giovedì 3 maggio 2018

I seminaristi parigini alla scoperta della Messa tradizionale





Nella traduzione di Chiesa e postconcilio da Renaissance catholique. Ѐ evidente che i seminaristi parigini - come diversi altri giovani sacerdoti in tutto il mondo - stanno riscoprendo il Rito Antico e, nonostante nell'occasione sotto riportata sia stato loro fornito un ibrido, speriamo non manchino di approfondire la vera Messa della tradizione e, con essa, la sana teologia che vi è custodita vissuta e trasmessa.
Lumen ad revelationem gentium! "La luce che illumina le genti" è Cristo, nostro Signore, che viene presentato, all'alba della sua vita terrena, ai dignitari del Tempio di Gerusalemme. Non è anche grazie a questa antica liturgia, disprezzata negli ultimi decenni, che Dio continua a dimorare in mezzo a noi e a rigenerare le anime attraverso i secoli? È, in ogni caso, questa chiarezza dei riti più sacri che recentemente ha potuto risplendere sui seminaristi parigini in occasione della festa della Presentazione, il 2 febbraio. Quel giorno tutti i candidati al sacerdozio della capitale hanno partecipato alla messa celebrata in modo tradizionale dal padre Abate del Barroux nella chiesa di Saint-Louis-en-l'Ile.


La scelta deliberata dei seminaristi


Ogni anno, i responsabili del Seminario maggiore di Parigi hanno l'abitudine di proporre ai loro alunni di studiare un modulo di insegnamento di loro scelta. Forse questa prassi ha le sue radici in metodi educativi datati, imbevuti di slogan partecipativi e democratici. In un momento in cui la base trae conclusioni dure sulla futilità di esperimenti fuorvianti degli anziani, questa pratica può solo aprirsi a temi classici, troncando le incoerenze del passato.

Inoltre, nel 2018, gli ottanta seminaristi dell'arcidiocesi hanno deciso, a maggioranza assoluta di voti, di studiare la liturgia tradizionale e il Motu Proprio Summorum Pontificum. Questa scelta ha suscitato inevitabilmente l'ansia di molti vescovi che hanno valutato la questione in occasione dell'ultima conferenza episcopale. Il mondo tradizionale non è stato messo in quarantena negli anni '70? La Chiesa di Francia doveva davvero tornare su ciò che pensava di aver precedentemente vietato con il consenso di Paolo VI? Certo, Benedetto XVI ha apparentemente attenuato i divieti acconsentendo l'istituzione di alcune riserve. Ma, di fronte alla pressione delle aspirazioni, il movimento aveva scartato le idee già pronte sulla sua strada. Sempre più vocazioni si sono rivolte agli istituti tradizionali e ad un gran numero di nuove leve, non contente delle restrizioni dell'episcopato, era migrato nella comunità di Saint-Martin, uno degli ultimi vivai cui attingono le diocesi a fronte di una seria mancanza di sacerdoti. Con questo stratagemma, sono finalmente i seminaristi che impongono la loro formazione ai poveri vescovi e non il contrario. Non è infine il coronamento delle disposizioni post-conciliari orientate a restituire la parola al popolo di Dio?

Ma questa volta, non è più una questione di zona d'influenza tridentina o di appartenenti alla casa di formazione di Évron, ma di seminaristi diocesani, questa sana pars che i vescovi pensavano di poter preservare dalla cosiddetta ispirazione fondamentalista. Mentre per anni i responsabili della formazione sacerdotale avevano chiaramente dissuaso il futuro clero dall'approfondire il messale tradizionale, è la nuova generazione, quella di La Manif Pour Tous, che frantuma il torpore dei vecchi, quelli del post-68.
Le chiese parigine risuonano della liturgia tridentina


L'appuntamento dunque era nella chiesa di Saint-Eugène-Sainte-Cécile per una giornata informativa con due insegnanti incaricati delle anime della suddetta parrocchia, don Marc Guelfucci ed Eric Iborra e alcuni fedeli rappresentativi. Sono stati celebrati degnamente i solenni vespri di Sant'Ignazio di Antiochia con tre cappelle. Mezzo secolo dopo averli abbandonati frettolosamente, i seminaristi hanno gustato ancora una volta, ben compaginati, la magnificenza dei riti riscoperti con rispetto e pietà. Ciò che, in base alle interdizioni, sembrava dover essere limitato a poche menti curiose in cerca di archeologismi, appariva destinato a diventare formazione comune che nessun futuro sacerdote del nostro tempo avrebbe potuto ignorare. In un istante parrocchie destinate a diventare luoghi di decontaminazione e in seguito riserve folcloristiche, sono divenute laboratori modello per una nuova evangelizzazione.


