasqua, e di tutto ciò che ne dipende, le Quattro Tempora [vedi] di settembre possono cadere in una qualsiasi delle settimane dopo la Pentecoste, nel periodo compreso tra il 13 e il 19 inclusi. Quest’anno, cadono nella 17ª settimana, dove sono tradizionalmente collocate nel Messale Romano, [1] una collocazione testuale che riflette un tema molto antico che permea le Messe di questa serie di Quattro Tempora. (L’anno prossimo, la Pasqua sarà alta, il 20 aprile, e le Quattro Tempora di settembre cadranno nella 14a settimana.)

La Colletta della XVII domenica dopo Pentecoste è molto antica: è stata rinvenuta in diversi luoghi all’interno delle varie redazioni del Sacramentario Gelasiano, ma era già stata fissata alla XVII domenica nel Sacramentario Gregoriano alla fine dell’VIII secolo. “Da quaesumus, Domine, populo tuo diabolica vitare contagia, et te solum Deum pura mente sectari. — Concedi al tuo popolo, o Signore, di fuggire (o ‘evitare, sfuggire’) la contaminazione diabolica e di seguire Te, Che solo sei Dio, con mente pura”. [2] Questa è l’unica Colletta della Messa dell’anno liturgico che fa riferimento diretto agli influssi diabolici, ma la Secreta della XV domenica ha un tema simile: “I tuoi sacramenti ci preservino, o Signore, e ci proteggano sempre dagli attacchi diabolici”.


Nell'immagine a lato: Foglio 115r del Sacramentario di Gellone, sacramentario di tipo gelasiano datato 780-800, con la preghiera “Da quaesumus...” assegnata alla XX settimana dopo la Pentecoste. (Bibliothèque nationale de France, Département des Manuscrits, Latin 12048)

Il mercoledì delle tempora di settembre, il Vangelo è il racconto di San Marco della guarigione di un ragazzo posseduto, capitolo 9, 16-28. Con l’eccezione della Pasqua e dell’Ascensione, l’antico lezionario romano fa molto poco uso del Vangelo di Marco, nonostante l’esistenza di una tradizione secondo cui l’evangelista sarebbe stato un discepolo di San Pietro e avrebbe composto il Vangelo mentre era con lui a Roma. Qui, la sua versione è stata sicuramente scelta per il commovente racconto dello scambio tra Cristo e il padre del bambino, che è meno dettagliato nella versione di San Matteo.


“Gesù interrogò il padre: ‘Da quanto tempo gli accade questo?’. Ed egli rispose: ‘Dall’infanzia; anzi, spesso lo ha buttato persino nel fuoco e nell’acqua per ucciderlo. Ma se Tu puoi qualcosa, abbi pietà di noi e aiutaci’. Gesù gli disse: ‘Se tu puoi! Tutto è possibile per chi crede’. Il padre del fanciullo rispose ad alta voce: ‘Credo, aiutami nella mia incredulità’”.


La metà inferiore della Trasfigurazione di Raffaello, la storia che precede il Vangelo del mercoledì delle Tempora. Il padre del bambino posseduto, sul lato destro vestito di verde, lo presenta agli Apostoli; Raffaello cattura magnificamente la supplica nella sua espressione facciale. La luminosità della figura simboleggia la fede dell’uomo, come succede anche in quella del bambino posseduto, perché i demoni, come dice San Giacomo, non hanno dubbi su Dio. (“Tu credi che c’è un solo Dio. Fai bene: anche i demòni credono e tremano”. 2, 19). La figura più luminosa, la donna inginocchiata accanto al ragazzo e che lo indica, è una figura allegorica della Fede stessa; mentre la luce su queste figure esprime la loro convinzione, i nove Apostoli sulla sinistra sono avvolti nell’ombra per simboleggiare la mancanza di fede che ha impedito loro di scacciare il demonio.

Alla fine del brano, i discepoli chiedono a Cristo perché non sono riusciti a scacciare il demonio, al che Egli risponde: “Questa specie di demòni non si può scacciare in altro modo, se non con la preghiera e il digiuno”. Nell’Ufficio, queste parole vengono cantate alle Lodi come antifona del Benedictus.

Il Venerdì delle Tempora, il Vangelo è quello della donna che unge i piedi del Signore in casa di Simone il fariseo, S. Luca 7, 36-50. È uno dei pochissimi esempi di un Vangelo ripetuto da un’altra parte del ciclo liturgico; è letto anche il Giovedì della Settimana di Passione, e di nuovo nella festa di S. Maria Maddalena, con la quale la donna è tradizionalmente identificata in Occidente. Questa identificazione è in parte rafforzata dalle parole di S. Luca che seguono immediatamente (capitolo 8, 1-3), anche se non sono lette nella liturgia. “In séguito Egli Se ne andava per le città e i villaggi, predicando e annunziando la buona novella del regno di Dio. C’erano con Lui i Dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria di Màgdala, dalla quale erano usciti sette demòni, Giovanna, moglie di Cusa, amministratore di Erode, Susanna e molte altre, che li assistevano con i loro beni”. Il sabato, il Vangelo è costituito da due storie di San Luca, capitolo 13, 6-17, la parabola del fico e la guarigione della donna “che aveva uno spirito che la teneva inferma; era curva e non poteva drizzarsi in nessun modo”. La scelta di questo Vangelo per il sabato è totalmente deliberata, poiché si svolge in una sinagoga, il cui capo, “sdegnato perché Gesù aveva operato quella guarigione di sabato, rivolgendosi alla folla disse: ‘Ci sono sei giorni in cui si deve lavorare; in quelli dunque venite a farvi curare e non in giorno di sabato’. Il Signore replicò: ‘Ipocriti, non scioglie forse, di sabato, ciascuno di voi il bue o l’asino dalla mangiatoia, per condurlo ad abbeverarsi? E questa figlia di Abramo, che satana ha tenuto legata diciott’anni, non doveva essere sciolta da questo legame in giorno di sabato?”.


