domenica 1 ottobre 2023

Occorre un cambio di regime o un cambio di cuori?







di John Horvat

Ciò che rende controverso il nuovo libro di Patrick Deneen, Regime Change: Toward a Postliberal Future è che si tratta di un libro "post". Il suo drammatico appello al cambio di regime si basa sulla promessa "post-liberale" di fornire un nuovo stato di cose radicalmente diverso, pur rimanendo all'interno dell'attuale ordine politico.

Non sembra un compito facile. Alcuni conservatori vedono la proposta dell'autore come un percorso verso un futuro incerto (o addirittura “integralista”). La maggior parte dei liberali pensa che il suo piano "post" sia un pretesto per tornare al passato. Data l'attuale polarizzazione, tutti gli altri si chiedono se sia possibile persino pensarci.

Descrivere bene i problemi


Il prof. Deneen ha sempre descritto bene i problemi che affliggono la società americana. Il suo ultimo libro, Perché il liberalismo è fallito, ha dimostrato come l'attuale ordine liberale si sia esaurito non perché non abbia raggiunto certi scopi, ma perché "è stato fedele a sé stesso". Cioè, man mano che il liberalismo progredisce è vittima del successo delle sue contraddizioni interne. Crea le condizioni del suo fallimento, per cui non esiste una "soluzione".

Nel suo nuovo lavoro continua questa sua analisi, sottolineando come le élites nazionali si siano scollegate dalla stragrande maggioranza di una cittadinanza decadente. Un ordine globale ha sostituito le associazioni locali ed è andato perso il senso del luogo e della comunità. L'ortodossia woke ha preso il controllo di molte istituzioni e, di conseguenza, esse tendono a disintegrarsi. La società si è polarizzata, dividendosi in pseudo-élite liberali e populisti della classe operaia che provano risentimento. Così, il terreno è pronto per qualcosa di drammatico come un cambio di regime (“regime change”).

Il conflitto tra demos ed élite


L'autore insiste nell'inquadrare il dibattito intorno alla divisione fra queste due classi. Ritiene che un futuro armonioso post-liberale sia assicurato se si potrà in qualche modo colmare questo grande scollamento, mantenendo la sua promessa di essere "post".

Il prof. Deneen cita la classificazione di Aristotele di un conflitto secolare tra "demos" (popolo) ed élite, che egli chiama anche i molti e i pochi. Egli presenta la divisione odierna come un frutto del liberalismo. Per lui, il problema non sono le élites, ma la necessità di averne di buone, affermazione certamente vera. Anche il popolo che soffre per la decadenza deve tornare alla virtù.

Il suo cambio di regime cerca di porre rimedio al problema mescolando, fondendo e integrando i due partiti. Egli immagina quello che chiama "aristopopulismo", che riorganizza la società consentendo a ciascun partito di beneficiare delle qualità dell'altro. Proporre una tale unità è cosa buona. Tuttavia, il programma concreto assume una dimensione quasi meccanica quando prevede di aumentare l'esposizione sociale tra élite e demos, come se la vicinanza fisica tra i due fosse sufficiente a creare un'armonia significativa.

Egli ritiene che si debba facilitare, favorire e promuovere l'incontro pubblico delle due fazioni. Il demos deve fare pressione sulle élites affinché cerchino il bene comune e non il proprio interesse personale. Propone misure miste come l'ampliamento della Camera dei Rappresentanti (fino a 6.000 membri!), la localizzazione dei principali ministeri federali al di fuori del raccordo anulare (di Washington) o l'istituzione di una forma di servizio pubblico universale per i giovani di entrambi i settori.

I limiti di questo prisma visuale


Così, si presume che il conflitto di classe sia la narrazione univoca della storia. Sebbene le tensioni tra i due gruppi siano sempre esistite, questa prospettiva non può essere l'unico prisma per interpretare gli eventi. Tali classificazioni si prestano alle pericolose semplificazioni che prevedono che tutte le élites e tutti i demos agiscano necessariamente come antagonisti di classe.

Anche altri fattori universali e culturali influenzano la storia in modo cruciale. Ad esempio, la rivoluzione sessuale degli anni Sessanta va vista come un fenomeno culturale che distrugge la moralità e che colpisce, spesso allo stesso modo, tutte le classi. La religione, la morale e i sentimenti familiari sono elementi unificanti che possono produrre grandi cambiamenti al di fuori della dialettica élite/demo. Questi quadri danno profondità e sfumature alla comprensione della storia al di là della mera divisione di classe.

Tracce di pre-liberalismo

L'enfasi sul rimescolamento sociale elimina anche un approccio più filosofico su come dovrebbe essere organizzata la società. Alla maniera del liberalismo, l'autore non si rivolge a principi universali. Non c'è alcun riferimento alla teoria della legge naturale. Anche se cattolico, lo scrittore evita accuratamente di rifarsi a modelli provenienti dalla cristianità medievale.

