giovedì 25 gennaio 2024

Gli agricoltori europei contro il socialismo verde dell’Unione








Di Stefano Fontana, 25 GEN 2024

Le grandi manifestazioni degli agricoltori che si stanno verificando in numerose nazioni europee dimostrano che l’agenda Green dell’Unione è priva di ragionevoli fondamenti, produce povertà immotivata e danneggia la posizione internazionale dell’Europa. C’è da sperare che alle prossime elezioni previste per giugno 2024 questa linea venga sconfessata, la qual cosa sarebbe utile non solo per rivedere le assurde e impossibili politiche ambientali e climatiste della Commissione ma anche per ridimensionare l’Unione stessa.

Tra le recenti assurdità ecologiste della Commissione, a parte gli interventi su automobili e casa, ricordiamo la direttiva che dovrebbe entrare prossimamente in vigore, che sanziona le imprese se i loro clienti e fornitori non rispettano l’ambiente, naturalmente secondo i criteri convenzionali dettati dalla Commissione stessa. A questo proposito è utile ricordare che la cosiddetta classe A non offre le garanzie verdi che le vengono attribuite. Ricordiamo anche l’aumento dei tassi per i mutui-casa nel caso che l’abitazione acquistata non abbia tutte le caratteristiche ecologiche stabilite. Anche questa disposizione, ovviamente, penalizza i redditi bassi.

Il Rapporto 12 del nostro Osservatorio sul tema “Ambientalismo e globalismo: nuove ideologie politiche” [vedi QUI] aveva già ampiamente affrontato queste problematiche dell’impazzimento ecologista dell’Unione Europea, soprattutto nello studio di Domenico Airoma e Antonio Casciano “Green Deal europeo: poca scienza, molta ideologia, troppo dirigismo normativo” (pp. 97-112). Quello studio contestava il progetto UE di ridurre del 50 per cento l’emissione di gas serra entro il 2030 e conseguire la “neutralità climatica” entro il 2050. Gli Autori riscontravano che i provvedimenti adottati in sede UE in materia ambientale, molti dei quali con effetti sanzionatori, dimostravano come l’ideologia ambientalista fosse diventata fondante e primaria per le politiche europee. Aggiungevano “la strutturale evanescenza e la assai dubbia scientificità dei presupposti di fatto utilizzati dal legislatore comunitario per conformare e indirizzare le scelte dei Paesi membri e i comportamenti di tutti coloro che risiedono entro i confini di quella che assume sempre di più il volto della nuova Unione Socialista degli Stati Europei”. 

Su queste basi ideologiche più che scientifiche e realistiche, l’Unione ha collaborato all’Agenda dell’ONU per il 2030 sullo sviluppo sostenibile, ha imposto ai Paesi candidati ad accedere all’Unione condizioni ambientaliste molto dure e la Corte Europea di giustizia ha fornito ai giudici nazionali i criteri interpretativi in materia. Un aspetto importante dell’azione dell’Unione in campo ambientale è di avere eroso la sovranità degli Stati, imponendo loro l’obbligo di sanzionare iniziative di danno per l’ambiente e obbligandoli a introdurre progressivamente fattispecie di rilevanza penale, in aperta difformità con il principio di sussidiarietà, pure previsto dai Trattati. L’Unione Europea porta avanti un dirigismo politico che, ispirato all’ideologia ecologista, comporta uno svuotamento dell’autorità degli Stati.

Nel 2020 era uscito in Olanda il libro di Hugo Bos dal titolo “Green is the New Red” che documentava la “follia verde” delle politiche di quel Paese e, soprattutto, le loro conseguenze di impoverimento dell’economia, tutto questo in linea ed in ottemperanza con le disposizioni giunte da Bruxelles. Anche questo saggio si può trovare nel Rapporto 12 del nostro Osservatorio. L’Olanda dovrebbe diminuire l’allevamento dei bovini, ridurre la produzione agricola per diminuire le emissioni di azoto, far pagare una tassa per compensare l’emissione di CO2 quando si usa l’aereo, ridimensionare l’industria delle costruzioni, accettare un notevole aumento del prezzo delle abitazioni a seguito della applicazione delle normative verdi, non adoperare più il gas naturale nel riscaldamento delle abitazioni, rispettare limiti di velocità molto ridotti nelle città. Tutto questo comporta conseguenze negative nei confronti del principio del diritto alla proprietà privata e nel rispetto dello Stato di diritto. Per comprendere le dimostrazioni degli agricoltori da cui siamo partiti bisogna tenere conto di questo complesso quadro.

Questo ambientalismo spiega la deindustrializzazione in corso nei Paesi sviluppati, l’abbandono dei combustibili fossili (ammesso che sia possibile), l’aumento del costo dell’energia, l’impoverimento di famiglie e giovani. Il panorama va inquadrato anche in un contesto più ampio, come ha fatto il prof. Gianfranco Battisti con un intervento molto documentato nel nostro sito dal titolo “Si dice clima ma si intende energia” [leggilo QUI]. Egli sostiene che la transizione ecologica programmata è insostenibile, che i soldi per finanziarla (150.000 miliardi di dollari in 10 anni secondo la Cop28 di Dubai), che ai combustibili fossili non si può rinunciare e che, quando tutto questo diventerà evidente e la situazione politica internazionale dovesse mutare, anche a seguito delle elezioni europee, l’Europa pagherà il conto di aver indebolito la propria industria e di avere impoverito le famiglie sull’altare di una inventata emergenza climatica ed ecologica. A quel punto i Paesi dell’Unione Europea potranno essere fuori gioco.

Stefano Fontana







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