Un antico sarcofago cristiano noto come Sarcofago dei Due Fratelli, realizzato nel secondo quarto del IV secolo, ora nei Musei Vaticani. La guarigione della donna storpia è raffigurata in alto a sinistra.

Ciascuno di questi Vangeli, quindi, si riferisce allo stesso tema della Colletta della XVII domenica: la preghiera della Chiesa al Signore affinché protegga essa e i suoi singoli membri dall’influenza maligna del diavolo.

È un fatto ben noto che le Quattro Tempora sono una delle caratteristiche più antiche del Rito Romano. Papa San Leone I (444-61) predicò numerosi sermoni su di esse e le riteneva di origine apostolica, come afferma, ad esempio, nel suo secondo sermone sulla Pentecoste. “Alla presente solennità, carissimi, dobbiamo anche aggiungere la devozione di osservare il digiuno che la segue, secondo la tradizione apostolica. Perché anche questo deve essere annoverato tra i grandi doni dello Spirito Santo: che il digiuno ci è stato dato come difesa contro le lusinghe della carne e le insidie del diavolo, per poter vincere tutte le tentazioni, con l’aiuto di Dio” (Sermone 76; PL 54, 411B).

Allo stesso modo, nel suo secondo sermone sulle Quattro Tempora di settembre, fa riferimento alle parole di Cristo sul digiuno che vengono lette il mercoledì. [3] “In ogni lotta del cristiano, la temperanza è di grandissimo valore e utilità, a tal punto che gli spiriti demoniaci più selvaggi, quelli che non vengono messi in fuga dai corpi dei posseduti dai comandi di nessun esorcista, vengono scacciati solo con la forza dei digiuni e delle preghiere, come dice il Signore: “Questa specie di demòni non si scaccia se non col digiuno e la preghiera”. La preghiera di chi digiuna, quindi, è gradita a Dio e terribile per il diavolo…” (Sermone 87; ibid. 439b).

La colletta della 17ª domenica dopo Pentecoste è uno dei casi più evidenti di una preghiera ritenuta dai riformatori postconciliari inadatta alle orecchie dell’uomo moderno tanto feticizzato, che non deve mai essere confrontato con idee “negative” mentre prega. Nonostante la sua antichità e l’universalità del suo posto all’interno del Rito Romano, è stata rimossa del tutto dal Messale, insieme alle Quattro Tempora, alla maggior parte dei riferimenti al digiuno e a tutti i riferimenti al diavolo. In modo simile, quando la pseudo-anafora dello pseudo-Ippolito è stata adattata come Seconda Preghiera Eucaristica, la versione originale della sezione parallela al Qui pridie, “Il Quale, quando fu consegnato alla sofferenza volontaria, per dissolvere la morte, e spezzare le catene del diavolo, e calpestare l’inferno, e portare i giusti alla luce, e stabilire il limite, e manifestare la risurrezione”, è stata ridotta a “Al momento in cui fu tradito ed entrò volontariamente nella Sua Passione…”.

Tuttavia, come ha osservato una volta Padre Zuhlsdorf, l’edizione rivista del Messale del 2002 contiene alcuni accenni di consapevolezza del fatto che la riforma post-conciliare ha sconsideratamente scartato fin troppo del tradizionale Rito Romano. Tra le cose ripristinate c’è la tradizionale preghiera della XVII domenica dopo Pentecoste, che ora compare come colletta facoltativa nelle Messe “per qualsiasi necessità”, portando a uno il numero totale dei riferimenti al diavolo nel Messale.

L’Istruzione Generale del Messale Romano contiene un’esortazione (e nulla più) a che i Giorni delle Rogazioni e le Quattro Tempora “siano indicati” (“indicentur”, non “indicandae sunt — devono essere indicati”) sui calendari locali, e una rubrica (I.45) secondo cui è dovere (“oportet”) delle conferenze episcopali stabilire sia il tempo che il modo della loro celebrazione. Non sorprende che questa rubrica sia stata per lo più ignorata. Tuttavia, è diventato impossibile per ogni cattolico che ami la Chiesa ignorare le orribili conseguenze dell’abbandono quasi totale di ogni tipo di disciplina ascetica formale, guidata liturgicamente, e il libero sfogo che questo sembra aver dato al diavolo. Un ripristino permanente e universale della tradizionale disciplina del digiuno, comprese le Quattro Tempora, sarebbe un piccolo ma importante passo verso la fine di quel libero sfogo.




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[1] In molti libri liturgici medievali, sono collocati dopo l’ultima Messa della stagione dopo la Pentecoste, come ad esempio nel Messale di Sarum.
[2] I manoscritti più antichi riportano “dominum” invece di “Deum”; il cambiamento sarebbe stato fatto poiché “Domine” è già detto all’inizio. Molti manoscritti riportano “puro corde — con un cuore puro” invece di “pura mente”.
[3] È allettante pensare che ciò sia una prova del fatto che la tradizione del lezionario romano, attestata per la prima volta nel lezionario di Würzburg intorno al 700 d.C., fosse già stata stabilita 250 anni prima al tempo di papa Leone. Ciò è del tutto possibile, naturalmente, ma è altrettanto possibile che l’ignoto compilatore del lezionario sia stato ispirato a scegliere questo Vangelo dalla lettura del sermone di papa Leone.




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