sabato 3 luglio 2021

Muore un poveruomo ma la notizia è che ora i suoi polli «sono al sicuro»




È morto solo come un cane ma lo scandalo è che nessuno si fosse accorto delle sue cinquanta bestiole, «invisibile anche la capra tibetana con la dermatite». L’Enpa di Monza: «Nessuna denuncia, ma ha amato gli animali in modo sbagliato»






Caterina Giojelli, 3 luglio 2021 Società

Ci siamo imbattuti nella notizia così, “la drammatica scoperta dei volontari dell’Enpa, “la scoperta choc”. E la notizia non è che è morto un uomo solo come un cane. Bensì che l’uomo «viveva sommerso dai rifiuti e con oltre cinquanta animali, ma nessuno se ne era accorto». Animali «detenuti in condizione non idonee», «nessuna segnalazione ai servizi sociali», «invisibile persino quella capra tibetana affetta da dermatite».

Accade a Monza, quartiere San Rocco. Dove nessuno si era mai accorto del signor Mariano (nome di fantasia). Soprattutto, cosa curiosamente più imperdonabile per i giornali locali (dal Cittadino di Monza e Brianza al Giorno, a Monza Today), nessuno si era mai accorto che fosse affetto da “animal hoarding” cioè accumulo compulsivo di animali.


L’arca del signor Mariano


Accade dunque che il Mariano, trovandosi ricoverato a maggio in ospedale, chieda a un “conoscente” di badare alle sue bestiole e che questi, varcate le soglie del giardinetto, si sia ritrovato innanzi a «uno zoo domestico», «un’arca di Noè», «un impressionante un impressionante numero di animali da cortile, alcuni ben nutriti, altri tenuti in pessime condizioni». Tutti a razzolare in una sorta di giungla di piante, carcasse di bestie morte, rifiuti, rottami, cocci e oggettaglia, il balcone della casa inondato di vestiti, il portone sommerso da sacchi della spazzatura.


La capra con la dermatite

Riavutosi dallo sgomento il “conoscente”, che presumibilmente non conosceva affatto il povero signor Mariano, ha quindi contatto l’Enpa. Le cronache lasciano dunque spazio alle operazioni di salvataggio delle forze del bene per trasferire gli animali in un rifugio, «il primo pensiero era mettere in sicurezza tutti quegli animali», «più viaggi con diverse squadre», «i volontari si sono dovuti organizzare su più turni: erano troppi gli animali da trasferire». Da qui il censimento: il cortiletto ospitava 35 tra galli e galline di varie razze («una coppia era detenuta in una gabbietta per uccellini»); 6 oche tra cignoidi e romagnole; 11 anatre tra anatre mute e mandarine, una capra tibetana di circa 7-8 anni «affetta da dermatite». Ma la storia ha un lieto fine: ora gli animali «vivono in condizioni di sicurezza nel grande rifugio dell’Enpa». E il signor Mariano?


Muore ma non sapeva amare

Il signor Mariano, leggiamo en passant mentre veniamo rassicurati sulle condizioni della coppia di galline in gabbia e della capra con la dermatite, è morto in ospedale. Le sue condizioni sono apparse subito molto serie così «abbiamo deciso di non denunciarlo», proclama greve Giorgio Riva, presidente Enpa di Monza, «Resta l’amaro in bocca per una situazione degenerata nell’indifferenza generale quando Mariano, invece, avrebbe avuto bisogno di qualcuno che intervenisse per tempo, per lui e per i suoi animali. Mariano sicuramente ha amato i suoi animali, ma li ha amati in un modo sbagliato».


L’ultima parola sui polli

Gli animali. L’Enpa fa il suo dovere, ma i giornali? Qualcosa era andato in pezzi nella vita di Mariano, che si era isolato in una discarica, ma l’ultima parola su un uomo di cui nessuno si è accorto è sul suo modo sbagliato di amare i suoi polli. E questo dovrebbe dirci qualcosa sul nostro modo di amare l’uomo e raccontarne la solitudine.

Ricordava il grande psichiatra Eugenio Borgna, intervistato da Tempi su queste nostre case e palazzi abitati da “io” orfani e mutilati di relazioni, così indifferenti al dirimpettaio da non accorgersi quando muore:

«Non siamo monadi, siamo fatti per l’incontro. Ma il fiume gelido dell’indifferenza scorre tra i pianerottoli delle nostre case. Viviamo incuranti degli infiniti destini che vanno compiendosi a pochi metri da noi. Non ci curiamo della solidarietà se non per legge o decreto, non trascendiamo mai il guscio delle nostre esigenze, attese e compiti chiedendoci chi è l’altro, non ci interessa chiederci perché da una porta non esca più nessuno».


Le oche e la stella cometa spenta

Questo accadeva prima che la paura di un virus e dell’altro ci inumasse tra quattro mura e in compagnia del nostro ego con una presentabilissima giustificazione. Prima che scoprissimo non che Mariano stava male ed è morto ma che tutti i polli stanno bene e sono vivi.


I fotografi hanno immortalato le oche, le galline e la capra pulita e spensierata a zonzo tra prati e stalle nel rifugio di Monza, comparando le immagini a quelle della folle abitazione di San Rocco, dove l’immondizia cavalca le scale per un piano e spuntano familiari solo cappotti, manici di ombrello, ruote di bicicletta, una enorme sagoma di tigre, valige, su tra rampicanti e oggettaglia fino a una porticuccia bianca dove brilla una piccola stella cometa spenta. Dietro ai vetri rotti e riparati dal nastro adesivo non vive più nessuno.

Foto di avlxyz, licenza CC BY-SA 2.0









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