Critica giustamente i sistemi liberali proposti da John Locke, John Stuart Mill e Karl Marx. Tuttavia, abbracciando il conservatorismo di Edmund Burke e l'attaccamento alla tradizione, alla saggezza accumulata e alla consuetudine (di per sé tutte cose buone) non sembra avere una solida base filosofica. La sua soluzione è quindi "una riscoperta delle prime forme moderne di conservatorismo". Così, non è post-liberale, come promette il titolo, ma pre-liberale.

Un conservatorismo del bene comune


Il tema centrale di questo cambio di regime pre-liberale burkiano è un conservatorismo del bene comune che dovrebbe fornire l'energia e l'entusiasmo necessari per trasformare la società. L'autore ritiene che l'attuale divisione privi il demos della "stabilità, dell'ordine, della continuità e del senso di gratitudine per il passato e degli obblighi verso il futuro" che istintivamente cerca.

Mettendo insieme élite e demos, la proposta del prof. Deneen presuppone, forse ingenuamente, che la società egoista di oggi sarà talmente galvanizzata dalle nuove possibilità di servire il bene comune che altre élite si faranno avanti e riorienteranno la società verso la libertà ordinata, lo stato di diritto e le strutture sociali tradizionali.

Data la profondità della decadenza odierna, questo grande raduno intorno al bene comune sembra una grande illusione. Un bene comune astratto difficilmente basterebbe a trascinare le anime postmoderne corrose dall'autogratificazione e dal nichilismo strisciante.

L'unica cosa abbastanza grande per superare questi formidabili ostacoli è l'aiuto soprannaturale, che il prof. Deneen tiene fuori dal suo quadro. In effetti, fu con l’aiuto della grazia che la civiltà cristiana fornì l'energia vitale necessaria per portare interi popoli alla virtù attraverso l'amore per un Dio personale.

Un contesto post-cristiano


In questo senso, il libro "post" diventa curiosamente post-cristiano. Ciò non significa che l'autore non apprezzi la religione o che la escluda dalla sua proposta, anzi. Significa, tuttavia, che il potere trasformativo del cristianesimo non è più messo in conto, neppure invocato. La discussione rimane all'interno della cornice della modernità che nega il ruolo chiave della religione nella vita pubblica e risente ancora del contesto di frantumazione delle convinzioni religiose della postmodernità. La restaurazione della cristianità è così lontana dal campo delle possibilità che non viene menzionata.

Gli attori politici di destra e di sinistra riconoscono il cristianesimo come una realtà sociale, non religiosa. Per tanti, il ruolo della religione in una restaurazione si limita a un fattore culturale di ordine, a un parapetto morale o a un distintivo sociale. In queste condizioni, le persone religiose non devono necessariamente praticare ciò che predicano. Quindi, nonostante le menzioni d'onore, la rinascita cristiana non è la parte più importante del programma del cambiamento di regime.

La più grande unione


Un intenso amore del prossimo per amore di Dio è l'ingrediente mancante per la trasformazione della società postmoderna. Non basta avvicinare le persone le une alle altre. La pratica della carità cristiana è un potente fattore unificante che supera facilmente la dialettica élites/demos e può revitalizzare un conservatorismo del bene comune.

Il santo tardomedievale Antonino di Firenze (Antonino Pierozzi, 1389-1459, teologo e arcivescovo di Firenze) riconobbe l'importanza della carità cristiana nella vita pubblica e nell'economia. Egli insegnava che la carità regolava gli affetti e la volontà dell'uomo e "lega gli uomini in una fratellanza che produce una vera e perfetta unità. L'ingresso della carità nell'ordine sociale rende possibile il sacrificio di sé a favore del bene comune. La carità ci aiuta ad amare il prossimo come noi stessi. Ci ricorda la nostra origine comune, la nostra redenzione per mezzo di Cristo, la nostra santificazione per mezzo dello Spirito Santo".

Se l'obiettivo è l'unità sociale, non c'è fattore unificante più grande. Il dinamismo di questa chiamata alla carità ha operato la conversione di interi popoli. Stabilì un ordine sociale con Cristo come centro, organizzato in accordo con la natura umana e la legge naturale.

Cambio di regime


Pertanto, molte proposte vedono i cambiamenti solo come il prodotto del sistema, delle azioni di governo e dei regimi. Tuttavia, le soluzioni non arriveranno solo cambiando le strutture, per quanto vitali possano essere. In effetti, il "cambio di regime" evoca immagini di virtù forzate, azioni autoritarie e programmi rigidi per affrontare problemi gravi che non possono essere risolti in altro modo.

Non è necessario un cambio di regime, ma un cambio di cuore. È ciò che i greci chiamavano metanoia, che indica un cambiamento trasformativo del cuore, una conversione spirituale, un riorientamento o una nuova visione del mondo. Dal punto di vista cattolico, indica quei grandi movimenti della storia che danno origine a nuovi e ampi modi di amare Dio e il prossimo e che richiamano i santi e rinnovano la faccia della terra.

La via d'uscita dalla crisi può essere trovata piuttosto con una metanoia che con un cambio di regime. Una tale trasformazione sarebbe una gradita proposta "post" per un mondo liberale esausto e sempre più svuotato di senso e di scopo.



Fonte: The Immaginative Conservative, 24 Settembre 2023. Traduzione a cura di Tradizione Famiglia Proprietà – Italia.







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