Prima di addentrarci nel discorso sulla musica sacra e i suoi libri liturgici, ricorderemo alcuni pronunciamenti del Magistero cattolico sul ministero liturgico del musicista. Nel 1903 il Papa San Pio X di venerata memoria ebbe a scrivere: “La musica sacra, come parte integrante della solenne liturgia, ne partecipa il fine generale, che è la gloria di Dio e la santificazione e edificazione dei fedeli” e proseguiva “…i cantori hanno in chiesa vero officio liturgico”. Per quanto riguarda i musicisti di Chiesa, prescrisse: “…non si ammettano a far parte della cappella di chiesa se non uomini di conosciuta pietà e probità di vita, i quali, col loro modesto e devoto contegno durante le funzioni liturgiche, si mostrino degni del santo officio che esercitano. Sarà pure conveniente che i cantori, mentre cantano in chiesa, vestano l’abito ecclesiastico e la cotta…” . Il venerabile Pio XII, riallacciandosi al magistero di San Pio X, ...
... scrisse: “Infatti, quanti o compongono musica, secondo il proprio talento artistico, o la dirigono, o la eseguono sia vocalmente sia per mezzo di strumenti musicali, tutti costoro senza dubbio esercitano un vero e proprio apostolato, anche se in modo vario e diverso, e riceveranno perciò in abbondanza da Cristo Signore le ricompense e gli onori riservati agli apostoli, nella misura con cui ognuno avrà fedelmente adempiuto il suo ufficio.
Essi perciò stimino grandemente questa loro mansione, in virtù della quale non sono solamente artisti e maestri di arte, ma anche ministri di Cristo Signore e collaboratori nell'apostolato, e si sforzino di manifestare anche con la condotta della vita la dignità di questo loro ufficio”. Nel 1958 la Sacra Congregazione dei Riti pubblicò un’Istruzione sulla musica sacra e la Santa Liturgia, firmata dal Card. Cicognani, dove si legge che “i laici di sesso maschile - bambini, ragazzi o adulti che siano – allorquando siano deputati dalla competente autorità ecclesiastica al servizio dell’altare e all’esecuzione della musica sacra, svolgendo le loro funzioni in guisa conforme alle rubriche, esercitano un servizio ministeriale diretto ma delegato” (traduzione nostra).
Il Concilio Vaticano II ribadisce con forza che “tutti gli artisti, poi, che guidati dal loro talento intendono glorificare Dio nella santa Chiesa, ricordino sempre che la loro attività è in certo modo una sacra imitazione di Dio creatore e che le loro opere sono destinate al culto cattolico, alla edificazione, alla pietà e alla formazione religiosa dei fedeli” . Dal Motu Proprio de musica sacra del Sommo Pontefice San Pio X "Tra le sollecitudini" (22 novembre 1903): ...[il] canto gregoriano è per conseguenza il canto proprio della Chiesa Romana, il solo canto ch’essa ha ereditato dagli antichi padri, che ha custodito gelosamente lungo i secoli nei suoi codici liturgici, che come suo direttamente propone ai fedeli, che in alcune parti della liturgia esclusivamente prescrive e che gli studi più recenti hanno sì felicemente restituito alla sua integrità e purezza.
Per tali motivi il canto gregoriano fu sempre considerato come il supremo modello della musica sacra, potendosi stabilire con ogni ragione la seguente legge generale: tanto una composizione per chiesa è più sacra e liturgica, quanto più nell’andamento, nella ispirazione e nel sapore si accosta alla melodia gregoriana, e tanto è meno degna del tempio, quanto più da quel supremo modello si riconosce difforme.
L’antico canto gregoriano tradizionale dovrà dunque restituirsi largamente nelle funzioni del culto, tenendosi da tutti per fermo, che una funzione ecclesiastica nulla perde della sua solennità, quando pure non venga accompagnata da altra musica che da questo soltanto. In particolare si procuri di restituire il canto gregoriano nell’uso del popolo, affinché i fedeli prendano di nuovo parte più attiva all’ officiatura ecclesiastica, come anticamente solevasi. Le anzidette qualità sono pure possedute in ottimo grado dalla classica polifonia, specialmente della Scuola Romana, la quale nel secolo XVI ottenne il massimo della sua perfezione per opera di Pier Luigi da Palestrina e continuò poi a produrre anche in seguito composizioni di eccellente bontà liturgica e musicale.
La classica polifonia assai bene si accosta al supremo modello di ogni musica sacra che è il canto gregoriano, e per questa ragione meritò di essere accolta insieme col canto gregoriano, nelle funzioni più solenni della Chiesa, quali sono quelle della Cappella Pontificia. Dovrà dunque anche essa restituirsi largamente nelle funzioni ecclesiastiche, specialmente nelle più insigni basiliche, nelle chiese cattedrali, in quelle dei seminari e degli altri istituti ecclesiastici, dove i mezzi necessari non sogliono fare difetto. La Costituzione conciliare “Sacrosanctum Concilium” sulla sacra liturgia (1963) prescrive: La Chiesa riconosce il canto gregoriano come canto proprio della liturgia romana; perciò nelle azioni liturgiche, a parità di condizioni, gli si riservi il posto principale. Gli altri generi di musica sacra, e specialmente la polifonia, non si escludono affatto dalla celebrazione dei divini uffici, purché rispondano allo spirito dell'azione liturgica, a norma dell'art. 30.
Libri di canto
Alla fine dell’Ottocento, circolavano delle ristampe del Graduale Mediceo (1614), fatto ristampare per iniziativa della Sacra Congregazione dei Riti (1868). San Pio X promulgò una nuova edizione del Graduale Romanum (1908) per il repertorio della Messa e l’Antiphonale Romanum (1912) per il repertorio dell’Ufficio Divino. Sino al Concilio Vaticano II, del Graduale Romanum restò in vigore l'editio typica promulgata sotto San Pio X, via via adattata alle riforme che si susseguivano nel corso degli anni. Non essendo semplice reperire un’edizione del Graduale Romanum aggiornata al 1962, i musicisti potranno invece procurarsi in una libreria antiquaria o su internet un Liber Usualis, celeberrima antologia di canti per la Messa e per l’Ufficio, secondo le rubriche ed i testi approvati dal Papa Giovanni XXIII il 25 luglio 1960, perfetto per la celebrazione cattolica tradizionale secondo l’indulto “Ecclesia Dei”.
Per quanto riguarda i riti della Settimana Santa, riformati da Papa Pio XII nel 1955 col decreto “Maxima redemptionis”, uno strumento indispensabile è l’Officium hebdomadae Sanctae, che contiene tutte le melodie dell'Ufficio e della Messa, dalla domenica delle palme (compreso il mattutino) sino a tutta l'ottava di Pasqua. Sebbene avessimo circoscritto la nostra analisi alla liturgia tradizionale, bisognerà ricordare che nel 1974 uscì, sotto Paolo VI, il nuovo Graduale Romanum, adattato alle riforme liturgiche postconciliari; accanto alla notazione quadrata (o “vaticana”) vi sono i neumi dei manoscritti di Laon e di San Gallo, in edizione interlineare – il cosidetto “Graduale Triplex”.
Uno studioso serio non può non conoscere questo volume. La semiologia gregoriana dovrà essere uno strumento utile per la restituzione, anche e soprattutto nella liturgia tradizionale, delle melodie gregoriane. Ci limitiamo a queste poche, ragionevoli indicazioni; il repertorio gregoriano consta di oltre 5000 brani e sarebbe impensabile recuperarli tutti.
Raimondo Mameli
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