Il giorno successivo, per la festa della Purificazione di Nostra Signora e la Presentazione al Tempio, tutti i seminaristi dell'arcidiocesi sono stati invitati presso la chiesa di Saint-Louis-en-l'Ile per una messa cantata, celebrata dal Padre Abate di Barroux, Dom Louis-Marie de Geyer di Orth. Sarebbe difficile non ricordare in questo momento il suo predecessore, Dom Gerard Calvet, che celebrava sotto la volta della vicina Saint-Nicolas-du-Chardonnet, la cui nascita e architettura sono così simili, e che, dopo aver servito come tempio al fervore di generazioni di futuri sacerdoti, ha conservato negli anni '70 il monopolio di questa stessa liturgia, proscritta e raccolta nei cunicoli di una Chiesa in balia delle innovazioni più incongrue.


Se gli ottanta Leviti avevano originariamente voluto studiare il Motu Proprio Summorum Pontificum, sarebbe stato logico che quel giorno si celebrasse col messale 1962. Alla fine è stato scelto quello del 1965, indubbiamente secondo l'usanza del Barroux, sul piccolo altare installato a favore delle riforme e a scapito dello splendido altare maggiore. Diverse altre anomalie hanno costellato la celebrazione di questa messa. Alla fine era sorprendente che, in occasione di un giorno che segnava il ricongiungimento di un clero con la sua liturgia tradizionale, il predicatore abbia scelto come unici riferimenti, nel bel mezzo dell'omelia, la sua giovinezza, Lumen Gentium e Giovanni Paolo II, come per liberarsi di troppo tradizionalismo, dal momento che tanti modelli si imponevano sul tema che riuniva questo areopago ecclesiastico.
Un giovane clero temprato con la tradizione liturgica


Alla fine, queste note devono aver piuttosto fatto sorridere i seminaristi che conoscono le differenze interne nella Chiesa di Francia. L'influenza del mondo tradizionale, l'impatto del pellegrinaggio di Chartres e la distribuzione del messale tridentino negli ultimi dieci anni spiegano il fatto che questi ultimi abbiano trovato piuttosto che riscoperto la liturgia e forniscono le ragioni della scelta che hanno fatto quest'anno. Anche se gli innovatori non hanno risparmiato tentativi di conservare e guidare generazioni il cui progressismo attuava la rottura dottrinale, le nuove leve del clero parigino sembrano finalmente più vicine agli scout europei o a Saint-Jean-de-Passy che alla gioventù operaia cristiana o a Saint-Merry ...


In realtà, è la manifesta pietà, devozione e buona volontà dei seminaristi che spiccava durante queste cerimonie. I giorni in cui i loro predecessori aspiravano a innovare, a ricorrere a strumenti musicali non conformi, a fare della liturgia ciò che il cardinale Ratzinger chiamava uno "spettacolo", sembrava un po' superato. Il servizio all'altare fornito dai candidati al sacerdozio era perfetto, erano coperti da bellissime albe bianche unite con amitto e cingoli. Un piccolo coro ha cantato perfettamente uno dei pezzi del proprio della comunione. La Messa degli Angeli è risuonata sotto le volte con un bellissimo complesso vocale, accompagnato da un bravo organista. E se la partecipazione era attiva dipendeva del fatto che i partecipanti avevano chiaramente familiarità col rito o, almeno, lo avevano studiato bene. Sapevano quando stare in piedi o inginocchiarsi. Essi, per esempio, si sono genuflessi all'unisono, non solo all'Et incarnatus est [del Credo] ma anche all'Et Verbum caro factum est dell'ultimo Vangelo. Questo non s'improvvisa.


Queste due giornate sono senza dubbio sintomatiche dello stato della Chiesa di Francia. Mentre dappertutto le chiese si chiudono e molti sacerdoti formati prima del Consiglio scompaiono, i loro giovani successori, anche se il loro numero è basso, appaiono sempre più affrancati dallo spirito di innovazione che voleva fare piazza pulita della tradizione. Senza dubbio, in molti luoghi, la formazione dottrinale di questi giovani leviti rimane segnata dalle idee che hanno dominato durante questo mezzo secolo. Il tempo propizio sarà lungo per ravvivare una Chiesa centrata sull'ideale missionario, dalle ceneri di un'utopia ossessionata dalle idee di dialogo e di compromessi. Ma l'esempio presente mostra anche la velocità del cambiamento. Chi, venti o anche dici anni fa, avrebbe potuto immaginare che i seminaristi parigini potessero assistere in maniera ufficiale alla messa tradizionale per meglio studiarla ?Come de Prévigny
[Traduzione a cura di Chiesa e post concilio]











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